Napoli, sulla sbalorditiva interrogazione Cinque Stelle contro de Magistris


«Ma quale nemico di Napoli! In un’interrogazione, con i 57 colleghi che hanno firmato, abbiamo chiesto solo di controllare i conti del Comune e verificare che siano garantiti i servizi essenziali (…) Mica voglio affossare Napoli che è la mia città, voglio solo aiutarla»

Davvero incredibile questa dichiarazione (Il Mattino, 12 giugno 2019) di Vincenzo Presutto, senatore napoletano del Movimento Cinque Stelle; primo firmatario, insieme ad altri 57 senatori Cinque Stelle, di una sbalorditiva interrogazione ai ministeri dell’Interno e dell’Economia e Finanze supportato (oltre che da uno strampalato riferimento all’art. 97 della Costituzione) dall'art. 143, comma 7-bis, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico degli enti locali ) “Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso. Responsabilità dei dirigenti e dipendenti ”. Un guazzabuglio giuridico con talmente tanti evidenti profili di incostituzionalità (vedi nota esplicativa in calce all’articolo) che, non a caso, non è stato mai applicato dai prefetti

Ma quali sarebbero, per Presutto e per gli altri 57 senatori Cinque Stelle, le prove delle “infiltrazioni e i condizionamenti di tipo mafioso” per i quali chiedono lo scioglimento del Comune di Napoli? L’interrogazione non lo dice limitandosi ad elencare gli stessi problemi economici che gravano su tutte le città italiane (prima tra tutte Roma), quali la “grave e perdurante situazione debitoria del Comune” o la crisi finanziaria delle società partecipate. Ai quali vengono aggiunti enigmatici riferimenti a dissesti in edifici che “diversi esperti (…) imputano alla mancanza di manutenzione degli impianti”, la mancata riscossione dell’imposta di pubblicità e dei canoni di occupazione del suolo pubblico (“né per eventi, né per passi carrabili, gazebo e strutture commerciali”)… che sono già passate al vaglio della Magistratura, finendo per essere archiviate.

Va da sé che con questa “documentazione” (tra l’altro esibita da un parlamentare, che qualche cognizione di Diritto amministrativo avrebbe dovuto avere, se non altro, essendo stato, per cinque anni, staffista proprio al Comune di Napoli) neanche la stampa napoletana (non certo tenera nei riguardi di de Magistris) se l’è sentita di appoggiare la richiesta di scioglimento del Comune. L’episodio, quindi meriterebbe, al più, mera commiserazione se non fosse per alcune questioni politiche importanti per chi, come me, ha votato Movimento Cinque Stelle.

Intanto il perché di questa pugnalata (tra l’altro, non è la prima) del Movimento Cinque Stelle a de Magistris. L’ipotesi più accreditata è quella di un folle tentativo di “mettere in riga” Roberto Fico che, pur ingessato nel ruolo di Presidente della Camera, esprimendo posizioni sempre più critiche contro Salvini, comincia ad essere additato come una “quinta colonna” (o del PD o di de Magistris) finalizzata ad una qualche losca coalizione per le prossime elezioni (regionali in Campania, al Comune di Napoli o, peggio, quelle politiche).

Verosimile o meno, questa ipotesi di certo non viene certo scongiurata dalla sciagurata interrogazione Presutto + 57 senatori. Sulla quale vale la pena di risoffermarsi evidenziando l’espressione “alcuni consiglieri comunali” che avrebbero attestato le infamie di de Magistris. Ma come sarebbe a dire? Il Gruppo del Movimento Cinque Stelle, che pure sta da tre anni nel Consiglio comunale di Napoli, non ha prodotto nessun documento per supportare l’interrogazione parlamentare? E i parlamentari Cinque Stelle eletti nell’area napoletana? Forse mi sono perso qualcosa ma, spulciando nei post Facebook o Twitter degli esponenti Cinquestelle, non ho trovato NULLA su questa interrogazione parlamentare. Né prima né DOPO la sua presentazione. Interrogazione che non mi risulta essere stata annunciata, né tantomeno discussa, sui pur numerosi Gruppi Facebook Cinque Stelle né tantomeno sul Meetup. NULLA.

E tutto questo mentre – dopo la batosta alle Europee – tutti nei Cinque Stelle stanno a strapparsi le vesti invocando uno “stretto rapporto con i territori”. Già, però la crisi nella quale versa oggi il Movimento Cinque Stelle non la sia affronta con faide (come quella rappresentata dall’interrogazione) né con ipocriti richiami alla “partecipazione” o suppliche a Grillo per prendere in mano la situazione. No, l’unica strada che ha oggi il Movimento Cinque Stelle per salvarsi – e per salvare le speranze che è riuscito a suscitare – è rinascere in un vero Movimento, animato da una Assemblea nazionale (con delegati eletti da attivisti in carne o ossa, non già da fantomatici “attivisti certificati” on line che nessuno ha visto mai). Un Movimento capace di crescere - e di rapportarsi con i tanti altri movimenti di lotta - su proposte politiche, non già sull’appartenenza a questo o quel clan.


Francesco Santoianni


Nota esplicativa

L’interrogazione Presutto + 57, (quindi, passata - prima di essere firmata - sotto gli occhi di 58 parlamentari) è costellata di talmente tanti errori ed errati riferimenti legislativi da suscitare sulla stampa e su Internet severe critiche o, addirittura, sghignazzi.

Tra gli errori lessicali non si può non citare la frase “il Comune continua a sopperire alle proprie mancanze strutturali (…) col ritardato pagamento dei crediti con aggravio di spese e interessi” (nella quale, , la parola “crediti” andrebbe sostituita con “debiti”) o il termine “impianti” (“diversi esperti hanno imputato i numerosi cedimenti strutturali che interessano il territorio del Comune alla mancanza di manutenzione degli impianti;”) che avrebbe dovuto essere “condotte idriche o fognarie” (che, comunque, il Comune di Napoli, al pari di moltissimi comuni italiani, non può sostituire per mancanza di fondi).

Ma questo è niente a confronto del riferimento legislativo che pretende di supportare l’interrogazione.

Il comma 7-bis all'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico degli enti locali -Tuel) nonostante risalga al novembre 2018 (è stato inserito dal “Decreto Sicurezza” imposto da Salvini) NON È STATO MAI APPLICATO. Intanto per il guazzabuglio giuridico che si tira dietro: questo comma, infatti, seppure non parli espressamente di condotta mafiosa (che è però il titolo dell'articolo 143) fa riferimento alla relazione del Prefetto (di cui al comma 2 dello stesso articolo. Poi per i suoi evidentissimi profili di incostituzionalità. A tal riguardo, tra i tanti pareri di autorevoli giuristi a riguardo, riportiamo stralci di un articolo pubblicato sulla rivista giuridica Altalex che, in buona sostanza afferma che, se non c’è infiltrazione mafiosa, non si comprende come possa esserci una azione dei prefetti i quali, valutando i servizi erogati da un Comune, confliggerebbero con l’autonomia degli Enti Locali, sancita dalla Costituzione, da numerosi pareri della Corte Costituzionale e da innumerevoli leggi.

«Ed invero, è di immediata percezione per tutti gli operatori del diritto, l’inconferenza dello stesso all’interno dell’articolo de quo, atteso che nel comma in commento non c’è alcun richiamo al pericolo di ingerenza di tipo mafioso o similare, facendo solamente espresso richiamo, riguardo a uno o più settori amministrativi, a “situazioni sintomatiche di condotte illecite gravi e reiterate, tali da determinare un'alterazione delle procedure e da compromettere il buon andamento e l'imparzialità delle amministrazioni comunali o provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati”.
Non v’è chi non veda come il demandare al Prefetto, che allo stato per come è formulato il comma ha ampi poteri, l’individuazione dei prioritari interventi di risanamento dell’ente locale e degli atti da assumere per far cessare le situazioni riscontrate dalla commissione d’indagine prefettizia, al fine di ricondurre alla normalità l’attività amministrativa, sia censurabile, come sopra rassegnato, sotto l’aspetto dell’“eccesso/sviamento di potere”, anche e soprattutto, in relazione all’art.114 della Costituzione. E ciò in quanto con l’introduzione di tale comma fuoriusciamo dall’ambito, previsto anche dalla giurisprudenza per l’applicabilità dell’art. 143 t.u.e.l., di quel potere straordinario dello Stato cui è possibile far ricorso solo in occasioni altrettanto straordinarie.

Un’ingerenza troppo invasiva, a parere di chi scrive, da parte dello Stato, che si esplica nei seguenti passaggi ossia: a) nell’individuazione da parte del Prefetto dei prioritari interventi di risanamento dell’ente locale e degli atti da assumere per far cessare le situazioni riscontrate dalla commissione d’indagine prefettizia; b) nella fissazione del termine di 20 gg. per l’adozione, che allo stato non sembra prorogabile, atteso che alla scadenza di tale termine, il Prefetto si sostituisce, mediante c) commissario ad acta, all'amministrazione inadempiente.»

F.S.


Articolo già pubblicato su Pecorarossa.it

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