In difesa anche di Formigoni: Cacciari e castigo


di Paolo Desogus*

Ho visto solo ora il video di ieri sera in cui Massimo Cacciari si è lanciato nell’ennesimo spettacolino autodistruttivo, oltre il limite del demenziale. Durante la trasmissione In Onda ha preso le difese del “ladro competente” (figura incarnata all’occasione da Roberto Formigoni), ovvero dell’uomo politico che abusa della propria posizione per il guadagno personale, ma che tutto sommato porta avanti la baracca e assolve il compito per cui è stato eletto.

Lungi da me difendere queste sciocchezze, espresse peraltro in maniera così banale e ridicola dal risultare indifendibili anche per il più audace dei suoi estimatori. Non posso tuttavia fare a meno di provare una sorta di compassione per il loro estensore. In passato ho letto alcuni degli scritti di Cacciari e a settembre leggerò senz’altro il suo nuovo libro su Weber. Su di lui il mio giudizio è tiepido: non credo che sia questo grande pensatore come spesso viene descritto da quegli accademici che si vantano di averlo conosciuto - un po’ come da ragazzini ci si vantava di avere l’autografo di qualche noto calciatore -, ma indubbiamente merita attenzione.

Cacciari è certamente un pensatore colto, interessante e, soprattutto, terribilmente inquieto. Da uomo pubblico è tormentato dai propri fantasmi, dai propri tic mentali, dal desiderio di voler stare sul pezzo a qualunque costo, dal voler provocare anche quando non possiede uno straccio di contenuto (come evidentemente ieri sera). Vive la propria condizione storica come un castigo da rincarare continuamente accettando il presente nelle sue forme peggiori (tanto per dirne una è stato renziano come un italiano medio qualsiasi). Allo stesso tempo è un narciso assoluto, incapace di riconoscere le proprie gravissime responsabilità politiche. E anzi non rinuncia a profondere consigli, indicazioni, suggerimenti (ha votato sì al referendum). Non accetta poi critiche dall’esterno, figuriamoci! Questo privilegio è solo suo e lo sfrutta fino al punto da esibirsi pubblicamente come caricatura di se stesso. Evidentemente questo è l’unico modo di sentirsi vivo che gli è rimasto.

*Professore alla Sorbona di Parigi

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