La mossa di Trump mette sotto pressione anche Putin. Pur tra grandi difficoltà il leader russo è stato finora tra gli interlocutori privilegiati del premier isareliano Netanyahu. Mosca dovrà bilanciare i suoi interessi strategici ed economici nel mondo arabo-musulmano e la necessità di avere comunque Israele dalla sua parte: lo stato ebraico occupa in Siria le alture del Golan, può colpire in Libano gli Hezbollah e creare problemi agli iraniani, dopo avere innescato la reazione adirata di Erdogan, altro alleato della Russia.
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Ma la decisione avrà effetti concentrici in Europa e soprattutto nel quadrante dell'Asia centrale dal Pakistan all'Afghanistan dove gli Usa hanno ancora migliaia di uomini schierati a sostegno delle deboli forze armate di Kabul mentre diventeranno ancora più tesi i rapporti con il governo di Islamabad. Anche in Nordafrica e nel Sahel, dove gli americani sono presenti con le loro basi, ci potrebbe essere una reazione che darà spazio all'islamismo radicale mettendo in difficoltà regimi locali assai fragili e dipendenti per la loro sicurezza dagli Stati Uniti. Non è un caso forse che recentemente Netanyahu sia stato in Kenya per partecipare all'insediamento del contestato presidente Uhuru Kenyatta: Israele sta mettendo in sicurezza i suoi rapporti nel Corno d'Africa con Uganda, Kenya ed Eritrea. Dalle mura di Gerusalemme lo sguardo si alza lontano verso Est e Ovest: all'orizzonte c'è ancora la polvere degli Imperi e quella di potentati e dittature in disfacimento.
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