L'altra elezione "europea"

di Mara Carro

In uno scenario di secessionismo delle regioni orientali dal governo centrale di Kiev, insediatosi all’indomani delle proteste di Euromaiden e della deposizione di Victor Yanukovic, di scontri tutt'ora in corso nelle regioni orientali del Paese, di timori circa l’ascesa di gruppi ultranazionalisti, di tensioni tra Mosca e Kiev, legate sia alle dispute energetiche che alle operazioni militari di Kiev nelle regioni orientali ucraine russofone, e di tensione a livello internazionale tra Mosca e il blocco occidentale NATO/USA/UE, il 25 maggio in Ucraina si svolgeranno le elezioni presidenziali.
Il voto non può ritenersi una soluzione alla crisi. Innanzitutto perché la votazione non avrà sicuramente luogo nelle regioni orientali del Paese che hanno già optato per l’indipendenza nei referendum dell’11 maggio e che non riconoscono la legittimità del governo di Kiev.
In secondo luogo perché le elezioni non incideranno sulla composizione del Parlamento ucraino, la Rada, dove le profonde divisioni tra i partiti di governo e all'opposizione stanno paralizzando la sua attività.
Gli attuali membri della Rada sono in carica dall'ottobre 2012, ben prima che l'ex presidente Viktor Yanukovich fosse deposto, e le prossime elezioni parlamentari non sono in programma fino al 2017. Il futuro presidente eletto sarà investito dell’autorità di sciogliere parlamento e indire nuove elezione che però rischiano di avere luogo in uno scenario maggiormente polarizzato.
Inoltre, la ragione più evidente per cui le prossime elezioni presidenziali potrebbero non modificare di molto l’attuale scenario ucraino è che tutti i candidati in corsa per le presidenziali, in particolare il probabile vincitore, hanno profondi legami con la corruzione endemica che ha definito l'amministrazione Yanukovich e disfatto le istituzioni statali ucraine. Dei 23 originari candidati iscritti, passati a 18 dopo cinque ritiri, il più accreditato per l’elezione è Petro Poroshenko, uno degli oligarchi più ricchi del Paese, candidato come indipendente sebbene sia stato il co-fondatore del “Partito delle Regioni” di Yanukovic, abbandonato nel 2002 per il partito "Nostra Ucraina" di Viktor Yushchenko. Sotto la presidenza Yushchenko ha servito come capo del Consiglio di Sicurezza e Difesa Nazionale, e poi come ministro degli Esteri nel governo Tymoshenko 2009-2010.
Nonostante le sue forti critiche a Yanukovych, Poroshenko ha accettato la sua offerta di ricoprire la carica di Ministro del commercio e dello sviluppo economico nel 2012.
Poroshenko non è attualmente affiliato con nessun movimento politico, Vitaly Klitschko, il campionato dei pesi massimi, ha ritirato la sua candidatura a favore dell’oligarca e Yulia Tymoshenko, ex eroina della Rivoluzione Arancione ed ex primo ministro, rilasciata dal carcere dove scontava una condanna per abuso di potere, è al momento la sua principale avversaria, sebbene molto indietro nei sondaggi.
Uno degli elementi centrali della campagna di Poroshenko è stata la promessa di portare l'Ucraina lungo il sentiero della modernizzazione, attuare riforme dolorose ma necessarie, guidare l'Ucraina verso la stabilità economica e, infine, combattere il grave problema della corruzione. Nonostante si presenti come europeista e sostenga la necessità di firmare l'Accordo di associazione con l’UE, Poroshenko ha esitato a prendere pienamente le distanze dal Cremlino, dichiarando apertamente che "senza dialogo con la Russia, sarà impossibile creare sicurezza”. La sua posizione è in parte dettata dai forti e personali interessi commerciali dal momento che il 40 per cento delle attività del “re del cioccolato”, come è stato ribattezzato Poroshenko, si svolgono in Russia.


Per un approfondimento sulla crisi in Ucraina vi invitiamo a consultare la nostra sezione "L'Analisi"

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