Milei: "La privatizzazione è la soluzione a tutti i mali". Ma l'esperienza mondiale dice il contrario

28 Dicembre 2023 13:08 Fabrizio Verde

Il presidente argentino, Javier Milei, ha ribadito che privatizzerà tutte le aziende pubbliche del Paese, come ha dichiarato durante il programma televisivo "La Noche de Mirtha Legrand".

"Lo Stato non deve partecipare all'economia", ha affermato rilanciando il classico mantra neoliberista. "Questo tipo di comportamento viene utilizzato per generare distorsioni nel mercato. Ebbene, questo è sbagliato. È sbagliato. Questa è la casta", ha aggiunto.

Ha anche indicato che questo è il motivo per cui i detrattori della misura sono arrabbiati e ha fatto l'esempio dell'agenzia di stampa statale Télam, affermando che il governo può consegnare l'azienda ai cittadini affinché la gestiscano da soli e "vedere cosa fanno".

"Uno Stato che ha un'agenzia, che senso ha? Tutte le agenzie private hanno chiuso, tutte. DyN [Diarios y Noticias], NA [Noticias Argentinas], tutte. Non ci sono più agenzie. L'unica che esiste è quella statale. E a parte questo, viene usata come il canale televisivo pubblico che è stato utilizzato come meccanismo di propaganda", ha aggiunto l'altro ospite del programma, Patricia Bullrich, ministro della Sicurezza argentino.

A un certo punto, la conduttrice ha chiesto a Milei quanto guadagna e lui ha risposto di non saperlo. "I miei soldi sono gestiti da mia sorella Karina. Nella casa di un fabbro, un coltello di legno", ha risposto il presidente senza fornire ulteriori dettagli.

"Non solo stiamo dando agli argentini più libertà, non solo stiamo rendendo i mercati più competitivi, ma stiamo anche ponendo fine ai privilegi di poche persone che vivono a spese degli argentini. Poi, naturalmente, coloro i cui interessi sono colpiti si lamentano", ha aggiunto.

Secondo il fanatico neoliberista, l'unica via d'uscita dalla povertà è la crescita economica, che richiede l’applicazione selvaggia di un insieme di misure neoliberista. "In altre parole, la via d'uscita è la libertà", ha affermato, sottolineando che questa si basa sulla proprietà privata, sui mercati liberi dall'intervento dello Stato, sulla concorrenza, sulla divisione del lavoro e sulla cooperazione sociale.

Insomma, la classica ricetta applicata in diverse latitudini del pianeta e in epoche diverse, che però non ha mai portato i risultati promessi da tale ideologia economica. Anzi, l’applicazione del neoliberismo ha sempre provocato fallimenti economici ed esplosione di povertà e disuguaglianze.

Il fallimento delle privatizzazioni

Le privatizzazioni massicce delle aziende pubbliche sono davvero la panacea di tutti i mali come sostiene l’ideologizzato e fanatico neoliberista Javier Milei?

La privatizzazione delle aziende pubbliche è una questione assai controversa che ha scatenato dibattiti e discussioni in tutto il mondo. L’idea di trasferire la proprietà e il controllo dei beni pubblici al settore privato ha acquisito notevole slancio nell’ultimo trentennio dominato dall’ottusa ideologia neoliberista. Tuttavia, nonostante le promesse di una maggiore efficienza, di una migliore fornitura di servizi e di crescita economica, la privatizzazione si è rivelata un fallimento totale, con buona pace dei tipi alla Milei.

Innanzitutto, uno dei fallimenti più significativi della privatizzazione è l’erosione dell’interesse pubblico. Quando i beni pubblici vengono svenduti a soggetti privati, il profitto diventa la motivazione principale alla base del processo decisionale. Una situazione che porta a trascurare le esigenze delle masse popolari, poiché le aziende private cercano di massimizzare i propri profitti.

La privatizzazione spesso si traduce in una mancanza di responsabilità e trasparenza. Le aziende pubbliche, nella loro essenza, sono responsabili nei confronti dei cittadini e soggette al controllo e alla supervisione dei funzionari eletti. Tuttavia, quando queste entità vengono privatizzate, non saranno più obbligate a divulgare informazioni finanziarie e potranno operare con una trasparenza minima. Questa mancanza di responsabilità inevitabilmente finisce per portare maggiori livelli di corruzione e una cattiva gestione delle risorse pubbliche, poiché le aziende private non sono più tenute agli stessi standard delle istituzioni pubbliche.

Inoltre, il fallimento della privatizzazione può essere ravvisato nella mancanza di un accesso equo ai servizi essenziali. I modelli di privatizzazione hanno come unica priorità il profitto, il che comporta un aumento dei prezzi e a una ridotta accessibilità per le fasce di popolazione vulnerabili ed emarginate. L’accesso a servizi vitali come l’assistenza sanitaria, l’istruzione e i servizi pubblici non dovrebbe essere subordinato alla capacità di pagare. Tuttavia, la privatizzazione guarda unicamente al profitto rispetto al benessere e ai bisogni del pubblico, esacerbando le disuguaglianze esistenti e lasciando indietro i più vulnerabili. I quali finiscono per essere sacrificati sull’altare del profitto capitalistico.

Un ulteriore evidente fallimento della privatizzazione selvaggia risiede nella mancanza di pianificazione e investimenti a lungo termine. Le aziende private sono guidate da obiettivi di profitto a breve termine e spesso non sono disposte a investire in infrastrutture e innovazioni che avvantaggeranno il pubblico nel lungo periodo. Questa attenzione ristretta ai rendimenti immediati può ostacolare lo sviluppo di settori critici, come i trasporti e l’energia, portando a un’economia stagnante e a servizi inadeguati. La ricerca del profitto nelle aziende privatizzate avviene quindi a scapito della crescita e del progresso futuri.

La privatizzazione ha poi un impatto negativo sulla sicurezza del lavoro e sui diritti dei lavoratori. La privatizzazione porta a tagli di posti di lavoro e all’erosione dei diritti dei lavoratori, poiché le aziende private mirano a ridurre i costi e aumentare la redditività. Ciò non influisce solo sul sostentamento dei dipendenti, ma ha anche implicazioni più ampie per la stabilità sociale e l’uguaglianza economica. Le aziende privatizzate spesso sfruttano i lavoratori attraverso contratti di lavoro precari, salari bassi e condizioni di lavoro non sicure, il tutto in nome della massimizzazione dei profitti.

In conclusione, il fallimento totale della privatizzazione delle aziende pubbliche è evidente attraverso l’erosione dell’interesse pubblico, la mancanza di responsabilità e trasparenza, la mancanza di un accesso equo ai servizi essenziali, la mancanza di pianificazione e investimenti a lungo termine e l’impatto negativo sulla sicurezza del lavoro e i diritti dei lavoratori. Anche se la privatizzazione viene presentata come una soluzione promettente, una panacea miracolosa per curare economie ferite, le conseguenze dannose che comporta per la società e l’economia superano qualsiasi potenziale beneficio. Pertanto, i politici come Javier Milei dovrebbero smettere di raccontare frottole ai propri cittadini e considerare alternative che diano priorità al benessere collettivo e alla responsabilità nei confronti del pubblico, piuttosto che consegnare servizi e risorse essenziali a soggetti privati orientati al profitto.

Le politiche di privatizzazione ampliano le crisi economiche invece di alleviarle.

Per corroborare quanto affermato non abbiamo bisogno di volgere lo sguardo verso paesi lontani, possiamo semplicemente guardare in casa nostra. L’Italia è uscita devastata dalla furia privatizzatrice. Intrappolata in una crisi economica da molti anni da cui non si vede la via d’uscita. La privatizzazione, è stata una politica economica chiave perseguita dai governi italiani (di tutti gli orientamenti politici) negli ultimi decenni. Tuttavia, invece di portare prosperità economica, le privatizzazioni hanno portato a una serie di problemi irrisolti, dalla perdita di posti di lavoro e la crescente disuguaglianza di reddito, al declino della qualità e dell’accessibilità di servizi pubblici vitali come l’assistenza sanitaria e i trasporti.

L’elevato livello di disoccupazione conseguente non solo ha messo a dura prova l’economia, ma aumentato anche la disuguaglianza. Inoltre, la privatizzazione ha anche contribuito all’aumento dell’occupazione precaria, con i lavoratori che guadagnano salari bassi e non hanno sicurezza lavorativa. Questa combinazione di perdita di posti di lavoro e cattive condizioni di lavoro ostacola la crescita economica e perpetua un ciclo di difficoltà economiche.

Infine, la crisi economica italiana dovuta alle privatizzazioni è esacerbata dalla disuguaglianza dei redditi. La vendita di beni di proprietà statale a società private concentra ricchezza e potere nelle mani di pochi. Questo amplia ulteriormente il divario tra ricchi e poveri, indebolendo la domanda dei consumatori e ostacolando la crescita economica. Inoltre, lo stesso processo di privatizzazione è spesso afflitto da corruzione e clientelismo, che arricchiscono pochi eletti che hanno stretti legami con i decisori. Questa concentrazione di ricchezza e potere non solo mina le istituzioni democratiche ma perpetua anche le disuguaglianze, indebolendo inevitabilmente l’economia.

Nel 1992 veniva affermato che consegnando l’economia nazionale in mano ai privati, proprio come afferma oggi Javier Milei in Argentina, questa sarebbe cresciuta e rifiorita, che il Paese avrebbe prosperato. La realtà dei fatti ci racconta tutt’altra storia. Oggi il sistema produttivo italiano è in profondo declino. Se all’epoca dell’economia mista poteva impensierire il sistema industriale tedesco adesso è periferia abbandonata nel quadro di una declinante Europa.

Insomma, il percorso su cui Milei ha avviato l’Argentina abbiamo già visto dove conduce.

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