L'eredità di Casaleggio: una variabile nuova in un sistema politico dispotico e dipendente dall'estero


Riceviamo da un lettore e immediatamente ripubblichiamo:

Non sono dei Cinquestelle, ma credo doveroso ricordare con questa mia la figura di Gianroberto Casaleggio, la cui morte lascia un vuoto nella politica italiana, e non solo, che sarà il tempo a dire se e come andrà a colmarsi.

Nel post nel quale annuncia la sua scomparsa, il blog di Beppe Grillo riporta la definizione che ebbe a dare di sé lo stesso Casaleggio: "Sono un comune cittadino che con il suo lavoro e i suoi (pochi) mezzi cerca, senza alcun contributo pubblico o privato, forse illudendosi, talvolta anche sbagliando, di migliorare la società in cui vive." Gianroberto Casaleggio (dalla lettera al Corriere della Sera del 30 maggio 2012).

Il fondatore dei Cinquestelle era definito un guru dai media che oggi lo piangono, e dipinto come personaggio dispotico che accentrava su di sé la gestione globale del movimento. In realtà in una politica che ormai vive di prassi clientelare e risulta incapace di lungimiranza, Casaleggio ha rappresentato una figura capace di visione e di prospettive, che al di là della condivisione o meno delle stesse, ne hanno fatto un protagonista di questa travagliata stagione politica. Un protagonista schivo, che in tempi di protagonismo a tutti i costi lo hanno reso ancora più singolare.

Senza di lui, senza la sua visione organizzativa, quell'asserito dispotismo, che era invece (al di là di veri o presunti incidenti di percorso) necessario momento sintetico di un movimento cresciuto troppo in fretta e senza argini, la nave del movimento che aveva fondato non avrebbe potuto reggere le tempeste esterne e le turbolenze interne.

Un movimento che, al di là delle opinioni che se ne possono avere, ha suscitato speranze, guadagnato alla politica attiva cittadini che non se ne interessavano più. Creato un organismo politico con una base sociale, in un tempo nel quale la politica cerca piuttosto l'interlocuzione con i poteri forti (ai quali Casaleggio ha pestato fin troppo i piedi). E che, tra l'altro, ha incanalato la contestazione sociale, sempre più accesa in questi tempi di regressione economica, in un alveo politico-istituzionale, evitando che prendesse vie eversive.

Meriti che vanno riconosciuti a Casaleggio, al di là delle opinioni che se ne possono avere (e che anche i suoi avversari, tutti i suoi avversari, gli hanno riconosciuto quando hanno tentato di trovare accordi).

Con la sua scomparsa, e il parallelo disimpegno di Grillo, molti, in particolare i suoi nemici, immaginano si possa chiudere un ciclo. In realtà sia lui che Grillo da tempo hanno messo a punto una exit strategy per lasciare che la loro creatura viva di vita propria. Una scommessa che la scomparsa di Casaleggio rende più che mai attuale. E che sta ai suoi vincere o perdere.

Ma al di là del futuro del movimento, oggi è il giorno in cui rendere il dovuto omaggio a una delle figure più importanti della recente storia politica italiana, lui che politico non era né voleva essere.

Se l'Italia riuscirà (forse) un giorno uscire dal tunnel (al di là anche dell'orizzonte del suo movimento) nel quale è stata precipitata da indebite ingerenze internazionali e da una classe dirigente (economica, mediatica e politica) più che inadeguata, lo dovremo anche a quanto seminato e realizzato in questi anni da questo cittadino comune che ha provato a immettere in un sistema al collasso una variabile nuova.

Che la terra ti sia lieve, Gianroberto.

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