Il governo venezuelano ha posto nuovamente sotto i riflettori internazionali la dura questione delle sanzioni statunitensi, questa volta attraverso un rapporto di esperti delle Nazioni Unite. Il ministro degli Esteri Yván Gil ha diffuso tramite i suoi canali ufficiali il documento, definendo il blocco navale imposto da Washington "illecito e unilaterale". Secondo Caracas, queste misure rappresentano una palese aggressione non solo contro il paese sudamericano, ma contro l'intera regione, minacciando diritti fondamentali come la pace, il libero commercio e la navigazione.
Gli esperti delle Nazioni Unite, i cui pareri sono stati fatti propri dal governo venezuelano, sollevano un'accusa gravissima. Questi sostengono che non esista alcun diritto a imporre sanzioni unilaterali attraverso un blocco, arrivando a qualificare tale azione come un vero e proprio "attacco armato". Questa definizione, che richiama l'articolo 51 della Carta ONU, apre a scenari giuridici di notevole peso, poiché quel articolo sancisce il diritto all'autodifesa in caso di aggressione.
Il rapporto degli specialisti internazionali avanza preoccupazioni precise, sottolineando come le sanzioni possano configurarsi come illegali, sproporzionate e punitive secondo il diritto internazionale. La condanna si estende oltre l'aspetto economico, toccando un nervo scoperto: il diritto alla vita. Gli esperti, infatti, collegano le misure coercitive alle esecuzioni extragiudiziali, denunciando come queste ultime costituiscano una violazione arbitraria e inumana di un diritto inviolabile.
Il Ministero degli Esteri venezuelano, nel ribadire il suo totale ripudio, ha espresso apprezzamento per l'appello contenuto nel comunicato ONU a un'azione collettiva degli Stati membri. L'obiettivo dichiarato è la protezione e la salvaguardia del diritto internazionale, che si trova sotto un pesante attacco portato dalle tracotanti politiche unilaterali di Washington. Questa presa di posizione rafforza la campagna diplomatica del governo bolivariano, che è impegnato nel costruire un fronte di consenso contro le pressioni statunitensi, inquadrando la contesa non come una questione bilaterale, ma come una minaccia all'ordine multilaterale e ai principi della Carta delle Nazioni Unite.
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