L'ultimo atto di una tragedia nazionale: il discorso di fine anno di Re Giorgio I


“La rielezione di Napolitano fu una tragedia nazionale, quella del suo successore una farsa”. A pochi minuti, ormai, dall'ultimo atto del peggior presidente della nostra storia repubblicana, Paolo Becchi sul Fatto Quotidiano scrive come quello che dirà nel suo ultimo discorso da Capo dello Stato sarà irrilevante. Di tutto quello che si era promesso nel secondo mandato – dalla legge elettorale alla riforma istituzionale – non ha ottenuto nulla e il suo unico vero risultato, sottolinea Becchi, è stato il Jobs Act, “il quale, non creerà alcun nuovo posto di lavoro, ma garantirà quella libertà di licenziare che l’Europa neoliberista da tempo ci chiede”.
Del resto, il sistema, in tilt per la candidatura di Rodotà, decise di sfidare la Costituzione e conferire a Re Giorgio un secondo mandato per una ragione precisa: bloccare l'aria di rinnovamento rappresentato da quel nuovo soggetto politico, il Movimento Cinque Stelle, in grado di rappresentare, con la sua rivoluzione di democrazia diretta, un ostacolo reale ai piani di quella partitocrazia, dominante da oltre vent'anni, e responsabile, con gli ultimi atti del Mes e Fiscal Compact, della totale distruzione del paese. Solo delle nuove Quirinarie sul modello delle precedenti del M5S potranno rendere vano questo secondo mandato di Napolitano e dimostrare come quell'aria di rinnovamento non è stata imprigionata. Il metodo Sciarra e la lenta trasformazione in forma-partito, abiurando ormai definitivamente alla democrazia diretta, ne sancirebbero, al contrario, il trionfo. Quello che il Movimento vorrà essere da grande, in ultima analisi, rappresenterà l'arbitro di questo secondo mandato di Re Giorgio I.
Perché, dunque, lasciare proprio adesso? Forse perché anche Napolitano è ormai “un po’ stanchino”? O forse perché il vero obiettivo implicito del suo secondo mandato è stato, in realtà, realizzato?
Napolitano è stato rieletto per bloccare quell’aria di rinnovamento che, dopo anni, si è respirata a pieni polmoni con l’elezione politica del febbraio 2013, portando prepotentemente sulla scena un nuovo soggetto politico: il M5S. Da allora è cominciato un lavoro di logoramento condotto anche in prima persona da Napolitano con continue esternazioni contro il M5S, che si sono attenuate con il tempo solo perché, nel frattempo, Renzi si è rivelato, da solo, sufficiente a mandare in crisi le strategie del movimento.
Il “lavoro sporco” di Re Giorgio sembra aver funzionato: Napolitano lascia nel momento in cui il M5S risulta oggettivamente indebolito, non solo dalla emorragia consistente dei suoi portavoce (26 parlamentari hanno lasciato il gruppo parlamentare o sono stati da esso espulsi), ma forse ancor più dalle ultime scelte politiche (dal voto di scambio con il Pd tra Zaccaria al CSM e la Sciarra alla Consulta, alla nomina di un “Direttorio” e di un Comitato di garanzia), le quali danno l’impressione che il Movimento stia sempre più assumendo la forma del partito politico, dopo averci fatto sognare una “democrazia senza partiti” di olivettiana memoria.
Napolitano lascia perché crede che il pericolo, che per lui rappresentava il M5S, sia ormai scongiurato.
Re Giorgio passerà alla storia per aver architettato un ‘colpo di Stato’ contro un governo democraticamente eletto nel 2011 e per essere riuscito, con la sua rielezione, a fermare il sogno di un cambiamento. Certo, la vera ‘svolta autoritaria’ non è ancora compiuta. Ma il Re può, ormai, lasciare che le cose si facciano anche senza di lui: ormai il più è stato fatto, non resta che ultimarlo. E, per questo, basterà Renzi. Sarà lui a dare le carte per l’ elezione del successore. Come andrà non sappiamo, ma una cosa è certa: la rielezione di Napolitano fu una tragedia nazionale, quella del suo successore una farsa.

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