Due Italie. L'editoriale di Paolo Becchi

di Paolo Becchi
È sempre più chiara, ormai, la spaccatura che attraversa l’Italia, che la divide in due. C’è una prima Italia, partitocratica, parassitaria, che vive in un immaginario Paese alla “rovescia”, dove un Parlamento formato attraverso una legge elettorale dichiarata illegittima continua ad essere legittimo. È questa, infatti, la trovata della Corte Costituzionale che, costretta a “cassare” il Porcellum, ha tentato di fare la frittata senza rompere le uova. Pur dichiarando, infatti, incostituzionale la legge elettorale vigente, la Consulta – per il “principio fondamentale di continuità dello Stato – ha ritenuto valida la precedente elezione di tutti i Parlamentari, compresi quanti sono stati eletti in forza di quel premio di maggioranza che la Corte stessa ha definito distorsivo e costituzionalmente illegittimo.
Ma c’è di più: il premio di maggioranza previsto dal Porcellum, secondo la Corte, sarebbe illegittimo in quanto produrrebbe “una eccessiva divaricazione tra la composizione dell’organo della rappresentanza politica, che è al centro del sistema di democrazia rappresentativa e della forma di governo parlamentare prefigurati dalla Costituzione, e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto, che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare, secondo l’art. 1, secondo comma, Cost.”. In altri termini, il premio di maggioranza è stato dichiarato incompatibile “con i principi costituzionali in base ai quali le assemblee parlamentari sono sedi esclusive della «rappresentanza politica nazionale» (art. 67 Cost.), si fondano sull’espressione del voto e quindi della sovranità popolare”. La questione non è proprio “de lana caprina”: il premio di maggioranza non viola la Costituzione per qualche vizietto di forma, ma perché si pone direttamente in contrasto con l’articolo 1 Cost. (sovranità popolare) e 67 (rappresentanza nazionale delle Camere). Eppure, pazienza: per la Corte, l’elezione rimane ferma, perché ormai è “un fatto concluso”, scrive, “posto che il processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli eletti”. Strana logica giuridica e formale, che lasciamo analizzare dai costituzionalisti. Resta l’assurdità: una legge elettorale illegittima, un premio di maggioranza che è stato applicato violando l’art. 1 della Costituzione, ma tutto è salvo, perché, in fin dei conti, ormai le cose sono fatte. Logica giuridica o logica da Strapaese (“chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato”)?
Ma poi, non è neppure questo il punto. Diamo atto del fatto che la Corte debba limitarsi a stabilire se una legge sia o meno conforme alla Costituzione, senza entrare nel merito di valutazioni politiche. Le valutazioni politiche, però, vanno fatte: se tutto quello che sta avvenendo dopo le ultime elezioni è legale (secondo i due principi della Corte: o è “un fatto concluso” o vale la “continuità dello Stato”), ben difficilmente potrà essere definito legittimo sotto il profilo sostanziale, della legittimità politica democratica del Parlamento. Questo Parlamento non ha più, dopo la decisione della Corte, nessuna credibilità. E’ stato eletto – e questo la Corte lo ha anche scritto in chiare lettere – in violazione del principio della sovranità popolare, dell’art. 1 della Costituzione.
E questo non può, politicamente, essere considerato “un fatto concluso”: è anzi il fatto all’ordine del giorno! E’ il riconoscimento che questa Italia, l’Italia dei partiti, del Governo Letta, del Presidente Napoletano, è il Paese del colpo di Stato permanente. Abbiamo un Parlamento che la Corte continua a ritenere legittimo ma che è formato da parlamentari in parte eletti con un premio di maggioranza che viola l’art. 1 della Costituzione. Abbiamo un Presidente della Repubblica eletto da quel Parlamento. Ma tutti, oggi, sono felici perché tutto può continuare come prima, dal momento che la Corte, con un tratto di penna, in poche righe ha detto che i parlamentari non decadranno, perché ormai la loro elezione è un “fatto compiuto”. È ancora una repubblica, questa, o è una repubblica delle banane?
Strana repubblica, comunque, in cui Berlusconi, dopo essere dato per finito e morto, viene resuscitato dal suo principale “avversario” politico, Matteo Renzi, pochi giorni dopo che il Segretario del Pd ha discusso con il Capo dello Stato della riforma elettorale e delle modifiche alla Costituzione. Ed ecco che si ricreano le “larghe intese”, che un accordo tra Renzi e Berlusconi, salutato ora come “padre della patria”, assicura nuova stabilità al Governo ed una nuova legge elettorale, l’Italicum, pensata esclusivamente per eliminare il M5S dal sistema politico. Ma non dalla vita reale del Paese. Perché c’è un’ altra Italia. L’Italia di cittadini attivisti di un movimento che per la prima volta nella storia universale votano in rete, ed i cui portavoce in Parlamento faranno valere quel voto sul reato di clandestinità, la Fini-Giovanardi e la nuova legge elettorale: sono i cittadini che decidono. Pochi, forse, ma che importa? Galileo era da solo quando sconvolse il sistema tolemaico. Mentre la prima Italia tenta di creare – attraverso una legge elettorale concordata, scambiata, trattata privatamente e al di fuori del Parlamento da Berlusconi e Renzi – un sistema politico finto, illusorio, un sistema politico bipolare in un Paese tripolare, il M5S aprirà a breve la discussione in rete e dall’intelligenza collettiva della rete nascerà la nuova legge elettorale. Il vecchio e il nuovo: un’ Italia divorata dal cancro dei partiti e la nuova Italia della rete e della democrazia. Tra le due non ci può essere compromesso: o vince l'una o vince l' altra.

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