Aumentano i pensionati che tornano al lavoro

di Federico Giusti

Quanti sono i pensionati che pur percependo un assegno previdenziale sono costretti ancora a lavorare?

Difficile quantificarne il numero, vista anche la estrema diffusione del lavoro nero, tuttavia non è sbagliato ritenere che il pensionato povero sia una figura diffusa e di conseguenza, le statistiche relative a infortuni e morti sul lavoro lo confermano, cresca il numero di settantenni ancora in attività.

E in un paese nel quale i nuovi nati stanno per essere inferiori ai morti diventa fin troppo facile agitare lo spettro della non tenuta del sistema previdenziale pubblico, vuoi per favorire la pensione integrativa o privata vuoi per contrarre l’assegno futuro costringendo a prolungare gli anni lavorati.

In ogni caso, con adeguata copertura infortunistica o no il numero dei pensionati che cercano lavoro risulta in aumento e in particolari tra agricoli e commercianti

Qualche spunto di riflessione viene offerto dal XXIV Rapporto annuale Inps per il quale circa l’8,5% dei pensionati dopo un anno risulta ancora attivo nel mondo del lavoro

La causa di questa situazione, con ripercussioni negative sulla occupazione giovanile, si spiega con poche e semplici considerazioni

  • Le aziende cercano personale già formato e non intendono perdere tempo e soldi per costruire ex novo dei processi di formazione
  • Il ricorso strutturale al lavoro nero è anche frutto dei pochi controlli, se preferiamo della volontà politica di apparire amici delle imprese evitando troppi controlli sulle stesse (anche per l’inadeguato numero di addetti alle ispezioni oggi in servizio)
  • Il numero di artigiani e partite iva in Italia è decisamente maggiore rispetto ad altri paesi europei, a entrare nel mercato del lavoro dopo la pensione sono soprattutto queste figure che nel corso degli anni hanno maturato magari pochi contributivi. Ad invogliare poi l’assunzione dei pensionati i generosi sgravi contributivi fino al 50 per cento per artigiani, commercianti e lavoratori agricoli che decidano, pur avendo maturato l’età e i requisiti per la pensione, di proseguire con il lavoro

Al netto di ogni ulteriore considerazione, la rinuncia alle pensioni non è un fenomeno sociologico rispondente a motivazioni identiche per tutti, chi ha una attività potrà anche decidere di restare nel mondo del lavoro, chi possiede una professionalità sa di poter essere chiamato per qualche prestazione, crescono tuttavia i pensionati poveri per i quali integrare il magro assegno previdenziale è diventata una necessità. Sono quindi ragioni economiche a ritardare la pensione, non certo il desiderio di misurarsi con nuove sfide, molti artigiani poi, nel clima di incertezza determinato dai dazi, prima di assumere forza lavoro ci pensano due volte

Pesano sulla decisione di restare al lavoro motivazioni prettamente economiche come l’assegno pensionistico basso, la necessità di onorare gli ultimi anni di mutuo senza particolari rinunce, sarebbe sufficiente quindi una pensione più alta per favorire le assunzioni dei giovani

Ma a questo punto del nostro ragionamento subentrano altre spiegazioni ad esempio la necessità di accrescere i contributi versati dalle imprese per restituire, pur nel calcolo secondo il modello contributivo, potere di acquisto alle magre pensioni, il ricorso ad attività temporanee che aggiungano reddito al bilancio familiare. Teniamo conto che rispetto a 30 anni fa si esce dal lavoro a un’età decisamente più elevata, se pensiamo agli anni settanta sono almeno 67 gli anni in più di permanenza in attività.

Ma chi sceglie davvero di continuare a lavorare? Quanti hanno una professionalità spendibile e non sono troppo avanti negli anni, magari lavorano un anno o due e poi si ritirano ma sono soprattutto i percettori di assegni previdenziali bassi a cercare qualunque tipo di occupazione anche se il loro fisico non consentirebbe certi sforzi.

Ricorrere tuttavia ai pensionati potrebbe diventare meno rischioso e decisamente conveniente qualora dovessero arrivare nuove regole e tutele e degli incentivi per ritardare l’età della pensione. Per evitare tutto ciò basterebbe avere delle regole chiare in materia di turn over e un sistema di calcolo dell’assegno previdenziale meno sfavorevole per la forza lavoro, in ogni caso se diminuiscono progressivamente gli importi delle pensioni la presenza di anziani nei luoghi di lavoro diventerà non la eccezione ma la regola.

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