Che cosa aspetta l'Italia a nazionalizzare?



di Gilberto Trombetta


Come diceva Flaiano, «la situazione politica in Italia è grave ma non è seria».

Abbiamo due uomini soli al comando, Conte e Gualtieri, che nella migliore delle ipotesi non sanno che pesci prendere. Nella peggiore lo sanno perfettamente e si tratta di pesci per noi velenosi. Mortali.


Loro insistono per ricorrere al MES, con condizionalità ridotte o posticipate. Una proposta più dannosa che inutile. Anche perché all’esterno del Paese manda il segnale che il debito non sia sostenibile e che prima o poi vada ristrutturato. A detta del Presidente del Consiglio e del Ministro dell’Economia. Una follia.


L’alternativa sono gli eurobond, oggi chiamati in neolingua coronabond.


Un’altra soluzione che, alla fine della corsa, presenterebbe un conto salatissimo. Insostenibile, economicamente ed eticamente.


Intanto milioni di italiani sono stati, con colpevole ritardo di cui prima o poi bisognerà chiedere conto, messi in qurantena, chiusi dentro casa.


Senza nessun tipo di garanzia degna di questo nome. Né politica (siamo in una condizione di democrazia di fatto sospesa), né tanto meno economica.


Eppure adesso il Patto di (in)stabilità e (de)crescita è stato sospeso. Così come il divieto di aiuti di Stato. Insomma si può nazionalizzare come se non ci fosse un domani. Oggi.


Siamo alle soglie dell’ennesima grande crisi. Quando non siamo mai davvero usciti da quella precedente.


Oggi anche un Governo vergognosamente filoEUropeista come quello attuale dovrebbe essere in grado di comprendere la necessità di procedere a mettere in sicurezza per tempo, prima che sia troppo tardi, i settori strategici.


Mettere in sicurezza vuol dire nazionalizzare. Come ci dice, adesso, la UE. E come sta facendo, da tempo, la Germania. Che ha un settore bancario pubblico per circa il 66%.


Quando noi lo abbiamo privato praticamente al 100%.


È questo il momento, lo sarebbe, per nazionalizzare buona parte del settore bancario.


Ma non solo. Vanno, ce lo dice la UE, nazionalizzati i settori strategici a partire dai monopoli naturali (tipo Autostrade).


Energia elettrica, telecomunicazioni, sono tutte attività che devono tornare sotto il controllo esclusivo dello Stato. Come le poste. E Cassa depositi e Prestiti.


Andavano, ieri, non oggi, e nemmeno domani, sospese le tasse, per almeno 3 mesi. Per iniziare. Andavano garantiti soldi da accreditare direttamente sui conti di tutti i cittadini italiani. Almeno 2000 euro per il primo mese. Con la garanzia che gli accrediti continueranno per tutto il tempo necessario (cioè durante tutto il periodo di blocco, parziale o totale, delle attività).


Così prenderebbero i soldi, inizialmente, anche i ricchi? Chi se ne frega, i soldi non sono niente. Si creano dal nulla. Deve valere, in una situazione del genere, il principio di precauzione. Meglio dare, subito, i soldi a tutti, anche a qualcuno che non ne ha bisogno, piuttosto che lasciare fuori chi ne ha davvero bisogno.


Ci sarà tempo, una volta intervenuti nell’immediato per arginare la crisi, di studiare misure più calibrate sulle esigenze, reali e specifiche, dei cittadini.


Si devono convertire linee di produzione oggi vitali: dalle mascherine protettive ai ventilatori meccanici per la respirazione assistita.


Vanno riaperte le decine, centinaia, di Ospedali chiusi negli ultimi anni in nome del ce lo chiede l’Europa.


Vanno richiamati tutti i medici e gli infermieri che abbiamo costretto ad andare all’estero per colpa del numero chiuso o di salari non degni della loro professione.


Insomma vanno fatte politiche espansive dal lato della domanda. E rigorosamente a deficit.


Perché che il virus uccida è fuori discussione.


Ma una disoccupazione al 40% quanti altri morti farebbe?


In tutto questo continua la caccia all’untore promossa dal Governo al solo scopo di nascondere la sua clamorosa responsabilità.


Perché sono stati i politici degli schieramenti di Governo a contribuire in maniera determinante alla diffusione del virus in Italia.


Quando a epidemia già conclamata (fine febbraio) invitavano la gente a uscire, a tornare alla normalità, l’Italia non si blocca, Milano riparte e tutte quella valanga di criminose bestialità.


Oggi provano a far ricadere la colpa sul povero Cristo che, rispettando tra l’altro le regole, si va a fare una corsa, o un giro intorno al palazzo di casa o porta fuori il cane.


Con le pecore che da buon gregge gli vanno dietro quando a vedere i numeri i trasgressori non superano, in media, il 3-4% dei controllati. Niente praticamente. Basterebbe, al limite, aumentare i controlli, non la rigidità delle misure.


Il problema, forse, è far lavorare le categorie essenziali, a partire da quelle mediche, senza mascherine, senza protezioni adeguate.


Insomma il problema è, ancora una volta, l’assenza dello Stato. Che adesso prova a scaricare la colpa sui propri cittadini.


Vanno e soprattutto andranno inchiodati tutti alle loro responsabilità: tutti i partiti che non si sono opposti e non si opporranno alla svendita del Paese.


E, che sia chiaro, quelli che “tanto è tutto deciso”, “tanto non possiamo fare niente”, sono parte integrante del problema. Come e più dell’attuale classe politica.


E, in una situazione drammatica come questa, ricordiamoci pure chi è che invece ci ha aiutato.


Ovviamente non l’Unione Europea. Non la Germania che ci aveva bloccato le mascherine al confine. Non la Repubblica Ceca che aveva fatto la stessa infame scorrettezza.


Gli aiuti ci sono arrivati dalla Cina. Da Cuba. E dalla Russia.


Usciti da questa pandemia, usciti dalla crisi, usciti da quella fogna a cielo aperto chiamata Unione Europea, ci saranno da ripensare anche i rapporti con gli altri Paesi.

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