Ripensare i costi dell'intervento occidentale in Ucraina


Mentre si avvicina il primo anniversario delle dimostrazioni di piazza Maidan a Kiev che hanno determinato un cambio di regime del paese, oltre 4 mila persone hanno perso le loro vite nella guerra civile in Ucraina. Questo mese, il governo di Kiev ha poi accettato la divisione de facto del paese, sospendendo tutti i servizi e i benefici sociali (incluso il congelamento di tutti i conti bancari) delle regioni orientali in rivolta. L'economia ucraina è vicino al collasso del default e il rifornimento di elettricità e il riscaldamento rimangono ancora tutti da garantire alla popolazione.
In questo quadro il governo Usa e i media mainstream, scrive Katrina vanden Heuvel su The Washington Post, presentano queste calamità come necessarie per il cambiamento di moralità in corso nel paese, da quando l'ex presidente costiuzionalmente eletto è stato destituito. “Gli ucraini hanno dimostrato contro Yanukovych perché loro vogliono allinearsi all'occidente e la democrazia”. Putin viene dipinto da Hillary Rodham Clinton ed altri come un nuovo Hitler che minaccia il diritto internazionale e deve essere riportato alla giustizia per la sua aggressione. L'isolamento e le sanzioni economiche sono state le vie scelte: se i falchi del Senato come John McCain e Lindsey Graham hanno dettato la politica da adottare, l'Ucraina verrà fornita con armi per “fermare” l'”aggressione” di Putin.
Ma questa prospettiva distorce la realtà. Nonostante non ci sia dubbio che la Russia ha contribuito alle tensioni nella regione, come ha sottolineato recentemente Stephen F. Cohen, l'occidente dovrebbe aver compreso che un tentativo di portare l'Ucraina in un accordo esclusivo con l'Ue amplierebbe storiche e profonde divisioni all'interno del paese e provocherebbe una reazione della Russia. Il professore di Chicago John J. Mearsheimer ha proseguito, in un articolo su Foreign Affairs, che “gli Stati Uniti e i suoi alleati europei convidono le responsabilità della crisi”.
Nonostante gli avvisi della Russia, negli ultimi due decenni gli Usa hanno espanso la Nato fino ai suoi confini. L'Ue ha subito una crescita similare, cercando di incorporare l'Europa orientale e le ex Repubbliche sovietiche nella sua sfera economica e politica. I russi avevano avvisato ripetutamente di considerare l'espansione della Nato una minaccia e hanno chiaramente tracciato la linea contro il tentativo di incorporare le ex Repubbliche sovietiche di Georgia e Ucraina. Recentemente, l'ex segretario di Stato Henry Kissinger, in un'intervista alla rivista nel magazine tedesco Der Spiegel - inspiegabilmente ignorata dai media americani - ha sostenuto che l'annessione della Crimea “non era uno spostamento verso una conquista globale”. Contro le dichiarazioni di Clinton che descrivono l'annessione di Putin della Crimea come quella di Hitler della Cecoslavacchia, Kissinger considera l'occidente parzialmente responsabile per l'escalation e la crisi in corso, sottolineando che l'Europa e gli Usa sottostimano il “significato speciale” dell'Ucraina per la Russia. “E' stato un errore non realizzarlo”. Kissinger argomenta poi che la Russia è un partner per gli Usa nelle crisi in corso in Iran e in Siria; oltre alla gestione degli arsenali nucleari nel mondo. In questo contesto, l'occidente dovrebbe calcolare molto bene le sue priorità di sicurezza prima di pensare ad un'escalation sull'Ucraina.
E' emblematico di quanto estrema sia oggi la narrativa della politica e dei media, se Henry Kissinger passa quasi come un dissidente nell'invitare alla prudenza rispetto all'aggressività degli interventisti liberal-neocon. Gli Usa vorrebbero che l'Ucraina riconquistasse la sua indipendenza e fosse in grado di rilanciare la sua economia in caduta. Ma prima di determinare nuove crisi e determinare l'inizio di una nuova guerra fredda, conclude Katrina vanden Heuvel del Washington Post, devono comprendere i suoi limiti di potere e i costi umanitari terribili di ignorarli.

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