"In Europa commessi gli stessi errori degli anni '30". Paul De Grauwe

La Seconda Parte dell'Intervista al Prof. Paul De Grauwe
(Per consultare la prima: http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=6&pg=6507)
di Alessandro Bianchi


- Il suo libro sulla politica monetaria europea è tra i più studiati nelle università di tutto il mondo e nessuno più di Lei ci può aiutare a capire meglio l'azione attuale della Bce nel contesto della crisi. Giudica, in particolare, il programma Omt sufficiente ad arginare il rischio di implosione della zona euro e ritiene corrette le argomentazioni di coloro che chiedono l'avvio immediato di misure straordinarie come il Quantitative Easing?

Penso che la decisione del programma OMT dello scorso anno - con cui la Bce si è impegnata all'acquisto dei titoli obbligazionari a rischio e si è di fatto trasformata in prestatore di ultima istanza - sia stata corretta, perché ha eliminato la paura esistente nei mercati ed ha impedito il collasso dell'euro, allora possibile. L'OMT ha aiutato a ricreare la stabilità nei mercati, che avevano iniziato a scommettere pesantemente sul fallimento di alcuni paesi dell'area euro ed ha permesso di abbassare lo spread, anche in Italia. Una buona scelta, ma, il semplice annuncio del programma è un risultato non sufficiente, considerando soprattutto anche la serie di vincoli non necessari imposti al suo interno, con i beneficiari che vengono obbligati ad un impegno all'austerità. Questi paesi stanno già applicando tagli deleteri e la Bce dovrebbe intervenire nei mercati senza alcuna condizione, proprio per compensare le misure fiscali restrittive imposte dalla Germania.
La Bce dovrebbe applicare certamente misure straordinarie come l'acquisto incondizionato dei titoli del debito pubblico a rischio e degli asset tossici in mano alle banche per alleviare la situazione della crisi. Se non ora quando. La decisione del Governatore della Banca centrale della Svezia, al contrario, di alzare i tassi d'interesse per prevenire immaginifiche spirali inflattive è un non senso economico in un periodo a rischio deflattivo per l'Europa, ma purtroppo rappresenta un punta di vista molto forte anche nel board della Bce.
- Quindi politiche fiscali e monetarie sbagliate all'interno di un'architettura complessiva che amplifica a livello nazionale le distorsioni. Il risultato è una situazione, soprattutto per quel che riguarda i paesi del sud, socialmente esplosiva. Si può far ancora cambiare il punto di vista a Berlino o la situazione è secondo Lei irrimediabilmente compromessa?

Le possibilità di intervento esistono, ma il tempo si sta assottigliando e dobbiamo smettere questo inutile esercizio di moralità. Le responsabilità per il disastro attuale sono esattamente le stesse: per ogni debitore in difficoltà, infatti, c'è dietro un creditore imprudente.
Se ci pensiamo bene, non è così difficile far cambiare atteggiamento a Berlino. Basterebbe che i paesi dell'Europa meridionale con l'Irlanda, quindi la maggioranza nelle votazioni nei vari consessi decisionali, formassero un'alleanza politica e dicessero chiaramente che non sono in grado di proseguire con queste misure di politica economica. Dovrebbero poi chiarire che non sono disposti a seguire più il Diktat del Nord Europa. Hanno i voti per rendere efficaci le loro indicazioni ed urgenze. Si può fermare l'austerità oggi stesso ed isolare la Germania, ma solo se tutti questi paesi decidono di agire insieme ed in modo coordinato. Fino ad ora però questo non è accaduto.
- Prendiamo a riferimento il caso specifico dell'Italia. Qual è secondo Lei la migliore strategia di politica economica percorribile oggi per il nostro paese?
Non è una risposta facile perché l'Italia è un caso particolare all'interno della zona euro: a differenza della Spagna e dell'Irlanda, ad esempio, non ha registrato un boom dal lato del credito, ma è entrata in crisi nel momento in cui è crollata la fiducia dei mercati sul suo alto debito pubblico. Di fronte ad una Germania ed agli altri paesi del nord che impediscono politiche monetarie e fiscali espansive in grado di rilanciare le prospettive di crescita del paese, l'Italia dovrebbe in primis cercare un'alleanza con i paesi dell'Europa meridionale, ma, da subito, deve chiarire che non è più disposta a proseguire con l'austerità e non può accettare di entrare in deflazione.
Al contrario, il tema dominante resta quello delle riforme strutturali. Può essere un aspetto vero, ma bisogna sempre ricordarsi come le riforme strutturali possono aumentare la produttività di un paese e quindi influire positivamente sulla crescita solo nel lungo periodo. Al contrario, non aiutano in nessun modo a risolvere i problemi drammatici che l'Italia deve affrontare nel breve periodo, in particolare il crescente tasso di disoccupazione.
- A parte l'austerità e le scelte della Bce, è chiaro oggi come le distorsioni macroeconomiche create per la partecipazione ad un'unica moneta non siano più, soprattutto per l'Europa meridionale, sostenibili. Giudica l'euro “irreversibile” come ha recentemente dichiarato Draghi o ritiene possibile la sua fine nel breve periodo?
Non è mai facile parlare del futuro e fare previsioni. Ogni cosa è certamente sempre possibile ed anche la fine della zona euro è uno scenario da tenere sempre in considerazione. La mia opinione personale è che oggi non siano alte le probabilità di un collasso della zona euro, ma è assolutamente imprudente dire che la moneta unica sia irreversibile. Tutti gli scenari devono essere considerati e studiati per essere poi pronti alle conseguenze. Il maggiore rischio oggi per la sopravvivenza della zona euro è lo smantellamento del Welfare - figlio dell'austerità e della spirale deflattiva – che produrrà proteste sociali sempre maggiori in grado di destabilizzare politicamente un numero crescente di paesi.
Mentre la Bce con il programma Omt, agendo come prestatore di ultima istanza, ha ridotto la possibilità di un'implosione finanziaria della moneta unica, questo rischio è stato sostituto da uno nuovo: un'implosione politica. Senza un cambiamento di rotta immediato e deciso in grado di dare una risposta concreta soprattutto al livello insostenibile di disoccupazione, le possibilità di una dissoluzione potrebbero aumentare rapidamente.

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