Europarlamentare Joao Ferreira - Le "riforme strutturali" del Recovery Fund attaccheranno i diritti dei lavoratori e il Welfare


di João Ferreira, parlamentare europeo del Partito Comunista Portoghese

da http://www.pcp.pt

Traduzione di Marx21.it

Offriamo ai nostri lettori la traduzione di una parte significativa della dichiarazione, rilasciata da João Ferreira, sulle conclusioni del Consiglio Europeo



1. Oltre alle profonde fratture e contraddizioni che attraversano l'Unione Europea, la riunione del Consiglio Europeo ha messo in luce la natura stessa di un processo di integrazione che genera intrinsecamente disuguaglianze, divergenze e asimmetrie, in cui la concorrenza capitalista nel mercato unico prevale sulla prospettiva di solidarietà tra Stati, che in pratica si conferma inesistente.


Come anticipato e in precedenza e sottolineato dal PCP, la discussione in seno al Consiglio Europeo è stata totalmente condizionata e guidata dagli interessi dei principali beneficiari del processo di integrazione.


2. È importante tenere presente che la proposta presentata a questo Consiglio europeo dalla Commissione Europea, a sua volta modellata sulla proposta preparata da Germania e Francia, conteneva fin dall’inizio aspetti negativi per il Portogallo:


- la riduzione dei fondi del quadro finanziario pluriennale 2021-2027, fatto salvo il necessario rafforzamento dei mezzi finanziari per garantire un'efficace convergenza economica e sociale tra i diversi paesi;


- l'aumento del contributo nazionale al bilancio dell'UE, contestualmente all'apertura della porta a ulteriori tagli dei contributi dei paesi che beneficiano maggiormente dell'Unione Europea, con l’ulteriore compromissione di un'efficace funzione redistributiva del bilancio;


- Il cosiddetto Fondo di recupero, oltre ad essere insufficiente alla luce delle esigenze di investimento esistenti, rappresenta, sia nella sua componente di prestiti sia nella sua componente di "sovvenzioni", un anticipo dei fondi che verranno pagati in seguito, sia attraverso la resa del preso in prestito, sia con la riduzione dei futuri trasferimenti di bilancio, a partire dal 2028.


3. Le conclusioni del Consiglio Europeo, inizialmente guidate dalla Germania e dalla Francia e successivamente con l’accettazione della pressione e delle imposizioni da parte degli altri principali beneficiari del mercato unico e dell'euro, determinano condizioni ancora più sfavorevoli per il Portogallo.


Da un lato, viene confermato un taglio più significativo nel quadro finanziario pluriennale 2021-2027, con implicazioni il cui ambito deve ancora essere conosciuto in modo più dettagliato, ma che rappresentano già un taglio dei fondi per la coesione e l'agricoltura, ancora più grave in quanto questo quadro (e non il cosiddetto Fondo di emergenza) sarà un riferimento per il futuro.


Inoltre, mentre si prevede che il Portogallo aumenterà il proprio contributo al bilancio dell'UE, altri paesi - che sono tra i principali beneficiari dell'integrazione - vedranno garantito un aumento sostanziale dello sconto sui rispettivi contributi, di cui hanno già beneficiato. Questo è il caso di Paesi Bassi, Austria, Svezia e Danimarca, mentre la Germania manterrà lo sconto di cui già godeva, ancor più significativo nel contesto attuale.


D'altro canto, il cosiddetto Fondo di recupero è ridotto, in particolare nella sua componente "sovvenzioni", da 500 a 390 miliardi. Importi ancora più distanti da ciò che la realtà e le esigenze di investimento richiederebbero. Il peso della componente del prestito aumenterà, il che fornirà un incentivo all'indebitamento ancora maggiore degli Stati, particolarmente dannoso per paesi come il Portogallo, che già affrontano livelli più elevati di indebitamento.


Allo stesso tempo, vengono creati e aggravati meccanismi che comportano una maggiore interferenza dell'UE nell'attuazione delle opzioni di investimento e altre decisioni sovrane degli Stati membri. Si tratta di un'inaccettabile pressione aggiuntiva per collegare gli strumenti ora approvati - Fondo di bilancio e di recupero - all'imposizione delle prescrizioni neoliberiste dell'UE, che fanno parte dell'ambizioso approfondimento delle "riforme strutturali", di cui è un esempio l’attacco ai diritti dei lavoratori e ai sistemi di previdenza sociale pubblica.

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