di Maria Morigi - Marx 21
La Repubblica Turca comprende due territori geograficamente non appartenenti alla penisola anatolica: la Tracia orientale (o ‘Turchia europea’) e l’Hatay, una striscia che costeggia il Mediterraneo verso sud incuneandosi nel Medio Oriente arabo e confina su due lati con la Siria, non distando più di 150 km. dai confini nord del Libano. Nell’ Hatay ci sono due città celebri: Antakya / Antiochia, capitale dell’antico regno ellenistico di Siria e sede del patriarcato cristiano, e Iskenderun / Alessandretta, importante centro portuale fondato da Alessandro Magno (Iskender è il nome in turco di Alessandro).
Kemal Atatürk coniò il nome Hatay per la regione che è da sempre ritenuta strategicamente importante. La Repubblica di Hatay (in turco Hatay Devleti) fu infatti un’entità politica transitoria durata circa 9 mesi, dal 7 settembre 1938 al 29 giugno 1939 nel sangiaccato di Alessandretta (che nell’Impero ottomano era parte del vilayet di Aleppo), occupata dalla Francia, quando il ‘Mandato’ su Siria e Libano fu affidato alla Francia dopo la prima guerra mondiale.
De iure, la Repubblica di Hatay fu trasformata nella Provincia di Hatay il 23 luglio 1939, dopo un periodo di polemiche interne ed internazionali, quando fu assegnata alla Turchia di Atatürk.
La zona è attraversata dal fiume Oronte che, per gran parte siriano, nasce nella valle della Bekaa in Libano, per alcune centinai di chilometri si dirige in direzione nord, ma giunto all’altezza di Antiochia compie un’inversione a 180 gradi, attraversa la città puntando a sud e prosegue sulla piana alluvionale dell’Hatay che esso stesso ha formato nei millenni, infine si riversa nel mare toccando di nuovo i confini della Siria moderna.
A nord c’è l’ imponente catena montuosa dei Monti Nur (turco: Nur Da?lar? o “Montagne della luce sacra”), anticamente detti monti Amanos, che comprende le ‘Porte della Siria’, passo conosciuto come Pylae Syriae già dagli antichi greci e romani. La catena corre parallela al golfo di Alessandretta e divide la regione costiera della Cilicia dall’entroterra della Siria. Superato il passo, chi proviene dal Mediterrano si affaccia sulla piana dell’Oronte, e, pur rimanendo nell’odierno territorio turco, si trova già nella Siria classica.
Dal punto di vista etnico, culturale e religioso, la regione dell’Hatay è composita, poiché vi convivono diverse minoranze libere di seguire le proprie tradizioni. Al tempo dell’unificazione con la Turchia nelle città e nelle campagne vivevano arabi sunniti e cristiani (18% al censimento del 1936) armeni (11% al censimento del 1936), greci, siriani, ortodossi, cattolici, protestanti, maroniti, caldei, israeliti e ‘latini’. Nel 1936 furono censiti anche 8.800 adighè (circassi), ebrei e curdi, che rappresentavano il 4% dei 220mila abitanti. Sia nella vecchia Antakya, che nella moderna Iskenderun si trovano luoghi di culto delle varie fedi, praticati e conservati dalle comunità. In realtà nell’Hatay ha sempre dominato un clima di grande apertura e tolleranza, sia nei rapporti tra le comunità locali, sia verso gli occidentali o gli stranieri.
Un’altra caratteristica dell’Hatay è la cospicua presenza degli Aleviti (al censimento del 1936 il 28% dei 220mila abitanti) cioè di una “minoranza” religiosa comprendente almeno 15 milioni di individui in tutta la Turchia. Storicamente, la loro regione geografica entro i confini ottomani è il Dersim, confinante con il Ponto e il Lazistan a nord, a sud con il Kurdistan, a est con l’Armenia.
L’Alevismo è una setta unica nell’ambito dell’ Islam sciita duodecimano, dal momento che accettano il credo riguardo ?Al? (Quarto Califfo) e i Dodici Imam, ma non vogliono essere descritti come sciiti ortodossi, a causa di differenze di tradizioni e rituali rispetto allo sciismo prevalente in Iraq e Iran. Nonostante ciò, l’Ayatollah Khomeini nel 1970 dichiarò gli Aleviti parte della linea tradizionale sciita. Il Dede è la figura spirituale al centro della comunità alevita cui spetta il compito di insegnare gli obblighi della pratica religiosa. Non praticano il pellegrinaggio alla Mecca e non hanno moschee, bensì una Cemevi(casa assembleare) dove la comunità si ritrova per le preghiere e la cerimonia chiamata Cem, con influenze del misticismo Sufi e ispirata al viaggio notturno del profeta Maometto, all’adunanza dei 40 santi e alla manifestazione della Realtà Divina ad ?Al?.
Il maggiore tempio alevita è lo Ziyaret, edificio circolare a cupola che sorge a Samanda?, non lontano dalla foce dell’Oronte, detto “la roccia di Mosè e H?z?r” dove i fedeli Aleviti praticano la deambulazione per rappresentare il percorso spirituale detto Yol, “strada” che passa attraverso quattro “porte”: legge religiosa (Sheriat), fratellanza spirituale (Tarikat), conoscenza spirituale (Marifat), e Realtà o Verità (Hakikat).
Nel 1935 le speranze degli Aleviti di aver riconosciuti i loro diritti di minoranza in uno Stato laico furono tradite da Atatürk che li definì “un ascesso che va distrutto”. Nonostante questo, gli Aleviti turchi mantengono ancora oggi un’incrollabile fiducia nel kemalismo, convinti che Atatürk intendesse porre fine alla loro discriminazione, mentre gli Aleviti kurdi guardavano la sua ascesa con sospetto.
Durante gli anni ‘60, molti Aleviti si avvicinarono alla sinistra dissidente e oggi politicamente sono contrapposti sia al fondamentalismo sunnita che al salafismo, assicurando la continuazione del secolarismo turco kemalista e cercano l’alleanza dei Sunniti moderati. In sostanza gli Aleviti, che si considerano depositari della vera tradizione religiosa turca e anatolica, condannano il nazionalismo sunnita come intollerante, reazionario, bigotto, fanatico e antidemocratico. Richiedono che lo Stato riconosca l’Alevismo come comunità ufficiale islamica, con gli stessi diritti del Sunnismo. Il partito AKP del presidente Erdogan, considerandoli nemici dello Stato alla pari dei Kurdi, fomenta il conflitto tra Aleviti e Sunniti.
Tuttavia la regione dell’Hatay, grazie al suo ruolo storico di crocevia di scambi e alla mescolanza etnico religiosa, non ha mai conosciuto guerre civili o forme di intolleranza, al contrario del vicino Libano, dove è presente un mosaico etnico-religioso per certi versi simile. Anzi, gli abitanti dell’Hatay sembrano orgogliosi di questo ‘complicato’ ma pacifico carattere della loro regione.
Dopo che la recente politica di Erdogan ha fatta piazza pulita di tanti centri storici di case in legno che, a dirla tutta, avrebbero resistito molto meglio al terremoto, il problema è adesso di capire quali criteri antisismici ha seguito Ankara nei fiorenti appalti edilizi dei nuovi quartieri miseramente crollati. E se i criteri politici di Ankara degli appalti (per corruzione e raccomandazione) sono chiarissimi, poco consola che già 50 imprenditori dell’edilizia siano indagati e facciano da capri espiatori alle carenze dello Stato.
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