"Non possiamo permetterci di tenere chiuso il Paese". Il "Comitato tecnico scientifico" si spacca

10 Gennaio 2021 21:00 Francesco Santoianni

Covid: siamo, ormai alla resa dei conti. Da una parte Andrea Crisanti, artefice di una indiscriminata disseminazione di tamponi nel Veneto che, anche per questo, emarginato dalla giunta Zaia e messo sotto accusa da tanti medici, ora invoca ancora più vessatori lockdown. Dall’altra Agostino Miozzo coordinatore del Comitato tecnico scientifico che, sostanzialmente, dichiara il fallimento della strategia dei tamponi e dei lockdown finora seguita:

"Non possiamo permetterci di tenere chiuso il Paese fino alla fine dei contagi. L'Italia deve imparare a convivere col virus. (…) La terapia più sicura sarebbe quella di mettere l’Italia sotto una campana di vetro: porta sprangata e tutti chiusi in casa. L’abbiamo fatto, ora non è più possibile." E alla domanda dell’intervistatore “Quindi, addio lockdown totale succeda quel che succeda?” così risponde: "L’immunità di gregge si otterrà solo a vaccinazione collettiva ultimata. Ma serve troppo tempo, il Paese non può aspettare la fine dell’anno. Le categorie produttive sono al collasso e la gente è profondamente ferita sul piano psicologico. Dunque, alcune concessioni sono indispensabili." E alla successiva domanda “Su queste posizioni il Comitato è unanime?”: "Il Cts è formato da 13 membri, più altri 13 esperti. Litighiamo continuamente. A me tocca fare la sintesi e trarre le conclusioni: quello che esprimo è un pensiero collettivo. In scienza e coscienza".

Ma davvero c’è stata una “sintesi” in un Comitato tecnico scientifico che si tiene dentro un “esperto” diventato famoso per aver chiesto l’imposizione della mascherina anche ai bambini di tre anni e che poi, pressato dal Governo, decreta il niente mascherina in classe (una disposizione che clamorosamente stride con quanto viene imposto per negozi, uffici, trasporti pubblici… )? Molto più probabile è che anche nel Comitato cominci a serpeggiare la preoccupazione che il sempre più evidente fallimento di una strategia basata su “fermare il contagio e “isolare l’infetto” (e che, verosimilmente non sarà mitigata dai vaccini) possa rivelare l’evidenza. E cioè che il virus (asintomatico nel 95% della popolazione) è ormai ENDEMICO nella popolazione e che non lo si potrà schiodare da essa con mascherine, tamponi, quarantene, lockdown e scuole chiuse.

Paradossalmente, questa preoccupazione si direbbe non sfiori chi ha organizzato le pur lodevoli iniziative per far riaprire le scuole che, come quelle degli ultimi giorni, non hanno visto quasi nessuno mobilitarsi. Non a caso, considerato che, chiedendo “serenità e sicurezza” per una scuola in presenza, proponevano (oltre a più personale, più spazi, più tempo pieno…) “test periodici rapidi e gratuiti per il personale scolastico, studenti e familiari”. Test che, al di là della loro affidabilità, certamente, confermerebbero in qualsiasi scuola la presenza di “positivi al virus” e, quindi la messa in quarantena di tutta la classe o di tutto il plesso scolastico, come già è avvenuto. Nulla da meravigliarsi, quindi, del fallimento di queste iniziative e delle 164 mila firme, raccolte in pochi giorni, per NON far riaprire le scuole a gennaio (indicazione subito seguita da 14 governatori regionali).

Peccato, quindi, che coloro che hanno indetto le mobilitazioni per la riapertura delle scuole, invece di continuare a prendere per oro colato la “Scienza” di regime e maledire i “no vax”, non si domandino perché proprio il nostro Paese che - in nome dell’”isolamento dell’infetto” e del “contagio da fermare”- detiene in Europa il primato dei lockdown, delle scuole schiuse e dei tamponi… detenga anche quello dei “morti per Covid”. E non riflettano su proposte per una differente gestione dell’emergenza Covid: prime tra tutte la protezione delle categorie a rischio, la riapertura delle scuole, la ripartenza della medicina territoriale e di tutto il resto.

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