Chi è Denis Kapustin, il "partigiano russo“ che combatte per Kiev

06 Aprile 2024 12:00 Clara Statello


di Clara Statello per l'AntiDiplomatico

“Ai miei occhi l’Occidente con tutta la sua degenerazione, le storielle delle drag queen, le sfilate dei fr#ci, l’educazione sessuale, il femminismo e tutte queste schifezze è ancora un male minore rispetto alla Russia. Quindi la mia scelta è semplice”. Con queste parole fuori dalle righe e decisamente schiette, Denis Kapustin spiega su una chat di Telegram (non moderata) perché combatte a fianco di Kiev contro il suo Paese.

Conosciuto anche come Denis Nikitin o col nome di battaglia White Rex, Kapustin è uno dei capi delle milizie che la stampa italiana definisce come “partigiani russi”, forse il più noto, carismatico e controverso. Più che di partigiani, il Corpo Volontari Russi (RDK), composto da neonazisti ideologici in armi, è uno dei tanti brutti nei sulla maschera democratica che l’Ucraina post-Maidan indossa, per legittimarsi davanti all’opinione pubblica mondiale. Nei giorni scorsi Politico lo ha intervistato a Kiev, descrivendolo come “un cattivo che combatte contro i cattivi”, una specie di Clint Eastwood ne “Il buono, il brutto e il cattivo” dello spazio post-sovietico.

Per conoscere la sua opinione, in realtà, non è necessario rischiare la vita al fronte o recarsi in Ucraina, perché Kapustin, quando non è impegnato in scorribande contro i civili in Russia, è un leone da tastiera molto attivo sui social.

La fama non lo ha reso parco di parole: si rivolge ai suoi interlocutori con un linguaggio osceno, misogino, omofobo e sessista, li minaccia, umilia le sue vittime e si vanta liberamente dei crimini commessi contro la popolazione delle città russe al confine con l’Ucraina.

“Io sto bene. Come stanno invece i cittadini di Grayvoron? Come stanno i cittadini di Belgorod? Come stanno i cittadini di Kozinka? Ah, dimenticavo, a Kozinka non è rimasto un ca##o, ahahah”.

Così deride il villaggio di Kozinka, distrutto dai “partigiani russi”, intervenendo su Telegram con un video messaggio, proprio pochi giorni dopo l’incursione condotta contro la regione di Belgorod, con l’obiettivo di destabilizzare le elezioni presidenziali. Sullo stesso spazio, un canale che traccia i mercenari stranieri schierati con Kiev, minaccia poi di torturare i prigionieri russi per ogni insulto ricevuto:

“Sentite, stronzi, questa settimana, se avrò tempo andrò nel seminterrato con i prigionieri, e poi metterò qui dei videomessaggi ancora più belli per voi”, avverte lasciando intendere che avrebbe pubblicato i video con le torture. “Della salute dei prigionieri di guerra russi - aggiunge - si deciderà nella chat di anonimi suc####azzi, chi l'avrebbe mai detto”.

In realtà non sorprende che il capo di una milizia neonazista mostri questi modi abominevoli e arrivi a vantarsi di crimini di guerra, sorprende invece che un individuo del genere venga definito “partigiano” dai giornalisti italiani mainstream e che la stampa internazionale tenti di sbiancarne l’immagine.

Politico lo presenta come “uno degli attivisti neonazisti più influenti” in Europa. Per la testata statunitense il problema non è tanto questo o la violenza o i rapporti tra l’intelligence militare ucraina ed un pericoloso neonazista. Il problema è semmai che "questa è una manna dal cielo per i propagandisti russi, che stanno cercando di insabbiare la loro omicida invasione dell’Ucraina come tentativo di denazificare Kiev".

Nikitin ha un lungo curricumulum di teppismo e militanza neonazista. Emigrato con la madre in Germania a 17 anni, è stato espulso nel 2019 dalle autorità tedesche, che lo hanno messo al bando nell’intera area Schengen per “attività contro la costituzione liberale democratica”.

Naziskin e hooligan, il 40enne russo è stato uno dei protagonisti delle violenze di Marsiglia durante gli europei di calcio del 2016, ha contatti con suprematisti e neonazisti europei e statunitensi. Era attivo nel mondo dell’MMA, ha organizzato tornei con gruppi collegati con l’estrema destra, inclusa l’italiana Casa Pound. Oltre che con incontri sportivi e concerti, ha promosso l’ideologia e le reti neonaziste anche con “White rex” il suo brand di moda che fa riferimento al simbolismo hitleriano.

Abbandonato lo sport e il teppismo da strada, adesso Kapustin fa sul serio. Al giornalista che lo ha intervistato a Kiev dice che ormai ha un reggimento al suo comando ed il suo obiettivo è marciare su Mosca.

“Nella Federazione Russa mi odiano, questo è certo. Nella Federazione Russa sono un terrorista. In Germania mi considerano una “minaccia per il sistema democratico”, quindi hanno un po’ paura, ma queste sono le autorità ufficiali. E, come sappiamo, le autorità ufficiali della Repubblica Federale Tedesca tradiscono il loro stesso popolo, poiché riempiono il paese di stranieri, quindi la loro opinione non conta. La mia patria è Mosca, Russia”, scrive convintamente su Telegram a chi lo accusa di essere un traditore.

Si considera un nazionalista e ritiene che i veri traditori siano tutti gli altri russi. Ritiene Putin il male assoluto e sostiene di combattere per il suo Paese, mentre le sue milizie sparano contro i civili e distruggono interi villaggi di Belgorod e Briansk, in blitz probabilmente coordinati con il GUR. E’ consapevole di vivere “con un bersaglio in testa da molto tempo” e di non poter più tornare indietro, ma ama la guerra:

“Per quanto possa sembrare strano, sto vivendo il periodo più bello della mia vita dall'inizio della guerra, perché posso costruire ciò che ho sempre sognato e fare ciò che ho sempre sognato di fare. La guerra è un incredibile ascensore sociale. L'Ucraina non è l'Europa o la Russia, è il Messico del nord: c'è una legge, ma il diritto della forza è più importante. Non guardo al futuro come te, forse alla fine mi abbandoneranno, chi lo sa. Tutte le scommesse sono aperte”, risponde Kapustin su Telegram, senza il filtro di giornalisti schierati apertamente con Kiev e con la NATO.

Chi nei suoi articoli lo definisce partigiano e paragona la sua milizia alla resistenza italiana non conosce bene la storia e non ha ben chiara la natura dell’antifascismo.

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