"Assediamo Austerity e Precarietà". Seconda Parte

Il momento più significativo di questa transizione è stata la manifestazione del 15 ottobre 2011. Si è trattato dell'ultimo tentativo di costruire un'ipotesi di sinistra agganciato a pezzi di sindacati e partiti – una lobby che sopravvive ancora oggi in Sel – ma dentro c'era anche tanta rabbia manifestata già il 14 dicembre 2010, che non si è canalizzata in un processo positivo, ma ha fatto saltare il banco. Noi siamo ripartiti proprio da lì e, prendendo a riferimento anche le esperienze di Occupy Wall Street e degli Indignados, ci siamo chiesti se fosse possibile produrre qualcosa di alternativo a questa lobby di sinistra che vuole solo governare e non si interessa del cambiamento. La manifestazione del 19 ottobre dimostra come esista tutto uno spaccato della società che si ribella al sistema attuale acquisendo l'autorevolezza necessaria per dire a chi governa il paese che siamo la maggioranza. Il movimento ha oggi la forza di parlare con mondi differenti. Ed anche il linguaggio che abbiamo scelto è importante: "sollevazione" qualifica il percorso che abbiamo in mente. Ci dicono che siamo spaccavetrine perché lo leghiamo ad un corteo, ma la grande battaglia sul referendum per l'acqua pubblica non è stata una sollevazione dei cittadini?
- In Europa vede nuovi partiti o movimenti in grado di realizzare quel cambiamento nel modello di sviluppo che rivendicate?
Non c'è in Europa qualcosa a cui legarsi, se non l'esperienza di movimento così come si sta sviluppando. Il legame reciproco attraverso meccanismi di condivisione delle esperienze dei diversi paesi, che vadano al di là delle idee di nazione e del nazionalismo, sarà un passaggio chiave di crescita. La critica a questo modello di sviluppo è oggi divisa in due schieramenti: c'è chi evoca la possibilità di una democrazia partecipativa, con soggettività che entrano in relazione con meccanismi di governo e gestiscono esperienze che partono dal basso ma che stanno dentro una cornice; e c'è invece chi si dichiara in netto contrasto con il modello di sviluppo e non accetta più cogestione, ma ragiona solo su una base di rottura profonda con il passato. Anche l'esperienza di Grillo, che potrebbe assomigliare alle caratteristiche di movimento, nel momento in cui decide di gestire la sortita elettorale poi mostra la corda ed alla fine quel percorso non può non tenere conto del leader carismatico. Se non fosse stato Grillo, ma un tizio qualunque che avesse detto le stesse cose avrebbe preso gli stessi voti?
- Gli Indignados ed Occupy Wall Street sono però oggi in declino ed hanno perso parte della forza propositiva anche e soprattutto per le lacerazioni interne. In particolare, l'esperienza spagnola è oggi divisa in quattro aree distinte spesso in conflitto che vorrebbero - senza esserci riusciti fino ad oggi - trasformarsi in diversi partiti. Lei ritiene che l'esperienza dei movimenti debba confrontarsi con le elezioni e portare il dissenso nelle istituzioni oppure ha più forza di pressione dall'esterno?
Si tratta di un punto focale per il nostro futuro. Anche nei movimenti italiani si discute se confrontarsi con le urne in una piattaforma comune ad esempio alle prossime europee, ma, secondo me, continuare ad insistere sull'idea che i movimenti devono sostituirsi ad i governanti è pericolosissimo. Anche l'amministratore più illuminato che va a gestire la politica della casa al Comune di Roma se non è in grado di sottrarre gli appartamenti vuoti alle grandi proprietà, che ci va a fare? Che senso ha? Sono più forte io, come movimento, che occupo e costringo anche te amministratore illuminato a non pagare pegno alla rendita ed a risolvere le situazioni. Il Partito Comunista ha ottenuto i suoi risultati migliori quando non governava ed alla fine degli anni '60 ha cambiato, dall'opposizione, la città di Roma.
L'idea di governare non è un'idea da prendere in considerazione per i movimenti, sarebbe la loro fine. Del resto, il meccanismo elettorale non risolve il problema della gestione della città e la rappresentanza che fa da mediatrice con le esigenze primordiali dei cittadini non serve più. Non serve più il parlamentare, assessore o consigliere di turno da incontrare prima di trattare con le autorità; oggi con Letta, Lupi e Saccomanni ci parliamo noi, ci parla il Movimento, siamo noi che sappiamo cosa chiedergli e come.

- Lei prima parlava della necessità di rottura del modello di sviluppo attuale ed ha indicato alcuni nuovi paradigmi di riferimento che si avvicinano al concetto di “Decrescita” così come pensata dal suo ideologo Serge Latouche. Può essere una soluzione per il futuro?
La questione della lentezza, che questo modello di sviluppo si auspica di applicare, credo che sia un valore molto interessante da approfondire: uno degli slogan degli anni '60 era lavorare con lentezza e produceva una rottura molto forte rispetto alla produttività e quello che ti chiedeva il padrone. Lentezza significa che ti riprendi la vita, il tempo, il tuo tempo. Il modello di sviluppo consumista va superato rompendo i suoi paradigmi: non si può continuare a pensare che il lavoro che uccide è un bene comune. Non basta dire lavoro, ma bisogna ragionare sul tipo di lavoro. L'esempio dell'Ilva di Taranto è sotto gli occhi di tutti: anche la sinistra ci ha aiutato ad accettare l'idea che il lavoro era prezioso ed il licenziamento più grave dell'eternit. C'è ancora nel sindacato chi difende il lavoro nelle fabbriche inquinanti. Bisogna avere il coraggio di dire che il lavoro non viene prima di tutto, ecco perché la battaglia del reddito potrebbe risolvere tanto nel ripensare il nostro modello di società.
Il cambio di marcia in questo senso passa soprattutto da "Il debito non lo paghiamo": per un paese per cui l'onorabilità di un lavoratore passava dalla capacità di ripagare tutto il suo debito contratto e dove la sinistra è etica e legalitaria alla massima potenza, si tratta di una sfida epocale. Come spieghi ad un bolognese che il biglietto dell'autobus non va pagato perché costa troppo? Noi abbiamo iniziato concretamente a non farlo, occupando una casa o non pagando una bolletta, ed è un cambio di passo straordinario.
- Qual è un libro o un autore che consiglierebbe per comprendere la crisi attuale?
Rispondo pensando ad una mia grande passione, la geografia. Quando ho scoperto il ragionamento di Harvey sulle città sono rimasto positivamente sorpreso perché nei suoi libri riusciva a dare prosa a quello che noi facevamo concretamente. E' importante che ci sia qualcuno più bravo di te che sappia dare linguaggio e parola alle tue azioni. E da allora abbiamo utilizzato i suoi "diritto alla città", "riprendiamoci la città", “città ribelli” per descrivere e connotare la nostra lotta. Il fatto che sia anche un geografo me lo fa amare ancora di più...
- In conclusione, che futuro attende i movimenti?
Da Genova si è parlato molto dei movimenti, ma poi in realtà nessuno ha creduto che il cambiamento potesse partire da qui e si è sempre tornati al partito, al sindacato o all'organizzazione sociale di riferimento. Il 19 ottobre può essere l'inizio di un percorso nuovo per i Movimenti e, forse, anche per questo Paese.

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