La (cinica) ferocia degli atlantisti più fanatici


di Paolo Desogus*

Negli ultimi giorni, in corrispondenza con gli accordi di tregua e il ripristino degli aiuti umanitari a Gaza, abbiamo assistito a una serie di uscite, da parte di esponenti del governo e del giornalismo italiano, caratterizzate da una ferocia e da un cinismo che certamente covava nella brace ideologica dei gruppi atlantisti più fanatici, ma che ora sta emergendo senza timori, senza nemmeno quella prudenza di linguaggio che dovrebbe conservare qualsiasi esponente pubblico.

È curioso che le affermazioni più estremistiche provengano da figure sedicenti moderate, in qualche caso legate al mondo cattolico o addirittura originariamente provenienti dalla sinistra, come nel caso di Velardi e di Galli della Loggia. Insieme alla ministra Roccella questi due esponenti dell’ultra atlantismo italico si sono infatti espressi con parole sguaiate e meschine verso quella parte di paese che si è schierata contro Israele e contro il genocidio a Gaza.

Curiose sono le argomentazioni, esplicitamente demagogiche. Galli della Loggia ad esempio sostiene di aver trovato la giustificazione dei massacri nelle manifestazioni italiane di protesta. Quale sia il legame logico, soprattutto per uno storico, non si sa. Non diverso è l’atteggiamento di Velardi: “abbiamo perso la battaglia delle parole - dice - ma abbiamo vinto la guerra”. Anche la Roccella con il suo scivolone sulle gite ad Auschwitz sì è messa sulla stessa lunghezza d’onda - che poi è in fondo la stessa su cui sono sintonizzati gli estremisti di varia provenienza che hanno preso come bersaglio Francesca Albanese.

Perché questa acrimonia? Perché questa violenza? Di sicuro si tratta di una forma di rilascio della tensione accumulata dopo le grandi proteste internazionali suscitate dalle immagini di Gaza e dalla terribile violenza israeliana. Gli accordi hanno ora sdoganato o dato l’impressione di una nuova, ennesima riabilitazione dello stato ebraico e chi pretende qualche premio - attraverso le sue varie lobby e fondazioni sparse nel mondo - per la fedeltà al governo terrorista di Netanyahu si sta facendo avanti senza scrupoli con posture degne di Ben Gvir o Smotrich.

C’è però un fatto interessante. Gli attacchi sono quasi tutti rivolti verso l’opposizione interna. Le mobilitazioni hanno infatti superato anche le aspettative di molti organizzatori, e questo non solo per i numeri ma per la capacità di condizionare le scelte politiche dei governi. Checché ne pensi Velardi la tregua è una sconfitta, seppure parziale, del governo di Netanyahu che si è trovato in una situazione che ha costretto Trump a intervenire e che è caratterizzata da tre fattori: il discredito internazionale di Israele, l’attacco in Qater, paese ricchissimo e cliente degli USA, e per l’appunto le mobilitazioni internazionali che hanno messo in pericolo l’omertosa accettazione del genocidio da parte dei governi europei succubi della NATO. Trump non poteva permettersi l’allargamento del conflitto nei paesi arabi e soprattutto non poteva rischiare che le tensioni sociali europee, per il momento animate da un sentimento ancora solo morale e di indignazione, si potessero consolidare e assumere una consistenza politica di più netta opposizione agli USA. Non può ora che ha imposto i dazi, che rischiano di alimentare ulteriormente il risentimento antiamericano. E non può anche perché i governi europei si apprestano a versare nelle casse americane quel fiume di denaro necessario per comprare le armi per l’Ucraina.

Trump dunque deve tenere a bada le opposizioni nei paesi europei.

L’Italia in particolare ha dato prova di una capacità di protesta estremamente estesa. Gli italiani non se lo ricordano più, ma nella memoria politica internazionale il nostro paese resta quello che in passato ha mostraro una forza di mobilitazione tra le maggiori d’Europa. La ripoliticizzazione dell’Italia, l’uscita dalle secche del moralismo e della riduzione della politica a estetica gestuale, tipica dei gruppuscoli italiani, è quanto i cani da guardia del potere atlantista devono ora contrastare con ogni mezzo ed argomento. Non credo si spieghi altrimenti l’ondata di veleno e violenza - per ora solo verbale - contro il movimento per la liberazione della Palestina italiano e internazionale.

*Post Facebook del 16 ottobre 2025

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