Honduras, il golpe secondo copione: numeri sospesi nel caos pianificato

01 Dicembre 2025 16:02 La Redazione de l'AntiDiplomatico

La profezia si è autoavverata, e lo ha fatto con numeri che sembrano studiati per generare il massimo conflitto. L’Honduras è precipitato nella precisa crisi post-elettorale delineata dagli audio filtrati, una crisi fabbricata attorno a risultati provvisori così risicati da essere esplosivi. Mentre il conteggio ufficiale procede a singhiozzi, i dati diffusi dal Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) dipingono un quadro di una tensione calcolata: il candidato del Partido Nacional, Nasry "Tito" Asfura, mantiene un microscopico vantaggio di 4.176 voti sul suo rivale Salvador Nasralla del Partito Liberal.

Con solo il 55,87% delle schede scrutinato dopo oltre 24 ore dalla chiusura dei seggi, Asfura raccoglie 735.703 suffragi, pari al 40% del totale provvisorio. Nasralla lo incalza da vicino con 731.527 voti, che rappresentano il 39,78%. Una differenza dello 0,22% che trasforma ogni nuovo pacchetto di verbali in una potenziale bomba, in un sistema che assegna la presidenza in un unico turno. Questo stallo numerico, perfetto per alimentare la contestazione, relega in terza posizione la candidata del partito al governo, Rixi Moncada del Partido Libre, ferma al 19,23%, un dato che la esclude dalla contesa ma non dal suo ruolo cruciale di denuncia.

È qui che il copione rivelato dalle intercettazioni prende vita. Gli audio svelavano la strategia: creare una situazione di incertezza e sfiducia tale da giustificare il non riconoscimento degli esiti. I numeri attuali - l’esiguità del distacco, la lentezza sospetta dello spoglio, la doppia proclamazione di vittoria dei due rivali - sono la materializzazione di quella strategia. Nasralla ha immediatamente denunciato una manipolazione del CNE a favore di Asfura, esortando i suoi sostenitori a presidiare i seggi “fino all’ultimo”. Moncada, a sua volta, ha rilanciato l’allarme sul “piano di sabotaggio” e sul presunto hackeraggio del sistema di trasmissione TREP, invitando a resistere fino al conteggio del 100% delle schede. La scena è esattamente quella del “caos controllato” necessario per delegittimare il voto.

In questo scenario perfettamente predisposto, l’intervento esterno è arrivato come la firma sul progetto. L’ex presidente statunitense Donald Trump, nelle ore critiche pre-voto, ha alterato la campagna con un ultimatum esplicito: il suo sostegno e gli aiuti economici solo in caso di vittoria di Asfura. Ha simultaneamente promesso la grazia per l’ex presidente honduregno condannato per narcotraffico, Juan Orlando Hernández. Questo doppio atto non è stata una semplice ingerenza, ma il segnale di una regia più ampia, che allinea gli interessi della destra locale a quelli di Washington, trasformando le elezioni in un test di obbedienza geopolitica.

I primi bollettini parziali del CNE, che già mostravano Asfura in vantaggio con il 34,25% delle schede scrutinato, sono stati bollati da Libre come il frutto della “guerra psicologica” denunciata. La situazione rispecchia in modo inquietante la trama delineata negli audio: un risultato non definitivo e contestabile, usato per proclamare una vittoria parziale, mentre si gettano le basi per la mobilitazione della piazza e si invoca l’intervento di “settori delle Forze Armate allineati”.

I numeri, quindi, non raccontano solo una competizione elettorale. Raccontano la precisione chirurgica di un’operazione di destabilizzazione. Ogni decimale di percentuale, ogni voto di distacco, ogni ora di ritardo nello spoglio non sono casuali: sono gli strumenti per creare la nebulosa di illegittimità in cui può attecchire la soluzione finale del piano: dichiarare fallito il processo e costringere il paese a ripeterlo in un clima di ancor maggiore ingovernabilità. La volontà popolare dell'Honduras è ostaggio di un copione scritto altrove, e i dati provvisori ne sono il primo, allarmante capitolo.

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