Gaza, la grande marcia non si ferma



di Patrizia Cecconi

Con poco clamore, posta in ombra dalle rivelazioni eclatanti e contraddittorie di questi giorni che hanno riguardato direttamente e indirettamente il Medio Oriente, anche oggi si svolge la grande marcia per il diritto al ritorno e contro l'assedio, lungo i confini blindati della Striscia di Gaza.

Anche oggi la marcia ha un tema, ovvero una dedica. Oggi la dedica è alla stampa militante e ai soccorritori sanitari che, in aperta violazione del diritto internazionale, Israele ha preso di mira ferendone o uccidendone un numero troppo alto per essere definito un errore.

Mentre scriviamo sono circa le 17 in Palestina e ora i manifestanti stanno riempiendo i border da nord a sud per manifestare per i loro diritti. Anche oggi, probabilmente, ci saranno feriti o morti e non saranno presi in grande considerazione a meno che non siano dalla parte israeliana.

Non è colpa dei giornalisti occidentali, è sempe per la prima regola della stampa che si ignora il fatto, cioè quella regola che dice che a far notizia è l'uomo che morde il cane e non il cane che morde l'uomo. Pertanto, le uccisioni e i ferimenti palestinesi non possono far notizia, sono quotidianità. Basta guardarne i numeri, più di 18mila feriti e 171 morti a fronte di un morto israeliano, è chiaro che non può far notizia qualche ferito o qualche morto in più se questi sono palestinesi!

Cinismo? no, considerazione realistica.

E' per questo che dobbiamo molto a internet che, rendendo possibile la stampa on line e l'uso dei social, ha tolto il monopolio dell'informazione ai giornali main stream.

Quindi anche oggi possiamo dire ciò che la grande stampa non ci risulta abbia detto e cioè che nei giorni scorsi, ad esempio, Israele faceva esercitazioni militari a sorpresa lungo il confine con evidente intento provocatorio. Il gioco è talmente chiaro ormai che lo conoscono perfino gli ingenui difensori in buona fede dello Stato Ebraico: Israele provoca per avere risposte ed ottenere la giustificazione mediatica alle sue incursioni con relative devastazioni. Stavolta però non c'è stata risposta e intanto è arrivato il venerdì, il giorno della grande marcia.

Il confine in questi momenti si sta animando, tra cecchini, jeep, lacrimogeni tossici e droni da una parte; fumo nero come cortina difensiva, aquiloni e palloncini incendiari dall'altra, oggi aleggia la presenza virtuale del grande padrino americano che ha detto a Israele "ora è il turno dei palestinesi, a te abbiamo già dato tanto e questo avrà un prezzo." Ci si chiede cosa abbia indotto il gran padrino a spostare le carte in tavola. Forse i seri problemi giudiziari a causa dei suoi collaboratori? Forse i colloqui sull'Iran in qualche modo hanno avuto il loro peso? E il rappresentante all'ONU per i diritti umani, David Crane che si dimette?

Tutto può intrecciarsi e tutto può rappresentare un soffio di vento capace di far saltare situazioni in equilibrio precario con riflessi sulla Palestina e su Gaza in particolare.

Anche i colloqui al Cairo aleggiano sulla grande marcia e con essi lo spettro della sempre presente separazione tra Ramallah e Gaza, che rallegra Israele e mantiene in stato di debolezza la Palestina tutta.
Intanto la Grande marcia prosegue insegnando che ci sono dei diritti irrinunciabili per cui battersi. Irrinunciabili anche quando si è in pochi a sostenerli e in attesa di una leadership capace di fare di una battaglia una strategia di lotta valida per l'intero popolo che da settant'anni aspetta giustizia. Più tardi forse conteremo le perdite umane, per ora sappiamo che non si va al border per morire ma che la morte si mette in conto per vivere liberi.

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