Approvata la manovra dei tagli al lavoro pubblico

di Federico Giusti

A manovra approvata possiamo asserire che la legge di bilancio 2025 taglia gli stipendi del personale di scuola, università, ricerca e Afam, non li taglia direttamente ma incrementando dello 0,22% il salario accessorio (circa 5 euro mensili) e sommati agli stanziamenti accordati al rinnovo del contratto nazionale arriveremo al 6% in tre anni nei quali la inflazione ha superato il 17 per cento.

Fatti due conti se la cavano con 140 euro medi lordi, andiamo a perdere 2/3 dell’inflazione e in questo modo si presentano all'opinione pubblica come amici della scuola quando poi in realtà la mortificano a partire dagli stipendi del suo personale che proprio in rapporto a molti paesi europei sono inferiori del 20 per cento.

Il ragionamento non vale solo per scuola e ricerca ma in generale per tutta la pubblica amministrazione e soprattutto per sanità ed enti locali che presentano a loro volta stipendi veramente bassi.

La strategia del Governo Meloni era chiara da tempo ossia rinnovare i contratti a un terzo del costo della inflazione, se poi dovessimo aggiungere alle cifre stanziate anche la riduzione del cuneo fiscale non raggiungeremmo che la metà del costo della vita incrementato negli ultimi 36 mesi e ricordando che i tagli al cuneo sono sempre e solo a carico della fiscalità generale.

Urge poi ricordare che sempre nella scuola tra nuove assunzioni di docenti (1.866) e tagli (5.660) il saldo è decisamente negativo per non parlare dei tagli di oltre 2.200 posti all’organico Ata previsti per il 2026 e la riduzione del turn over al 75% che inizialmente doveva entrare in vigore dal 2025 e poi è stata rinviata all'anno successivo. Mancano poi stanziamenti adeguati ai docenti del sostegno e anche alle figure di assistenza specialistica per la disabilità per i quali gli Enti locali dovranno trovare propri fondi che per altro richiederebbero ben altre regole di bilancio e adeguati finanziamenti statali.

Nel frattempo, il prossimo anno le spese militari in Italia saliranno a 32 miliardi, 13 dei quali destinati a nuove armi, oltre a tutti gli spazi accordati alla ricerca duale che va a beneficio della guerra e delle imprese del settore.

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