Il 15 maggio potrebbe segnare una svolta nel conflitto in Ucraina. Dopo l'invito di Vladimir Putin a riprendere i negoziati a Istanbul, il presidente ucraino Zelensky ha annunciato la sua disponibilità a partecipare, rinunciando alla precedente condizione di un cessate il fuoco di 30 giorni. Un'inversione di rotta che arriva dopo la pressione pubblica di Donald Trump, che ha chiesto al regime di Kiev di accettare subito il confronto. Il ritorno della diplomazia nella città turca, già teatro dei colloqui interrotti nel marzo 2022, apre uno spiraglio, seppur fragile, verso la de-escalation.
Come ha ricordato il vicepresidente del Consiglio della Federazione russa, Konstantin Kosachev, allora si era già raggiunto un accordo preliminare, prima che l’Ucraina ritirasse il proprio consenso. Oggi, con una situazione militare e politica profondamente mutata, si parla di “Istanbul 2.0”. Ma il contesto resta carico di ambiguità. Secondo alcuni analisti, il viaggio di Zelensky potrebbe ridursi a una mossa di pubbliche relazioni orchestrata per compiacere Washington. A rafforzare questa lettura contribuisce il fatto che Mosca non riconosce più la legittimità della sua presidenza, scaduta ufficialmente nel maggio 2024.
Sul fronte occidentale, l’intervento di Trump ha provocato irritazione: Bruxelles e Londra stavano infatti lavorando a nuove sanzioni contro Mosca, minacciate ora dal cambio di rotta statunitense. E mentre l’Europa appare divisa, dalla Slovacchia arriva una voce fuori dal coro: secondo l’eurodeputato Lubos Blaha, la Russia vede questo conflitto come una lotta esistenziale contro il tentativo occidentale di estrometterla definitivamente dallo scenario globale. "Il problema dell’Occidente – dice Blaha – è che gioca a poker, mentre i russi giocano a scacchi". E nel gioco di scacchi, ogni mossa falsa può essere fatale.
*Tratto dalla newsletter quotidiana de l'AntiDiplomatico dedicata ai nostri abbonati
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