Tensioni crescenti nel Mar Cinese Meridionale: le Filippine tra Stati Uniti e Cina

di Paolo Arigotti

Tra il 9 e il 10 dicembre si sono verificati una serie di incidenti tra Repubblica Popolare Cinese e le Isole Filippine nelle acque del Mar Cinese Meridionale, nei pressi della Secca di Scarborough e dell’atollo di Ayungin: stando alla denuncia delle autorità filippine, la guardia costiera cinese avrebbe attaccato un convoglio di imbarcazioni di rifornimento civile nelle isole Spratly, presso la Second Thomas Shoal. Un episodio simile si era verificato ai primi di dicembre, quando il Comando meridionale dell'Esercito Popolare di Liberazione (PLA) cinese aveva fatto sapere che la nave da combattimento a stelle e strisce Gabrielle Giffords si era intrufolata illegalmente nelle acque adiacenti a Ren'ai Jiao (sempre isole Spratly)[1].

Parliamo di un arcipelago composto da circa un centinaio di isole o atolli, le Spratly per l’appunto, al centro di dispute internazionali che coinvolgono Vietnam (che occupa il maggior numero delle isole), Filippine (che ne posseggono la superficie più estesa), Cina, Malaysia, Taiwan e Brunei.

Giova precisare che gli episodi citati sono tutt’altro che isolati, indice di un clima di tensione – con reciproci scambi di accuse circa l’accaduto – sintomatico di un qualcosa che va ben al di là del fatto singolo, e gravido di conseguenze. In effetti, gli episodi che abbiamo descritto solo soltanto alcuni di quelli occorsi nell’ultimo anno, durante il quale le due nazioni asiatiche sono state coinvolte in vari screzi, con reciproche accuse di incidenti e speronamenti.

Pechino ha voluto più volte ribadire la propria intenzione di rigettare con forza ogni tentativo da parte di Washington, e/o dei suoi alleati, di insinuarsi in un contesto peninsulare e insulare che va dal Borneo, e, passando per Taiwan, arriva al Giappone meridionale, con l’obiettivo ultimo di impedire qualunque stanziamento militare nelle vicinanze della “provincia ribelle”; Taiwan – giova ricordarlo – viene riconosciuto come stato sovrano solo da uno sparuto gruppo di nazioni, mentre la stragrande maggioranza del pianeta intrattiene relazioni diplomatiche esclusivamente con la Repubblica Popolare.

E i problemi con Manila si inseriscono in tale contesto, con tensioni preesistenti rinfocolate dalla decisione filippina di aprire una nuova base della guardia costiera sull’isola di Thitu, la seconda più grande isola naturale delle Spratly[2].

Parliamo di una delle zone più contese del mondo, per via delle risorse petrolifere, della posizione strategica per i flussi commerciali e della enorme potenzialità per la costruzione di insediamenti militari. Basterà ricordare che secondo l’EIA (Energy Information Administration), l’agenzia statistica e analitica del Dipartimento dell'energia degli USA, il Mar Cinese Meridionale ospiterebbe giacimenti di idrocarburi, stimati in 11 miliardi di barili di petrolio e 190 trilioni di gas naturale.

Pechino non soltanto ha sempre respinto e rinviato al mittente le accuse di Manila[3] [4], ma ha voluto ribadire la legittimità delle sue rivendicazioni territoriali, inviando un chiaro messaggio ai due maggiori alleati dei filippini – USA e Canada – invitandoli a non immischiarsi in certi affari solo per salvaguardare i propri interessi geopolitici, accusando oltretutto Washington di voler istigare le Filippine contro la Cina[5].

Non le ha mandate a dire il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, il quale, in occasione di una recente conferenza stampa, ha detto che "le Filippine, sostenute dal sostegno esterno, hanno ignorato la buona volontà e la moderazione della Cina e hanno ripetutamente sfidato la Cina. Principi e linea rossa. Questo è il rischio principale che potrebbe far aumentare le tensioni in mare", mentre Pechino, per conto suo, ha confermato la volontà di ricerca di una soluzione negoziale – un protocollo d’intesa era stato siglato nel 2018 – che garantisca lo sfruttamento congiunto delle risorse. The Global times, quotidiano in lingua inglese considerato voce ufficiale del partito comunista cinese, ha rincarato la dose scrivendo che “le attuali scelte politiche delle Filippine danneggiano non solo l'economia filippina. suoi interessi vitali, ma anche il suo spazio di cooperazione con la Cina, oltre a danneggiare le aspirazioni comuni alla pace, alla stabilità e alla prosperità nel contesto regionale”[6].

Se fosse possibile, ci va ancora più pesante Brian Berletic, ricercatore e analista geopolitico americano, secondo il quale “gli Stati Uniti stanno utilizzando le controversie marittime comuni come pretesto per inserirsi militarmente nella regione, tentando di trasformare le controversie ordinarie in una crisi regionale o addirittura globale. In realtà, gli Stati Uniti stanno rafforzando la propria presenza militare, non per difendere i loro presunti alleati, ma per circondare e contenere la Cina, trasformando le nazioni ospitanti in arieti contro la Cina. Questa strategia statunitense ha avuto successi variabili nel sud-est asiatico, di cui le Filippine sono state di gran lunga il successo più grande. Ciò è dovuto alla storia unica e sfortunata delle Filippine come colonia statunitense dal 1898 al 1946 e alla sua subordinazione di fatto agli Stati Uniti da allora.”[7]

Le tensioni storiche nascono con le rivendicazioni del dragone sulla cosiddetta linea dei nove trattini, disegnata dai cinesi all’indomani della fine del secondo conflitto mondiale, circa la quale Pechino rivendica una piena sovranità, inclusi i diritti di pesca e sfruttamento delle risorse. Anche le Filippine hanno rivendicato analoghi diritti, appellandosi nel 2013 al Tribunale internazionale dell’Aja, il quale nel 2016 riconobbe – ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare - gli atolli di Ayungin e Panganiban come zone economiche esclusive di Manila, senza però esprimersi sull’altra area contesa, la secca di Scarborough, decisione che Pechino non ha mai accettato. Nel 2014 la Cina aveva già occupato l’atollo di Panganiban, trasformandolo in una base militare. La decisione del 2018 di porre la Guardia Costiera cinese alle dirette dipendenze di una forza paramilitare supervisionata dalla Commissione Militare Centrale, il vero nucleo del potere nel gigante asiatico, e l’autorizzazione, data nel 2021, per l’utilizzo condizionato delle armi contro navi straniere che si trovino in acque considerate sotto la giurisdizione cinese, la dicono lunga sulla determinazione del dragone.

In passato non sono mancati tentativi di trovare un’intesa. Nel 2019 il presidente filippino Rodrigo Duterte, considerato all’epoca filocinese per la sua politica di riavvicinamento al gigante asiatico[8], dichiarò che Xi Jinping[9] gli avesse garantito il 60 per cento dei proventi derivanti dallo sfruttamento delle acque contese, se lui avesse rinunciato alla decisione dell’Aja del 2016. La questione non ebbe seguito, e gli scontri non cessarono mai del tutto, con una nuova escalation a partire dal 2020, quando maturò la svolta di Duterte, che decise di rivedere il suo atteggiamento verso Pechino.

La nuova politica maturata nell’ultima parte del mandato di Duterte è stata rinverdita con l’avvento alla presidenza di Ferdinando Marcos Jr. (giugno 2022), che ha voluto un nuovo e più deciso riavvicinamento agli Stati Uniti.

In realtà non c’era mai stato un vero e proprio distacco. Al contrario, le due nazioni sono da sempre amiche e alleate: il padre dell’attuale capo dello stato, il dittatore Ferdinando Marcos, aveva governato col pugno di ferro le Filippine per circa un ventennio, proprio grazie all’appoggio di Washington. Tra Stati Uniti e Filippine era già in vigore un accordo di cooperazione militare, chiamato Enhanced Defence Cooperation Agreement, siglato nel 2014, che regolava, tra le altre cose, le basi militari americane nell’arcipelago, e a maggio scorso è stato firmato un nuovo trattato di difesa e mutuo soccorso militare[10], preceduto nel mese di aprile da esercitazioni militari congiunte[11]; a ottobre Joe Biden ha ribadito l’impegno americano in caso di aggressione contro Manila[12].

E non finisce qui, visto che già si parla di nuovi accordi, sempre in funzione anticinese, tra Giappone e Filippine[13], mentre fonti dell’Associated press parlano di un progetto per espandere il pattugliamento congiunto, con Stati Uniti e Australia, finalizzato a contrastare la “minaccia” cinese nelle rotte marittime strategiche dell’area[14], e circolano voci di un’apertura (non immediata) dell’Aukus, l’alleanza militare tra Usa, Regno Unito e Australia, pure a Giappone e Corea del Sud (ma non si parla di Filippine), per dare vita a una sorta di Nato asiatica.

Nonostante gli attriti, attuali e potenziali, Manila e Pechino seguitano a intessere importanti relazioni commerciali: la Cina è stata finora il maggior partner commerciale per le Filippine, con investimenti di grande importanza, e i cinesi sono la seconda fonte di turismo per l’arcipelago.

La rilevanza strategica delle Filippine, per via della sua vicinanza alla Cina - circa tremila chilometri in linea d’aria le separano dalla Repubblica Popolare, meno di 200 la distanza da Taiwan[15] - non ha bisogno di grandi spiegazioni: in un clima di crescenti tensioni, che vedono in Pechino il maggior rivale politico ed economico della potenza egemone, nonché l’unica in grado di contendergli la leadership strategica, poter contare su un alleato del genere è vitale per Washington.

A questo punto si può facilmente comprendere come le “scaramucce” dei giorni scorsi si inseriscano in un contesto assai più complesso e articolato. Il fatto poi che le Filippine siano alleate non solo degli americani, ma anche dei canadesi[16] – i quali ultimamente hanno avuto diversi problemi con Pechino[17] – rischia di estenderne la portata, e in vista dell’appuntamento elettorale statunitense del 2024, la scacchiera dell’Indo pacifico e la crescente rivalità con la Cina, contribuiranno a fare delle Filippine uno dei tasselli più importanti del complesso mosaico.

Nella regione dove si sta giocando, e si giocherà, la vera partita dei nuovi equilibri internazionali, gli Stati Uniti stanno cercando di “cingere d’assedio” la Cina, costruendo e/o facendo leva su una nuova rete di alleanze, con tutte quelle nazioni che possono servire per contenerne l’espansionismo, vero o presunto.

Guardando a questi paesi, ci torna alla mente una delle più conosciute frasi di Henry Kissinger: “Essere un nemico degli Stati Uniti è pericoloso, ma essere un amico è fatale". E l’esperienza, comprese quelle più recenti, insegna che qualunque cosa si pensi del politico e diplomatico recentemente scomparso, almeno su questo punto aveva perfettamente ragione!

FONTI

www.lindipendente.online/2023/12/18/usa-e-canada-accusano-pechino-risponde-la-contesa-tra-cina-e-filippine-infiamma-il-pacifico/

www.china-files.com/alta-tensione-tra-cina-e-filippine-sul-mar-cinese-meridionale/

it.insideover.com/difesa/una-base-sullisola-contesa-la-mossa-che-fa-infuriare-la-cina.html

www.aljazeera.com/news/2023/12/10/philippines-and-china-accuse-each-other-of-south-china-sea-collisions

www.aljazeera.com/news/2023/12/9/philippines-condemns-chinese-actions-in-south-china-sea

www.lantidiplomatico.it/dettnews-global_times__la_provocazione_dellesercito_usa__come_unoperazione_ad_alta_quota_senza_una_corda_di_sicurezza/39602_51918/

italian.cri.cn/2023/12/18/ARTIeNrM9ONM41sVWXkNgdeR231218.shtml

www.lantidiplomatico.it/dettnews-mar_cinese_meridionale_lalleato_chiave_di_washington_fa_aumentare_la_tensione_con_la_cina_nelle_aree_contese/82_51893/

www.limesonline.com/cartaceo/le-filippine-sulla-linea-del-fronte

scenarieconomici.it/le-filippine-intendono-difendere-con-ogni-mezzo-le-proprie-acque-dalla-cina/

www.atlanteguerre.it/attriti-in-mare-fra-filippine-e-cina/

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www.asianews.it/notizie-it/Manila-e-Tokyo-rafforzano-la-difesa-marittima-comune-contro-Pechino-59777.html

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www.defense.gov/News/Releases/Release/Article/3383607/fact-sheet-us-philippines-bilateral-defense-guidelines/

www.money.it/la-rivalita-tra-usa-e-cina-colpisce-le-filippine-tutti-i-dilemmi-economici-di-manila

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[1] www.lantidiplomatico.it/dettnews-global_times__la_provocazione_dellesercito_usa__come_unoperazione_ad_alta_quota_senza_una_corda_di_sicurezza/39602_51918/

[2] it.insideover.com/difesa/una-base-sullisola-contesa-la-mossa-che-fa-infuriare-la-cina.html

[3] italian.cri.cn/2023/12/18/ARTIeNrM9ONM41sVWXkNgdeR231218.shtml

[4] ca.china-embassy.gov.cn/eng/sgxw/202312/t20231216_11203715.htm

[5] www.lantidiplomatico.it/dettnews-mar_cinese_meridionale_lalleato_chiave_di_washington_fa_aumentare_la_tensione_con_la_cina_nelle_aree_contese/82_51893/

[6] www.globaltimes.cn/page/202312/1303868.shtml

[7] www.asia-pacificresearch.com/us-shapes-philippines-southeast-asia-ukraine/5631846

[8] www.limesonline.com/filippine-duterte-bluff-diversificazione-cina-usa/94966

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[10] www.analisidifesa.it/2022/11/nuove-basi-americane-nelle-filippine-in-equilibrio-tra-usa-e-cina/

[11] www.ansa.it/sito/photogallery/primopiano/2023/04/11/filippine-al-via-esercitazioni-militari-congiunte-con-usa_7242c03e-5aac-4c63-bcfe-c426cd328b31.html

[12] kosovapress.com/it/biden-thote-se-shba-do-te-mbroje-filipinet-nese-kina-sulmon/

[13] www.asianews.it/notizie-it/Manila-e-Tokyo-rafforzano-la-difesa-marittima-comune-contro-Pechino-59777.html

[14] it.insideover.com/difesa/una-base-sullisola-contesa-la-mossa-che-fa-infuriare-la-cina.html

[15] www.limesonline.com/cartaceo/le-filippine-sulla-linea-del-fronte

[16] www.canada.ca/en/global-affairs/news/2023/12/statement-on-actions-taken-by-peoples-republic-of-china-against-philippines-vessels-in-south-china-sea0.html

[17] www.startmag.it/mondo/canada-interferenze-cina/

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