"Italiani votate no. Anzi si". Ma interessano ancora a qualcuno i "consigli" de l'Economist?


Ieri si è molto parlato del presunto endorsment della rivista della finanza mondiale, L'Economist, per il "no" nel referendum italiano del 4 dicembre.



Oggi arriva un nuovo articolo a firma John Hooper, da molti anni corrispondente da Roma dell'Economist e una delle firme più note, per "The World in 2017" che si schiera apertamente per il si. "Le riforme mirano a rendere l'Italia un paese più governabile" E conclude: "Con un voto sì, l'Italia comincerà il 2017 con una possibilità di lasciarsi alle spalle il suo primato di governi instabili e leggi inefficaci. Con un no, si troverà a confrontarsi con uno scenario deprimente e familiare di instabilità politica e forse anche economica", ha scritto.

Votate No, poi votate Si.

Ma la domanda da porre a tutti quei giornali italiani che fanno a gara a rilanciare immediatamente i "consigli" di questa rivista è: pensate ancora che interessi davvero a qualcuno quello che l'Economist "consiglia" per il nostro paese? Dopo aver sbagliato tutto quello che era possibile sbagliare, credete davvero che la popolazione italiana reagisca in linea con quello che le dice di fare la rivista della finanza?

La risposta migliore a questo circo mediatico è l'indifferenza, che li accompagnerà dolcemente alla morte naturale. Se una volta l'endorsment di Economist, Financial Times, New York Times, BBC, Cnn etc era sinonimo di vittoria politica certa, le ultime tornate elettorali nel mondo dimostrano l'esatto opposto. Non è più rilevante, in altri termini, quanti miliardi investano queste corporazioni mediatiche per far vincere il candidato scelto dal loro editore, il loro messaggio non arriva più all'opinione pubblica. Anzi, ed è questo il virus sistemico che si sta realizzando oggi, indirizzano voti dalla parte contraria. Forse proprio questo potrebbe spiegare l'editoriale per il no dell'Economist di ieri, subito smentito il giorno dopo.

Alessandro Bianchi

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