Bolivia: Rodrigo Paz presta giuramento come nuovo presidente

08 Novembre 2025 18:44 La Redazione de l'AntiDiplomatico

Si insedia oggi alla presidenza della Bolivia Rodrigo Paz Pereira, che afferma di dover affrontare due grandi sfide nel suo mandato: risollevare un'economia in ginocchio e ridefinire la politica estera del paese andino, con una marcata apertura verso gli Stati Uniti dopo quasi vent'anni di tensioni con Washington.

Paz Pereira assume l'incarico in un momento particolarmente critico per l'economia boliviana. La crisi affonda le radici nel crollo della produzione di gas naturale, per anni pilastro dell'economia nazionale: dai 61 milioni di metri cubi giornalieri del 2014 si è passati a una media di appena 29 milioni nel 2025. Un tracollo che ha fatto precipitare anche le esportazioni di idrocarburi, passate dal picco di 6.113 milioni di dollari nel 2013 agli attuali 788,5 milioni registrati tra gennaio e agosto di quest'anno.

Dal 2023 gli effetti della crisi si sono fatti sentire duramente sulla popolazione: scarsità cronica di dollari, carenza di diesel e benzina, e un'inflazione che ha raggiunto il 18,33% nei primi nove mesi dell'anno, ben oltre il 7,5% previsto per l'intero 2025. Il risultato è un aumento vertiginoso dei prezzi dei beni di prima necessità che sta mettendo in ginocchio le famiglie boliviane.

Per affrontare l'emergenza, il presidente eletto ha già avviato colloqui con organismi multilaterali come la Banca Interamericana di Sviluppo (BID), il Fondo Monetario Internazionale e la CAF-Banca di Sviluppo dell'America Latina, con cui ha concluso un accordo finanziario da 3,1 miliardi di dollari. Risorse immediate che potrebbero però far lievitare ulteriormente il debito estero del paese e farlo ritornare in una spirale che ricorda da vicino i tempi quando in Bolivia vigeva il neoliberismo, prima dell'avvento del MAS di Evo Morales.


Sul fronte della politica estera, Paz ha già delineato una netta inversione di rotta. Durante un recente viaggio a Washington, l'incontro con il segretario di Stato Marco Rubio ha segnato, secondo il suo entourage, l'inizio di una "nuova era" nelle relazioni bilaterali tra Bolivia e Stati Uniti.

Il nuovo presidente ha inoltre chiarito che non intratterrà rapporti con quei paesi della regione che, secondo i parametri dell'egemonia nordamericana, "non hanno democrazia". Una posizione che ha portato all'esclusione dalla cerimonia di insediamento dei governi di Cuba, Nicaragua e Venezuela. Una scelta che ha provocato immediate conseguenze: la Bolivia è stata sospesa dall'Alleanza Bolivariana per i Popoli d'America (ALBA), organizzazione che aveva promosso nel paese programmi di aiuto economico e sociale di grande impatto.

Sul piano interno, Paz Pereira dovrà fare i conti con un Parlamento frammentato. Il suo Partito Democratico Cristiano (PDC), pur avendo la maggioranza relativa in entrambe le camere, non dispone della maggioranza assoluta né dei due terzi necessari per le riforme più importanti. Dovrà quindi cercare accordi con gli altri quattro partiti rappresentati in Parlamento, tra cui l'alleanza Libre dell'ex presidente Jorge Tuto Quiroga, suo avversario al ballottaggio.

Quiroga ha però già annunciato un'opposizione "costruttiva", offrendo la necessaria governabilità per garantire la stabilità parlamentare. Anche l'alleanza Unidad, guidata dall'imprenditore Samuel Doria Medina, ha già espresso il proprio sostegno al nuovo governo.

Alla cerimonia di insediamento partecipano i capi di Stato di Argentina (Javier Milei), Paraguay (Santiago Peña), Uruguay (Yamandú Orsi), Ecuador (Daniel Noboa) e Cile (Gabriel Boric).

Con la vittoria di Rodrigo Paz, la destra politica torna al potere in Bolivia dopo due decenni di governi progressisti del Movimento al Socialismo (MAS), guidati prima da Evo Morales (2006-2019) e poi da Luis Arce Catacora (2020-2025). Un risultato favorito in larga parte dalle divisioni interne della sinistra boliviana in vista delle elezioni.

Di fronte a questo nuovo scenario, i movimenti sociali e indigeni del paese si preparano a una nuova fase di resistenza, per difendere le conquiste sociali raggiunte negli ultimi vent'anni e la sovranità nazionale.

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