Giovedì pomeriggio, la Repubblica Islamica dell’Iran ha scatenato la 15ª ondata dell’Operazione True Promise 3, colpendo con precisione obiettivi militari nel cuore dell’entità sionista. Missili balistici e oltre 100 droni, inclusi numerosi modelli kamikaze, hanno centrato basi, centri industriali e sistemi di difesa aerea a Haifa, Tel Aviv e nel Golan siriano occupato.
Le sirene d’allarme hanno risuonato a lungo in tutto il nord della Palestina occupata, mentre esplosioni scuotevano le città. Si registrano blackout in diversi insediamenti coloniali e vasti incendi, in particolare nella regione di al-Jalil. L’esercito israeliano ha imposto la censura militare sull’entità dei danni subiti. Secondo i Guardiani della Rivoluzione, l’attacco ha segnato una nuova fase della risposta iraniana, sempre più mirata a neutralizzare infrastrutture belliche e sistemi di difesa del nemico.
Il Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale dell’Iran ha dichiarato che l’operazione militare continuerà “finché l’aggressore non pagherà il prezzo delle sue azioni”. L’attacco segue il bombardamento sionista del 13 giugno contro il territorio iraniano, che ha ucciso ufficiali, scienziati e civili. Teheran ha definito quell’aggressione un atto di guerra e avverte: ogni ulteriore ingerenza da parte di terzi sarà accolta con ritorsioni immediate e proporzionate.
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