L'antifascismo da salotto del PD e la tolleranza all'olio di ricino dei liberali

12 Gennaio 2024 07:00 Clara Statello


di Clara Statello per l'AntiDiplomatico

Il video dei neofascisti ad Acca Larenzia ha fatto il giro del mondo ed è diventato un caso internazionale. Davanti ai saluti romani della fitta schiera di militanti, la reazione dell'opinione pubblica mondiale è di sconcerto e preoccupazione per quanto avviene a Roma.

"Il controverso saluto nazista durante una manifestazione di estrema destra in Italia fa venire i brividi", scrive l'emittente spagnola Telecinco, legata al gruppo Mediaset. Il quotidiano El Español pone l'accento sulla manifestazione che ricorda "l'epoca del Duce" e sul vuoto di legge che consente alla premier Giorgia Meloni di non condannare il saluto fascista. La rivista latinoamericana di centrodestra Infobae parla di "agghiaccianti immagini.

Lo scandalo della manifestazione fascista finisce sulla CNN, Reuters, Forbes, raggiunge il Brasile e il Messico. Lapidario il commento della TV statale russa: "Davanti ai nostri occhi, l'Europa sta tornando alle sue radici e alle sue origini [naziste]".

Rinchiusi nella loro confortevole bolla di pronvincialismo da periferia dell'Impero, i nostri intellettuali/giornalisti non sembrano preoccuparsi e minimizzano i fatti. Su La Stampa, Mattia Feltri non vede nell'adunata di Roma un'apologia di fascismo e ricorda che "la Costituzione repubblicana preserva le opinioni e il fascismo, finché non è un atto concreto di violenza, resta un'opinione". Lo slancio costituzionalista del giornalista si esaurisce poche righe dopo quando difende l'invio di armi in Ucraina. In fondo non c'è alcuna contraddizione tra la difesa del saluto romano e il sostegno militare ai nazionalisti ucraini, molti dei quali in stretto contatto con i neofascisti italiani, come mostrano alcune inchieste della nostra magistratura.

L'Unità riesce a fare di più e scrive che il saluto romano è tutelato dall'articolo 21 della Costituzione. La tolleranza all'olio di ricino del quotidiano di Piero Sansonetti, stride con le parole del suo fondatore Antonio Gramsci, vittima del fascismo:

"Quando discuti con un avversario, prova a metterti nei suoi panni. Lo comprenderai meglio e forse finirai con l'accorgerti che ha un po', o molto, di ragione. Ho seguito per qualche tempo questo consiglio dei saggi. Ma i panni dei miei avversari erano così sudici che ho concluso: è meglio essere ingiusto qualche volta che provare di nuovo questo schifo che fa svenire".

In questi tempi di censura e maccartismo, dove il dissenso democratico è stigmatizzato e in alcuni casi criminalizzato, il richiamo dei liberal-libertari al dettato costituzionale, che tutela la libera espressione del pensiero in ogni sua forma e vieta la censura, lascia piuttosto perplessi.

Con il plauso dei liberali l'amministrazione comunale di Modena ha revocato la sala in cui il 20 gennaio si sarebbe dovuta tenere una conferenza sulla ricostruzione di Mariupol.

A Bologna il sindaco Matteo Lepore ha chiesto ai gestori di Villa Paradiso di annullare la proiezione del film "Il Testimone", ed ha persino cacciato dalla coalizione di maggioranza uno dei suoi consiglieri favorevole all'evento. Un episodio simile è accaduto a Torino, dove il collettivo La Prospettiva dichiara di essere stato privato della sala per la visione della stessa pellicola. La Stampa ha commentato così l'accaduto: "Sarebbe opportuno che nella città di Gobetti e Bobbio i nemici della società liberale, se proprio vogliono proiettare un film offensivo, lo facessero affittando una sala privata, possibilmente lontano dai bambini". Eccolo qui il pluralismo dei liberali!

Solerti difensori della libera espressione dei neofascisti, i paladini della libertà di pensiero e stampa sono rimasti zitti quando l'articolo 21 è stato deliberatamente calpestato dalle istituzioni democratiche. Si elencano alcuni episodi del loro silenzio assordante:

- l'oscuramento delle riviste RT e Sputnik;

- la censura su Facebook, Instagram, YouTube, Twitter di contenuti in contrasto con la linea di politica estera del Pentagono;

- la cancellazione da YouTube dei canali di testate giornalistiche e di controinformazione, come Sputnik, RT, Izvestia oppure Donbass Italia, VoxCom, La Casa del Sole;

- i provvedimenti di Google contro testate di informazione indipendente come l'Antidiplomatico;

- le liste di proscrizione redatte da giornalisti, parenti di parlamentari e dai servizi segreti contro giornalisti, attivisti, etc.

-l'annullamento di spettacoli, esposizioni e concerti di artisti russi.

Dall'altro lato, lo slancio antifascista del centrosinistra non appare meno ipocrita della levata di scudi dei paladini della libertà dei neofascisti. L'indignazione del centro-sinistra, che per decenni ha lavorato con solerzia alla riabilitazione dei neofascisti e alla revisione storica della Resistenza, non può che apparire come un gioco delle parti, un'occasione per PD e Italia viva di simulare l'opposizione che non c'è al governo di Giorgia Meloni.

Ellie Schlein chiede al governo "di applicare la legge e la Costituzione e sciogliere le organizzazioni neofasciste". Si dice preoccupata delle "ambiguità di questa destra", ma non delle ambiguità del suo partito che, in diversi anni di governo, ha perso tante occasioni per applicare la Costituzione nel senso in cui lei chiede, che ha sostenuto i neonazisti ucraini sin dal 2014 (si ricordi che Gianni Pittella ha condiviso il palco dei comizi con il leader del partito neonazista Svoboda, durante l'Euromaidan), che a quei neonazisti invia le armi e che non ha battuto ciglio quando i simboli del battaglione Azov sono apparsi alla manifestazione del 25 Aprile a Milano nel 2022.

In altre occasioni gli esponenti del PD si servono dell'antifascismo per supportare la linea della propria parte politica. E' il caso della parlamentare Lia Quartapelle, una vera pasionaria della causa ucraina. Riesce ad coniugare l'antifascismo con lo SchwartzSonne dei banderisti. Da mesi la deputata del PD inveisce sui social contro l'Ungheria, perché il suo governo si oppone alle forniture europee per l'Ucraina e ne ostacola il processo di adesione in UE. Adesso ha annunciato il suo sostegno alla richiesta di Ilaria Cucchi, che chiede a Giorgia Meloni di prendere posizione sul caso di Ilaria Salis, detenuta senza processo da 11 mesi in Ungheria con l'accusa di aggressione contro neonazisti.

La richiesta di liberazione di Ilaria è sacrosanta e va sostenuta a prescindere, ma ci si chiede: se la giovane antifascista fosse stata incarcerata in Polonia, Lettonia o Ucraina, la Quartapelle avrebbe preso posizione?

Questi personaggi che strumentalizzano l'antifascismo per la propria convenienza politica non sono gli eredi di quegli eroi che hanno dato la vita per liberare l'Italia dalla bestia nazifascista. Gli antifascisti non prendono il the in salotto.

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