Nell’ultima intervista rilasciata al quotidiano polacco Rzeczpospolita, il direttore dell’AIEA Rafael Grossi ha dichiarato che la Germania sarebbe in grado di sviluppare armi nucleari nel giro di pochi mesi, disponendo già del materiale, del know-how e della tecnologia necessaria. Pur trattandosi, secondo lo stesso Grossi, di ipotesi “puramente teoriche”, le sue parole arrivano in un momento di forte tensione globale.
Il recente attacco congiunto di USA e Israele a impianti nucleari iraniani ha portato Teheran a interrompere la cooperazione con l’AIEA e ad espellere i suoi ispettori, accusando l’agenzia di silenzio complice. In questo contesto esplosivo, crescono in Europa le pressioni per una deterrenza nucleare autonoma: Jens Spahn (CDU) ha sollevato la necessità per la Germania di accedere agli arsenali nucleari di Francia o Regno Unito, o addirittura sviluppare un proprio “ombrello nucleare europeo”.
Ma al di là della retorica della sicurezza, preoccupa la direzione intrapresa da Berlino: un crescente riarmo, il ritorno del linguaggio della forza e l’erosione dei tabù post-bellici sembrano segnare una svolta storica. Il nuovo militarismo tedesco, sotto l’egida della NATO, rischia di destabilizzare l’equilibrio europeo più di quanto possa proteggerlo.
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