Da dove nasce il falso storico di "Auschwitz liberata dagli alleati"



di Francesco Fustaneo


Pochi giorni fa è stata la ricorrenza del settantacinquesimo anniversario della liberazione di Auschwitz, giornata universalmente riconosciuta come Giorno della Memoria, celebrata il 27 gennaio di ogni anno per commemorare le vittime dell'Olocausto.
Esattamente il 27 gennaio del 1945 i soldati russi della 60° Armata del "1º Fronte ucraino" guidati dal maresciallo Ivan Konev, arrivarono per primi presso la città polacca di Oswiecim (in tedesco Auschwitz), liberando il vicino campo di concentramento. Quanto da loro scoperto e le testimonianze attinte dai sopravvissuti, rivelarono al mondo finora ignaro, le nefandezze perpetrate dal nazifascismo e il genocidio mosso ai danni di ebrei, zingari, omosessuali e minoranze etniche, che non risparmiò nemmeno dissidenti politici e prigionieri di guerra.

L'apporto dell'Armata Rossa in quel frangente fu essenziale, come lo fu per capovolgere le sorti di un conflitto mondiale che prima della storica battaglia di Stalingrado aveva visto le armate del Führer, sconfiggere uno ad uno e con facilità disarmante gli eserciti dei paesi poi occupati.

Come ricorda Fabrizio Poggi in suo articolo scritto per Contropiano “esattamente un anno prima della liberazione di Auschwitz, il 27 gennaio 1944, l’Esercito Rosso era riuscito a rompere completamente l’assedio portato a Leningrado dalle truppe tedesche, italiane e finlandesi che, per 872 giorni, aveva causato tante vittime quante quelle di Amburgo, Dresda, Tokyo, Hiroshima e Nagasaki prese insieme: gli storici valutano tra 650.000 e 1,3 milioni di morti, il 90% dei quali per fame e freddo. Il 27 gennaio è dunque celebrato in Russia quale Giornata della gloria militare”.

Lo stesso Poggi in un altro suo articolo non manca di interrogarsi su “cosa significano i 26 milioni di cittadini sovietici caduti, civili e militari, a fronte del milione e mezzo di morti di Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna prese insieme? Cosa importa che dal 1941 al 1944, quando l'Armata Rossa riuscì infine a portare il fronte al di là del territorio sovietico, le oltre 230 divisioni – da Germania e paesi satelliti, Italia compresa – schierate sul fronte orientale avessero condotto una guerra di sterminio, volta ad annientare la popolazione civile, mentre a ovest 60 divisioni tedesche tenevano impegnati gli Alleati quel tanto che bastava per rimandare fino al 1944 l'apertura del secondo fronte?”.

Le domande all'apparenza retoriche che l'autore pone non sono invece affatto scontate e sottintendono l'obbligo morale di contrastare una mistificazione da tempo ormai in atto, una revisione della storia ormai palese, culminata con l'equiparazione tra comunismo e nazismo, avvallata con una risoluzione votata lo scorso 19 settembre dal Parlamento europeo fatta discendere dalla falsa retrodatazione storica dell'inizio del secondo conflitto mondiale come conseguenza immediata del famigerato trattato di non aggressione nazi-sovietico del 23 agosto 1939 (il c.d. patto Molotov-Ribbentrop).

L'Unione Sovietica è caduta e con essa il modello socialista che incarnava e le potenze capitalistiche, vincitrici sul piano economico e culturale stanno imponendo una nuova visione dei fatti distorta e rimaneggiata, avvallando la famosa espressione “la storia la scrivono i vincitori”.

Pertanto non dovrebbe stupire il fatto che finanche la rivista settimanale più letta in Germania, il Der Spiegel, in una sua pubblicazione, abbia recentemente affermato che siano stati gli statunitensi a liberare Auschwitz o che in Italia la televisione di Stato in un servizio andato in onda per il Tg2, l'8 dicembre scorso abbia fatto lo stesso.

Ancora non dovremmo sorprenderci se in occasione delle celebrazioni di quest'anno, come sempre lo stesso Poggi ricorda, “dalla Commissione Europea a Bernie Sanders si è evangelicamente parlato di forze alleate che liberarono il campo di Auschwitz-Birkenau” e di come “Donald Trump, mentre ufficializzava l’obbrobrio anti-palestinese, ha bofonchiato di “forze della libertà”.

Insomma il processo revisionista pare inarrestabile: a livello di immagine in Italia e nel mondo uno dei punti più bassi è stato raggiunto però con la proiezione de “La Vita è bella”, il film diretto e interpretato da Benigni che candidato all'Oscar vinse tre premi: come miglior film straniero, migliore attore protagonista (Benigni, appunto) e migliore colonna sonora.

Il film fece incetta di numerosi altri prestigiosi riconoscimenti: oltre agli oscar venne infatti presentato in concorso al 51° Festival di Cannes, dove vinse il Grand Prix Speciale della Giuria. Conquistò poi 9 David di Donatello, 5 Nastri di Argento, finanche un premio medaglia a Gerusalemme e la lista sarebbe ancora lunga, risultando in definitiva uno dei film italiani più visti di sempre.

Eppure proprio in questa sua opera Benigni compie la celebre “ mascalzonata” come ricorda il celebre regista Mario Monicelli “quando alla fine fa entrare ad Auschwitz un carro armato con la bandiera americana. Quel campo lo liberarono i Russi, ma... l'oscar si vince con la bandiera a stelle e strisce, cambiando la realtà”.

Nel film infatti il protagonista Guido Orefice, interpretato proprio da Benigni, è un italiano di origine ebraica che insieme al figlio e allo zio Eliseo viene catturato dai nazisti. Entrambi finiscono caricati su un treno e dalla Toscana vengono condotti in un campo di concentramento. L'epilogo è arcinoto, col finale in cui il bambino riesce a sopravvivere e ricongiungersi alla madre, preceduto dalla celebre scena del carro armato da cui fa capolino il soldato americano liberatore.
Io stesso a sedici anni quando in un'arena d'estate vidi il film, all'asciutto di conoscenze storiche e politiche sul tema, mi convinsi che a liberare il campo di concentramento che seppur nel film non era esplicitamente menzionato, ma che nell'immaginario collettivo passò come quello di Auschwitz, fossero stati gli statunitensi.

E qui veniamo alla conclusione che quello di Benigni è un falso storico volutamente commesso, che indubbiamente gli spianò la strada per gli oscar e per il successo internazionale.

Di questa affermazione siamo pienamente convinti, perché Benigni non poteva non sapere che quello di Auschwitz oltre a essere stato il campo di sterminio più grande, quello nel quale persero la vita oltre un milione e centomila persone, al contempo fu quello dove venne deportata la quasi totalità di ebrei italiani, come quello di fantasia, quel Guido che impersonava lo stesso Benigni nel suo film.
*Su un totale di 6806 ebrei italiani arrestati e deportati infatti, ben 6007 finirono proprio ad Auschwitz ( e di questi solo 363 sopravvissero) e se a fronte di 189 persone di cui si ignorano le sorti, solo 610 finirono negli altri lager sparsi per l'Europa (e in questi 170 morirono e 440 sopravvissero).

Se poi consideriamo che in questi altri lager delle 170 morti stimati tra gli ebrei italiani, ben 82 avvennero nel campo di Ravensbrück, ubicato a circa 90 km da Berlino, liberato anch'esso dalle forze sovietiche il 30 aprile del 1945, è chiaro che ogni difesa di Benigni appare vana quanto priva di senso.


Parafrasando lo storico Alessandro Berbero: è anche importante che quando si celebra la memoria o si sceglie quale memoria ricordare e si fanno le giornate della memoria si sappia sempre che si sta individuano un pezzetto del passato, su quello si fa la dichiarazione politica: “noi lo vogliamo ricordare stando dalla parte di chi aveva ragione” e quindi nel giorno della memoria, nel giorno della liberazione di Auschwitz lo ricordiamo stando dalla parte delle vittime e esecrando i colpevoli; sarebbe poi anche bene se diversamente da Roberto Benigni nel suo film ci ricordassimo che a liberare Auschwitz e le sue vittime sono stati i “malvagi comunisti sovietici” e non i “buoni americani”, ecco vedete come si sfuma tra la memoria vera, la memoria ricostruita; quanta gente ha visto il film e si ricorderà per sempre che Auschwitz è stata liberata dagli americani, no? Ecco, la storia è un'altra cosa!.


  • *I dati in questione che riguardano la deportazione degli ebrei dall'Italia sono consultabili sul sito della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica al link che si riporta di seguito:
http://www.cdec.it/home2.asp?idtesto=594.&fbclid=IwAR2-e-xuD6OGnNeqXsiByBvD8C2oVEhPmKTbBpJrjnpCYvovb8VgpCRiGkA#

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