La Grecia si gioca tutto, ma Tsipras potrebbe essere andato all in troppo tardi


Dopo la proposta “conciliatoria” di Yanis Varoufakis bocciata da Berlino e Francoforte - con la Bce che ha anzi in modo “conciliatorio” deciso di eliminare le garanzie sul collaterale delle sue banche - il neo primo ministro greco Alexis Tsipras è tornato ad alzare i toni domenica. Gli impegni e le promesse che aveva fatto in campagna elettorale restano d'attualità e la Grecia “non prenderà ordini per e-mail”. E ancora: Syriza “renderà la Grecia economicamente autonoma” e non firmerà un'estensione del Memorandum con la Troika. “Manterremo le nostre promesse elettorali. Non è negoziabile. Non è solo una crisi greca, ma europea. E la soluzione dovrà essere europea”, ha dichiarato.
Dopo l'ultimatum bellico di venerdì scorso da parte dell'Eurogruppo di 10 giorni alla Grecia per rispettare tutte le richieste e firmare un prolungamento del piano d'”aiuti”, la questione della liquidità del paese è tornata di estrema attualità. Il problema è che Atene potrebbe anche non averli quei 10 giorni, come ha dichiarato il ministro dell'economia George Stathakis al Wall Street Journal, in seguito allo sciopero fiscale della popolazione prima delle elezioni. Del resto quando Yanis Varoufakis ha risposto ai suoi partner europei che la “Grecia era già in bancarotta” sapeva esattamente quello che stava accadendo nel paese. La Grecia ha bisogno dai 4 ai 5 miliardi di euro per adempiere ai suoi obblighi di giugno, mese in cui spera di aver raggiunto un accordo con i creditori, ha proseguito Stathakis. “La logica prevarrà, altrimenti la Grecia sarà il primo paese ad andare in bancarotta per 5 miliardi di euro”.
In quel caso – se cioè il governo greco dovesse restare senza soldi – il paese sarebbe costretto a fare default e reintrodurre la sua moneta. Molti dei 240 miliardi di aiuti della Troika andrebbero persi. La Grecia lo sa e quindi è arrivato il momento di quello che Zero Hedge definisce oggi “the final all-in” della Grecia. Con Syriza che non arretra di un millimetro in vista della scadenza il 28 febbraio del piano d'aiuti della Troika, ma anzi alza la posta in gioco, promettendo di aumentare il salario minimo e fermare i pignoramenti, Atene sta mettendo tutto sul piatto, convinta di svelare il bluff dell'Europa, che, nella sua ottica, non permetterà la Grexit, nella speranza che “questa volta non sia diversa” e che il terrore esistenziale che si generò nel 2012 per un possibile effetto domino su tutta la zona euro si ripeta. In questo scenario, nella visione del governo greco, alla alla fine le autorità europee capitoleranno per evitare un collasso potenzialmente fuori controllo.
La strategia del governo greco è esmplificata dalle ultime dichiarazioni del ministro delle finanze Yanis Vaourfakis. "Se la Grecia dovesse essere costretta ad uscire dalla zona euro, altri paesi inevitabilmente seguiranno e l'area valutaria collasserà”. Lo ha dichiarato in un'intervista alla Rai, in cui il ministro delle finanze greco ha sostenuto che i problemi del debito della Grecia devono essere risolti, così come le politiche d'austerità devono essere rigettate nel suo complesso. La soluzione per uscire dalla crisi è un grande "new deal" di investimenti finanziato dalla European Investment Bank. Dopo la Grecia sarà il turno del Portogallo, ha proseguito Varoufakis, e cosa accadrà quando “l'Italia scoprirà che sarà impossibile restare nella camicia di forza dell'austerità?”. Quindi ora che la Grecia ha messo tutto nel piatto, il tempo per la verità sta lentamente arrivando. “Funzionari italiani, non posso dirvi di quale grande istituzione, mi hanno dichiarato che ci sostengono ma non possono dire la verità perché anche l'Italia rischia la bancarotta e hanno paura di una reazione da parte della Germania”, ha dichiarato. “La situazione del debito italiano non è sostenibile”, ha concluso in una dichiarazione che ha creato una frizione palese con il governo italiano. In un tweet il ministro dell'economia Pier Carlo Padoan ha risposto come il debito italiano sia “solido e sostenibile”.
E mentre l'approccio da "terra bruciata" della Grecia sarebbe riuscito se fosse stato applicato tre, due o anche l'anno scorso, quando l'Europa aveva ancora una parvenza di mercato unico, la differenza è che ora la Bce ha annunciato il QE, che ha rivelato come la fobia della Germania sullo stampare moneta fosse solo una sceneggiatura melodrammatica per tenere tutti insieme. Con il QE è la BCE che si occupa di tutte gli asset in Europa: dall'euro, al Bund tedesco, ai BTP italiani, al DAX. E quindi né i fondamentali, né i giocatori che non siano banche centrali contano più.
È per questo che la Grecia potrebbe aver aspettato tre settimane di troppo per prendere questa mossa finale, fiduciosa ora che gli interventi della BCE possano compensare la perdita di fede in una zona euro già in caduta libera. Perché l'alternativa, cedere alla Grecia, significa che tutti gli altri stati periferici europei chiederanno lo stesso trattamento ed è un qualcosa che per Berlino, Bruxelles e Francoforte non è in agenda.
E quindi siamo alla resa dei conti, al momento decisivo, il momento che è stato descritto alla perfezione da uno dei protagonisti di Chuck Palahniuk: "solo quando abbiamo perso tutto, siamo liberi di fare qualcosa”. Questa è esattamente la posizione della Grecia. Il problema è che però questa libertà potrebbe essere arrivata con qualche settimana di ritardo.

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