Difendere l'indifendibile (I partiti e le elezioni)

Sono mesi di elezioni questi, nonostante una affluenza ed un 'affezione negativi, i politici di professione, avulsi dalla realtà, continuano i loro sproloqui.Parafrasando un famoso testo dei CCCP potremmo dire: "Un'elezione, un'elezione triste, per un voto molesto, per un voto modesto...".

Eccoci immersi nei tour elettorali per una competizione alle porte, che vede protagonisti i soliti sfidanti con un uso massiccio di slogan e promesse roboanti.

E' la volta delle elezioni regionali per cinque di esse, poi ci saranno quelle più importanti europee.

In mezzo a questioni politiche ed economiche di portata globale il presente dei partiti è quello di chi vuole consolidare le posizioni. Mai come negli ultimi anni emerge una tendenza da parte degli amministratori ( a livello centrale e periferico) ad accentrare ancora di più le prerogative nei confronti dei sottoposti, forse come sorta di rivalsa verso i veri decisori, che a loro sovraordinati dettano le linee da seguire.

In Italia la contesa vede gli stessi partiti da trenta anni (i Cinque Stelle dalla metà del tempo): tutti hanno governato (le coalizioni, i governi PD-PDL a sostegno di Monti e Draghi); e tutti hanno più o meno fatto danni.Dalla cd. Seconda Repubblica in poi il Paese si ritrova impoverito, ridimensionato nei servizi che dovrebbe offrire ai cittadini e profondamente diviso.Le differenze sociali e geografiche sono aumentate.Uno Stato invecchiato e con un alto tasso di denatalità, in cui l'unico dato sicuro è la precarietà esistenziale.

Volendo fare una breve analisi sugli schieramenti, abbiamo da un lato un centrosinistra, trainato da un partito erede di una tradizione di sinistra (PCI-PDS-DS), che ha privilegiato le spinte conservatrici e determinate posizioni (degli apparati ecclesiastici, dei settori militari e della rendita) a discapito di quelle sociali.La trasformazione è anche conseguenziale alle pessime riforme dei primi anni '90 riguardanti il sistema elettorale (maggioritario), la pseudogovernabilità (due grandi poli aggregativi delle diverse anime), ma che nei fatti hanno visto la traduzione del bipartitismo in politiche del tutto similari, in nome della sudditanza al neoliberismo.

Venuta meno l'alternativa (programmatica, di proposte) è rimasta solamente l'alternanza di governo tra forze sistemiche e speculari.Dall'alto lato c'è la storia emblematica del centrodestra, specchio dell'arretramento culturale e civile del Paese.Oltre a portare avanti gli interessi della classe agiata e dominante hanno sdoganato un malcostume diventato prassi (condoni fiscali, detassazione dei grandi capitali, amicizie pericolose con ambienti criminali).

Berlusconi è stato l'apice di questa involuzione democratica, grazie a lui sono passate non solo le furberie e lo svilimento istituzionale, ma cosa ancor più grave partiti reazionari ed intolleranti (la Lega ed AN-Fratelli d'Italia) sono diventati classe dirigente.Una certa illegalità, chiamata eufemisticamente pace fiscale è stata formalmente accettata.Ogni qualvolta la giustizia ha cercato di fare il suo corso è stata tirata in ballo la politicizzazione della Magistratura (dalle tante ed innumerevoli vicende riguardanti il leader forzitaliota alle recenti che chiamano in causa l'avidità della Santanchè, o ancora Salvini o Delmastro).Lo stesso dicasi per gli esponenti politici avversari.

Ed è proprio sul terreno della giustizia che il centosinistra paga la sua inconsistenza.

Incapace di proporre contenuti diversi tanto nella politica interna, quanto in quella estera, appellandosi al potere salvifico della Magistratura, a cui si è rimessa, sposando acriticamente la lotta per la legalità, a volte sinonimo di criminalizzazione del dissenso, esso ha esaltato oltremisura personaggi (Di Pietro,Grasso,Ingroia, De Magistris ecc.) più idonei ad occuparsi d'altro.In assenza di una egemonia culturale di gramsciana memoria, appiattitasi sul presente alienato, la mancanza di intellettuali di riferimento è stata sopperita da comici e giornalisti.

Cosi Travaglio è diventato l'eroe dei 5 Stelle, il movimento-partito "dell'onestà", che ha sacrificato la rappresentanza dei cittadini con il taglio del numero dei parlamentari.Gli stessi 5 Stelle muovono i primi passi in mezzo ad una gestione settaria (il guru Grillo) ed aziendalistica (Casaleggio Associati), combinando in uno strano mix pressapochista istanze di sinistra (la democrazia diretta ed il reddito di cittadinanza) e sovraniste (gli anti euro e i viaggi della disperazione chiamati taxi del mare).Ora, la loro versione matura li vede passare da una posizione post-ideologica alla scelta del campo progressista, sebbene abbiano praticamente governato con tutti (dalla Lega al partito dii Bibbiano).E' anche vero, che nel vuoto lasciato dalla sinistra rappresentativa, avendo canalizzato il malessere esistenziale, sono riusciti a portare alla ribalta questioni sociali da troppo tempo abbandonate.

Poi ci sono stati i tanti moderati transfughi, da Dini a Mastella, passando per il sempreverde Casini, fino a Cesa, Renzi, Calenda, Lupi ed i vari epigoni.Sono questi i classici democristiani tardivi, autoillusisi di fungere da ago della bilancia, ma in realtà con un 2-3% di consensi, che quanto non ricattatori ( a proposito di garantire la governabilità), stanno li a dimostrare la volontà di esserci ad ogni costo.

Spuntano poi come i funghi le liste civiche, un modo per riciclare vecchi professionisti della politica, magari predentemente trombati, appartenenti ad entrambi gli schieramenti, la cui esclusiva è quella di portare voti ai governi regionali e nazionali a discapito del civismo stesso.

Insomma, un quadro desolante dove contano appunto solo i voti sicuri.C'è una questione di opportunità politica, prima che giuridica, riguardante scelte e candidature, quella una volta famosa come questione morale.Eppure le vicende sono li a dimostrare come chi scende in politica abbia a cuore solo il potere.Cosi tra i tanti, abbiamo ad esempio un ex magistrato come Emiliano, che non si discosta dagli altri nel suo operare, prendendosela con gli ultimi, e facendo del disagio sociale, al pari dei governatori leghisti, una trattazione in termini di sicurezza (le sue ordinanze che vietavano di giocare a pallone per strada o di consumare cibo e bevande all'aperto), invece di dare risposte solidaristiche, e che al contempo è invischiato in situazioni poco trasparenti. Questi amministratori mettono il decoro delle élite al centro dei loro programmi, volendo fare delle città delle vetrine ad uso e consumo delle migliori tasche, sottraendo spazi per gli incontri e le relazioni e relegando i "disturbatori" tramite i DASPO fuori dagli spazi comuni.

All'orizzonte non si vedono politici con idee diverse, ma nemmeno competenti e ligi al dovere.

C'è infine il problema delle alleanze internazionali.Nessuno mette in discussione l'appartenenza alla Nato (il PD è l'erede della DC come referente privilegiato) o le politiche austeritarie di questa UE.

E quindi continueranno i colonialismi e le guerre, i sacrifici ed i tagli per le masse.

L'unica forza che si richiama alla sinistra in Parlamento, in linea di principio si discosta dalle altre, nei fatti pare più preoccupata a salvaguardare la sua sopravvivenza (anch'essa ruota intorno ad un 3%), tessendo alleanze con quel centrosinistra la cui storia parla di tagli alla spesa pubblica, precarizzazione del lavoro e politiche imperialsitiche.

Diventa quindi impossibile difendere gli appartenenti a questa casta, e la stessa scelta del male minore, del turarsi il naso, viene smentita da quanto detto fino ad ora.

Esistevano una volta i partiti che avevano una identità, raccoglitori delle istanze sociali, che pur in mezzo a mille contraddizioni, e nel quadro di un controbilanciamento di interessi all'interno della competizione dello Stato borghese almeno facevano della loro vocazione la vera ragion d'essere.

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