La guerra in Ucraina avrebbe potuto essere evitata se fosse stato rispettato il diritto internazionale

di Michael von der Schulenburg* - 13 luglio 2024

Nella guerra in Ucraina, i Paesi della NATO si presentano come i difensori del diritto internazionale e di un "ordine internazionale”, non meglio definito, contro una Russia che, invadendo l'Ucraina, ha palesemente violato il diritto internazionale e starebbe quindi distruggendo l'ordine internazionale. Ma la questione è davvero così semplice? O non è vero, piuttosto, che tutte le parti coinvolte nella guerra, compresi gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO, hanno ripetutamente violato, anzi abusato, del diritto internazionale?

E non solo. Se tutte le parti in conflitto avessero rispettato il diritto internazionale esistente, questa guerra avrebbe potuto essere scongiurata. Si sarebbe evitata una sofferenza umana incommensurabile con la morte e la mutilazione fisica e mentale di centinaia di migliaia di persone su entrambi i fronti. L'Ucraina non sarebbe stata portata sull'orlo del collasso dalla distruzione, dalle lotte intestine, dall'impoverimento, dall’indebitamento e da un crescente spopolamento, ed esisterebbe ancora all’interno dei confini del 1991. E l'umanità non sarebbe esposta al rischio forse più grande di un conflitto nucleare dai tempi della Guerra Fredda.

Questo articolo non intende stabilire quando sia iniziata questa guerra o chi ne sia il principale responsabile. L'esempio della guerra in Ucraina, tuttavia, vuole sottolineare l'importanza cruciale del diritto internazionale basato sulla Carta delle Nazioni Unite per mantenere un ordine mondiale più pacifico. Il raggiungimento di una pace a livello globale senza l'uso delle armi passa unicamente attraverso l'accettazione generale del diritto internazionale.

L'accusa di violazione del diritto internazionale

Nei Paesi della NATO, tutte le discussioni sul tema della guerra in Ucraina sono dominate dall'accusa di una guerra di aggressione da parte della Russia in violazione del diritto internazionale e dal conseguente diritto all'autodifesa. È questa invocazione indiscussa del diritto internazionale che gli Stati della NATO utilizzano per giustificare il loro ruolo militare nella guerra in Ucraina.

L'accusa di violazione del diritto internazionale si riferisce alla Carta delle Nazioni Unite. È vero che nella Carta, tutti gli Stati membri si sono impegnati a non usare la forza militare per raggiungere obiettivi politici (articolo 2/4) e in caso di attacco a ciascuno Stato membro è riconosciuto il diritto all'autodifesa individuale e collettiva (articolo 51). L'invasione russa dell'Ucraina, quindi, era in contrasto con il diritto internazionale. Questo autorizza l'Ucraina a difendersi e gli Stati della NATO a sostenere militarmente l'Ucraina.

Tuttavia, può la Carta delle Nazioni Unite essere utilizzata anche per giustificare una guerra di diversi anni che potrebbe concludersi con la distruzione dello Stato aggredito? Questo giustifica anche l'estensione della guerra alla Russia con il rischio di scatenare una guerra mondiale nucleare? E tutto ciò senza nemmeno tentare di risolvere pacificamente il conflitto che ha portato a questa guerra? Non proprio! Dopo tutto, lo scopo della Carta delle Nazioni Unite è quello di preservare la pace per l'umanità e non di giustificare le guerre. Anche per questo, il preambolo della Carta delle Nazioni Unite inizia con l'appello: "NOI, POPOLI DELLE NAZIONI UNITE - DECISI a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, ...". Questo dovrebbe valere anche per la guerra in Ucraina.

L’imperativo della pace della Carta dell’ONU

È proprio l'imperativo di pace della Carta delle Nazioni Unite che include il divieto della violenza - e non il contrario. All'inizio della Carta si afferma che lo scopo delle Nazioni Unite è "mantenere la pace e la sicurezza internazionale... e risolvere o regolare con mezzi pacifici, secondo i principi della giustizia e del diritto internazionale, le controversie internazionali o le situazioni che possono portare a una violazione della pace...". (Articolo 1/1). Esortazioni analoghe a risolvere i conflitti attraverso la negoziazione si incontrano a più riprese nella Carta.

Nel caso del conflitto ucraino, tuttavia, ciò non è avvenuto. E pensare che si tratta di un conflitto interstatale di lunga data tra interessi di sicurezza opposti (e non di un semplice "antefatto", come la questione spesso viene banalizzata in Germania). Si tratta, quindi, di un tipico conflitto che avrebbe dovuto - e potuto - essere risolto diplomaticamente in conformità alla Carta delle Nazioni Unite! Dal 1997, la Russia ha ripetutamente affermato che considera una minaccia esistenziale l'espansione della NATO in Ucraina e nel Mar Nero, direttamente ai suoi confini. Le offerte di negoziato russe, però, sono state rifiutate dagli Stati Uniti e dai Paesi della NATO. Al contrario, dal 2008 la NATO si è adoperata con ogni mezzo per l'adesione dell'Ucraina, aumentando così la pressione sulla Russia. Tutti i trattati sulla limitazione degli armamenti e le misure di rafforzamento della fiducia con la Russia sono stati annullati, e la capacità di secondo attacco nucleare della Russia stessa è stata limitata da sistemi di difesa missilistica dislocati in Romania e Polonia. La NATO ha ripetutamente effettuato manovre militari in territorio ucraino e nel Mar Nero, e nel 2014 ha apertamente sostenuto il rovesciamento armato del presidente democraticamente eletto dell'Ucraina, al fine di installare a Kiev un governo filo-NATO. Con l'accordo di Minsk, l'Occidente probabilmente non voleva risolvere il conflitto, ma solo guadagnare tempo per armare l'Ucraina. Così facendo, gli Stati della NATO hanno intrapreso un percorso che ha reso sempre più impossibile quella soluzione pacifica prevista dalla Carta delle Nazioni Unite.

Non è corretta neanche l'argomentazione secondo cui l'adesione dell'Ucraina alla NATO non è oggetto di negoziazione essendo l'Ucraina libera di scegliere i propri accordi di sicurezza. Infatti, nella Carta di Parigi dell'OSCE per una nuova Europa - anch’essa un trattato vincolante di diritto internazionale - tutti gli Stati europei, nonché gli Stati Uniti e il Canada, hanno dichiarato già nel 1990: "La sicurezza [del continente europeo] è indivisibile e la sicurezza di ogni Stato partecipante è inestricabilmente connessa con quella di tutti gli altri Stati". Ciò è stato ulteriormente specificato nel Documento di Istanbul dell'OSCE del 1999: ”Ogni Stato partecipante rispetterà a questo proposito [cioè in merito agli accordi di sicurezza] i diritti di tutti gli altri. Non rafforzeranno la loro sicurezza a spese della sicurezza di altri Stati."

L’impedimento di una soluzione pacifica

In caso di guerra, gli Stati membri delle Nazioni Unite sono anche obbligati a trovare una soluzione pacifica attraverso il negoziato. Nel caso della guerra in Ucraina, la Russia e l'Ucraina si sono attenute a questo principio. Gruppi di negoziatori russi e ucraini si erano incontrati appena tre giorni dopo l'inizio dell'invasione russa, e solo sei settimane dopo, il 29 marzo 2022 a Istanbul, entrambe le parti avevano concordato un comunicato in dieci punti che costituiva la base per un trattato di pace ucraino-russo onnicomprensivo.

Tale comunicato, però, non ha portato ad alcun trattato di pace. Pochi giorni prima, il 24 marzo 2022, la NATO aveva infatti già specificato, in un vertice speciale a Bruxelles, che non avrebbe sostenuto tali negoziati di pace. Quando il Presidente Zelensky dette a intendere che voleva attenersi comunque al Comunicato di Istanbul, il Primo Ministro britannico Boris Johnson si recò a sorpresa a Kiev il 9 aprile 2022, spiegando inequivocabilmente agli ucraini che, se avessero firmato un trattato di pace con la Russia, avrebbero perso l’intero sostegno dell'Occidente

Il 26 aprile 2022, il segretario alla Difesa statunitense, Lloyd Austin, illustrò l'obiettivo degli Stati Uniti nella guerra in Ucraina nel modo seguente: "Vogliamo indebolire la Russia a tal punto che non sarà mai più in grado di fare cose come un'invasione militare dell'Ucraina". Così dicendo, gli Stati Uniti hanno formulato un obiettivo politico nella guerra in Ucraina che vogliono imporre con mezzi militari. Non stanno facendo esattamente quello di cui accusano la Russia? La conseguenza, però, è stata lo sfumare di ogni possibilità di giungere ad una pace rapida e onnicomprensiva, e l'Ucraina è sprofondata in una guerra che potrebbe ora mettere a repentaglio la sua intera esistenza.

Se gli Stati della NATO avessero appoggiato i negoziati di pace ucraino-russi di marzo/aprile 2022, in conformità con la Carta delle Nazioni Unite, questa guerra sarebbe potuta terminare al massimo dopo due mesi - e a condizioni molto migliori per l'Ucraina di quanto sarebbe possibile oggi.

Il principio della sovranità reciproca

Il riconoscimento reciproco della sovranità statale fu una pietra miliare degli accordi della Pace di Vestfalia del 1648, e lo è tuttora. Ciò è sancito dalla Carta delle Nazioni Unite con l'espressione "uguaglianza sovrana" (nel testo originale: "principle of sovereign equality" nell'articolo 2/1). Questo significa che ogni Stato ha il diritto di scegliere autonomamente il proprio ordinamento politico e di regolare di conseguenza i propri affari interni, senza interferenze da parte di altri Stati. Nel conflitto in Ucraina, tale principio è stato palesemente violato.

Secondo l'allora Sottosegretario americano per gli Affari Esteri Victoria Nuland, gli Stati Uniti avevano già investito cinque miliardi di dollari nell'"occidentalizzazione" del Paese prima del 2014. Per uno dei Paesi più poveri d'Europa, si trattava di una somma enorme. È anche molto probabile che gli importi interessati fossero molto più alti, comprendendo anche il denaro di altri Stati occidentali e dei loro servizi segreti nonché di fondazioni private. Ci furono anche politici occidentali – tra cui l'allora ministro degli Esteri tedesco Westerwelle – che si unirono ripetutamente ai manifestanti di piazza Maidan a Kiev, alcuni dei quali erano armati, promettendo il loro sostegno: un caso più unico che raro che nessun Paese occidentale accetterebbe per sé stesso.

In una conversazione intercettata tra Nuland e l'allora ambasciatore statunitense a Kiev, i due discussero persino di quale politico particolarmente favorevole agli Stati Uniti avrebbe dovuto essere nominato primo ministro ucraino dopo un colpo di Stato riuscito. Ed è proprio ciò che successe. Il fatto che Janukovy?, un presidente democraticamente eletto, frutto di elezioni nazionali all'epoca etichettate come libere ed eque dall'OSCE e dall'UE, sia stato deposto non sembrò preoccupare nessuno in Occidente. Senza questa interferenza negli affari interni in violazione del diritto internazionale, probabilmente non ci sarebbe stato nessun colpo di Stato illegale, nessun disordine in molte parti dell'Ucraina e nessuna secessione della Crimea e del Donbass.

Il principio di universalità

Ma l'aspetto forse più sorprendente dell'accusa occidentale alla Russia di condurre una guerra di aggressione in violazione del diritto internazionale è che, dalla fine della Guerra Fredda ad oggi, gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO hanno ripetutamente condotto guerre di aggressione in cui è stato violato il diritto internazionale. Abbiamo ancora ben vivo il ricordo delle guerre contro la Serbia (1999), l'Iraq (2003), la Libia (2011) e la Siria (2014), tutte in violazione del diritto internazionale. Ciò che è meno noto è che, tra il 1992 e il 2022, gli Stati Uniti sono intervenuti militarmente in altri Paesi 251 volte (secondo quanto riportato dal Servizio Ricerche del Congresso degli USA). Da questo computo sono addirittura esclusi il sostegno e le operazioni della CIA nelle guerre per procura. Con ogni probabilità è lecito supporre che la stragrande maggioranza di questi interventi non fosse coperta dal diritto internazionale. La rivendicazione egemonica degli Stati Uniti, che si fonda sulla forza militare, non è compatibile con la Carta delle Nazioni Unite, che si basa invece sull'uguaglianza sovrana dei popoli e sul principio della pace.

Il diritto internazionale, però, ha senso solo se è universale, ossia se si applica in egual misura a tutti gli Stati. Queste centinaia di interventi da parte degli Stati della NATO in violazione del diritto internazionale avevano già minato il diritto internazionale molto prima dell'attacco russo all'Ucraina, per cui l'accusa rivolta oggi alla Russia appare improba e opinabile. In Occidente, purtroppo, ci siamo abituati ad accettare standard diversificati a seconda che si riferiscano a noi o "agli altri". Questo è probabilmente anche il motivo per cui i Paesi della NATO amano parlare di un fittizio "ordine internazionale basato su regole" e non più di diritto internazionale.

Una svolta epocale ci riporterà al diritto internazionale?

I tempi, però, sono cambiati e gli Stati Uniti non sono più l'unica superpotenza militare, economica, tecnologica e quindi politica di 30 anni fa. Oggi gli USA, e con loro gli alleati europei, devono condividere il potere con altri Paesi del mondo. Il mondo è già diventato multipolare.

E la convinzione all'epoca prevalente, secondo cui gli Stati Uniti, in quanto forza del bene e del progresso, avrebbero usato la loro potenza militare per creare un ordine globale in cui avrebbero prevalso la democrazia, lo stato di diritto e la prosperità economica, non si è concretizzata. Nessuno dei 251 interventi militari, nessuna delle operazioni della CIA e nessuna delle forniture di armi nelle guerre per procura ha mai creato democrazia, stato di diritto o prosperità economica. Essi hanno solo causato caos, anarchia, rovina economica e sociale e incommensurabile sofferenza umana. L'Ucraina sta probabilmente affrontando un destino analogo. Le rivendicazioni egemoniche e le armi non portano ordine e pace.

Forse è proprio questa guerra insensata e disumana in Ucraina che ci porterà a capire che la Carta delle Nazioni Unite, che culminò nell’impegno comune di tutti i 193 Stati membri "Mai più guerra" e "Umanità", promette un futuro migliore, più equo e pacifico per tutta l'umanità. Sta a tutti noi volerci attenere a questo impegno!


* Michael von der Schulenburg ha studiato a Berlino, Londra e Parigi e ha lavorato per le Nazioni Unite e, in breve tempo, per l'OSCE, anche in qualità di Segretario generale aggiunto delle Nazioni Unite, in molti luoghi difficili del mondo, come Haiti, Afghanistan, Pakistan, Iran, Iraq, Siria, Balcani, Somalia, Sierra Leone e Sahel. Attualmente eurodeputato per il partito BSW.

La versione inglese e in tedesco dell'articolo è visibile qui

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