Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha annunciato di voler coordinare una risposta congiunta con i leader dei BRICS, a partire da Cina e India, per contrastare le nuove tariffe del 50% imposte dagli Stati Uniti sulle importazioni di prodotti brasiliani. La decisione, riportata da Reuters, segna un ulteriore deterioramento delle relazioni tra Washington e Brasilia, già tese dopo le dichiarazioni di Donald Trump a sostegno dell’ex presidente neoliberista Jair Bolsonaro.
Lula ha escluso un dialogo diretto con Trump, definendolo inopportuno e potenzialmente "umiliante" in questa fase. "Se la mia intuizione mi dicesse che Trump è pronto a parlare, non esiterei a chiamarlo. Ma oggi non è così", ha affermato. Pur evitando ritorsioni immediate, il governo brasiliano sta valutando contromisure interne per mitigare l’impatto economico, mantenendo al contempo la disciplina fiscale. Intanto, Brasilia ha avviato una procedura presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), accusando gli USA di violare gli accordi internazionali sul trattamento di nazione più favorita.
La posta in gioco: il ruolo del dollaro e la strategia dei BRICS
Dietro lo scontro commerciale si intravede una partita più ampia: la proposta, avanzata da Lula durante l’ultimo vertice BRICS a Rio de Janeiro, di creare un’alternativa al dollaro negli scambi internazionali. Sebbene Washington non l’abbia citata ufficialmente tra le motivazioni delle tariffe, analisti brasiliani ritengono che questa iniziativa abbia giocato un ruolo chiave nella decisione di Trump, che aveva apertamente minacciato ritorsioni contro i paesi abbandonando la valuta USA.
Lula ha ribadito la necessità di ridurre la dipendenza dal sistema finanziario statunitense: "Non rinuncerò all’idea di una moneta alternativa per il commercio internazionale. Non voglio che il Brasile resti subordinato al dollaro". Una posizione che allinea il paese alla visione strategica dei BRICS, il cui peso economico collettivo potrebbe offrire un contrappeso all’unilateralismo statunitense.
Geopolitica e alleanze: il pivot di Brasilia verso Pechino
Nonostante le tensioni con gli USA, il Brasile sembra avere margini di manovra grazie ai robusti legami commerciali con la Cina, destinataria del 28% delle esportazioni nazionali. La ministra del Pianificazione Simone Tebet ha sottolineato come il paese diversifichi i propri partner, puntando su BRICS, Europa e Mercosur. Intanto, Trump ha esentato alcuni settori strategici (come aeronautica ed energia) dalle tariffe, ma il provvedimento colpirà comunque il 36% delle esportazioni brasiliane verso gli USA.
La crisi riflette anche una frattura politica interna: Lula ha accusato Bolsonaro di "tradimento" per aver sollecitato l’ingerenza di Trump, mentre il Tribunale Supremo Federale ha ignorato le sanzioni degli Stati Uniti contro alcuni suoi membri. Con il ricorso all’OMC e il coordinamento nel G20, il Brasile prova a trasformare una battaglia commerciale in un test sulla governance economica globale. Ma la vera sfida sarà bilanciare rapporti conflittuali con Washington senza rinunciare al multilateralismo che Lula invoca.
In un mondo sempre più polarizzato, la risposta dei BRICS potrebbe segnare un precedente cruciale: la capacità (o l’incapacità) di opporsi al protezionismo USA determinerà non solo il futuro del blocco, ma gli equilibri stessi del commercio mondiale e probabilmente la definitiva transizione verso un assetto multipolare del mondo.
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