di Alex Marsaglia
In seguito al vertice di Anchorage i quisling dell’UE, nemmeno presi in considerazione per l’incontro in Alaska, hanno chiesto insistentemente udienza a Trump ma non per affrettarsi in trattative diplomatiche per arrivare ad una pace - come sarebbe stato auspicabile per il bene dell’umanità - bensì per perorare la guerra. Memori dell'ultima visita di Zelensky a Washington, hanno scelto di formare un’Armata Brancaleone per fare da scudo al presidente dell’Ucraina: erano addirittura in sette gli accompagnatori nello studio ovale, oltre ai presidenti di alcuni dei paesi europei più asserviti agli interessi americani, anche Von der Leyen, Rutte per la NATO e Starmer del Regno Unito.
Il Presidente americano ha preferito ricevere prima, in separata sede, Zelensky, a cui ha anticipato quale sarebbe stato il destino dell’Ucraina:
“la NATO vuole proteggere l'Ucraina. Li aiuteremo in questo”, aggiungendo anche che “non diamo nulla all'Ucraina, vendiamo solo armi. Vendiamo equipaggiamento alla NATO, e loro ci pagano per questo”.
Trump in poche parole ha spiegato in cosa consisterà l'economia di guerra delineata solo pochi mesi fa in sede europea da Draghi. Dobbiamo aspettarci un complesso militare-industriale statunitense che venderà all’Unione Europea una gran mole di armamenti che verranno comprati tramite i fondi del Readiness 2030, cioè sostanzialmente incrementando il debito comune europeo a garanzia del failed state ucraino. Il tutto per tenere in piedi una guerra americana sul suolo europeo, fatta appositamente per segare le gambe dell’Unione Europea nella competizione globale dei mercati. La quintessenza del collaborazionismo è che questo piano è stato accettato dagli stessi leader europei, convinti di difendere la causa europea.
La cosa più importante tuttavia è che a Washington Trump ha dato seguito a quanto deciso con Putin ad Anchorage: ha attribuito la responsabilità di futuri negoziati per la cessazione delle ostilità a Kiev e all’Europa, nient'altro. I leader europei insomma avevano facoltà di scelta: dovevano scegliere se accettare la capitolazione e accollarsi gli oneri di guerra legati alla ricostruzione, oppure continuare la guerra sul fronte orientale, stavolta pagandosi le spese. Questa volta non c'è stato un Presidente americano a spingere direttamente i suoi servi alla guerra, ma neanche a dirlo, i vertici dell’UE impostati ancora sulla linea Biden, hanno rifiutato ogni ipotesi di pace, ponendosi come garanti di un’integrità territoriale dell’Ucraina impossibile nei fatti. Non è bastata la cartina dell’Ucraina srotolata davanti a tutti per far capire la situazione reale, ormai irrecuperabile sul campo di battaglia. La masnada di servi del padrone americano ha continuato imperterrita a farsi portavoce delle istanze di guerra, non prendendo minimamente in considerazione la possibilità di chiudere la guerra accettando i confini stabiliti sull’attuale linea del fronte per impedire ulteriori massacri dopo oltre 11 anni di guerra e più di centomila morti. Certo, avrebbe voluto dire accettare la sconfitta, ma la sconfitta di domani potrebbe essere molto peggiore e portare a una resa ancor più gravosa.
La gran parata di ieri a Washington si è comunque conclusa con una serie di dati di realtà da raccogliere.
Per prima cosa vedremo gli Stati Uniti porsi formalmente in disparte, facendosi coinvolgere unicamente come mercanti d’armi di una guerra che accrescerà il loro PIL.
In secondo luogo, Trump ha politicamente vinto con questo passo indietro, ponendosi de facto come mediatore tra i due contendenti. Invece l’UE, così come Zelensky, hanno perso tutto ciò che era possibile perdere dal 2014 ad oggi sul fronte ucraino ed è probabilmente questa la ragione che attualmente porta i leader europei e il Presidente ucraino a non voler smettere questa guerra. Anche se le prospettive di riconquista dei territori persi non esistono, ormai lottano per inerzia, consapevoli che il loro destino politico è legato a questa battaglia.
Infine, esiste il rischio concreto che gli Stati Uniti avendo fatto un passo indietro solo formale, ma mantenendo grandi interessi ancora dal traffico d’armi, non siano così super partes nella mediazione come vogliono apparire. Questo vale ancor di più se si tiene conto della guerra che Trump ha avviato ai BRICS, di cui la Russia è colonna portante. Putin stesso non dovrebbe aver dimenticato l’inganno subito con gli accordi di Minsk I e II e probabilmente sceglierà di andare a vedere le carte, senza arrivare facilmente ad un accordo scritto. Se è vero che le garanzie di sicurezza all’Ucraina verranno garantite da un simil art.5 della NATO, le garanzie di sicurezza per le popolazioni russofone in Ucraina ancora non si intravedono.
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