Roma consegna la Cittadinanza Onoraria ad Assange: che non resti solo un simbolo

di Giulia Bertotto

Chiunque voglia la verità è sempre spaventosamente forte

M. Dostoevskij

Nel pomeriggio di martedì 17 ottobre, finalmente l’amministrazione capitolina si è espressa: dopo Napoli e Reggio Emilia anche Roma consegna la sua cittadinanza onoraria a Julian Assange, giornalista ed editore di Wikileaks in carcere dal 2013 nel Regno Unito per aver fatto il suo lavoro senza piegarsi alle convenienze del momento e alle bandiere dei più forti.

Roma è la prima capitale nel mondo a conferire a Julian Assange la cittadinanza onoraria e questa presa di posizione è un messaggio al mondo molto significativo in queste ore di altissima tensione internazionale. Il Campidoglio, al momento vestito della bandiera arcobalenica affiancata da quella israeliana, ha deliberato la mozione 83/2023 (a firma dei Consiglieri Raggi, Meleo, Ferrara, De Santis, Diaco). Nelle stesse ore l’ospedale battista di Gaza veniva colpito da un raid israeliano dove si erano rifugiate famiglie di civili. Più di 500 i morti secondo le prime stime.

La delibera è stata approvata con 22 voti favorevoli su 22 votanti, mentre i presenti in sala Giulio Cesare erano 34. Scroscianti gli applausi dei sostenitori del cofondatore di WikiLeaks, da parte delle associazioni FreeAssange Italia e Italiani per Assange e degli attivisti pro-Assange i quali, tenacemente, hanno sempre presenziato ai tentativi di discussione falliti in questi mesi.

Quello che ora dobbiamo augurarci è che questo segnale non resti una vuota formalità, ma sia un faro sulle condizioni del giornalista australiano e sulla situazione in cui versa l’informazione occidentale e italiana. Il nome e l’operato di Assange dovrà essere diffuso dai mezzi stampa, Tv e radio; i colleghi di Assange non potranno più tirarsi indietro e dovranno invece impegnarsi a far conoscere la figura di Assange, per mezzo dell’organizzazione di proiezioni, dibattiti, eventi al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica e invitarla alla partecipazione attiva. Non c’è davvero più tempo, per la sua vita e per un tentativo di ricerca della verità che possa salvarci dalla Terza guerra mondiale.

Assange ha bisogno di tutti noi e tutti noi abbiamo bisogno di giornalisti come lui, che facciano un servizio anche alle verità più inaccettabili per la nostra coscienza collettiva.

È il momento che l’Occidente faccia lo sforzo di specchiarsi nelle proprie azioni, nei propri crimini di guerra, nelle proprie pretese di importare una democrazia strumentale e ipocritamente xenofoba e che mediti sul proprio passato.

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