L'antifilosofia che attacca la democrazia in Italia


di Paolo Desogus


Qualche giorno fa, in una discussione sul referendum, diversi fra i miei interlocutori mi hanno scritto una serie di affermazioni che possono essere così riassunte: "basta filosofia, abbiamo bisogno di pratica, di scelte, di decisioni".

Non c'è nulla di nuovo in queste affermazioni, ripetute per altro da numerosi politici, ultimo dei quali Stefano Bonaccini alcuni giorni fa. Se poi ci guardiamo intorno, una simile concezione antifilosofica ha trovato sponda in molti intellettuali e persino in quegli scrittori che esaltano la rapidità, il dover fare, l'ineluttabile corso della storia, tutti elementi contro i quali nessun pensiero ha il diritto di opporsi. Secondo tale concezione occorre stare sul pezzo.

Il mondo è là, ci dice cosa dobbiamo fare per stare meglio. Cosa è giusto e cosa è sbagliato è autoevidente. E quando non lo è ci sono gli specialisti, gli scienziati, gli economisti che con la tecnica ci dicono cosa è meglio e cosa è peggio.

A pensarci bene, dunque, il rifiuto del pensiero e della filosofia è una particolare forma di subalternità, di assoggettamento, di costrizione. È una forma di fatalismo storico. E anche quando sembra essere animato da audaci intenzioni e dal furore del voler fare (ve lo ricordate Renzi?) esso non rivela altro che un'attitudine passiva rispetto ai processi storici.

La filosofia ha una funzione radicalmente opposta. Ci dice che il mondo non è affatto trasparente e che ciò che è giusto o sbagliato non è per nulla autoevidente. Non solo, ci mette anche in guardia dalla tecnica, perché ci mostra che non è affatto neutrale, ma è anzi carica di pensiero elaborato altrove, fuori dal nostro controllo.

Checché ne dicano gli antifilosofi, il potere non ha mai smesso di pensare, di elaborare pensiero. Si è dotato anzi di agenzie, centri studi, giornali, fondazioni in cui riunire studiosi, esperti e filosofi grazie ai quali elaborare la propria visione del mondo e, parallelamente, la visione del mondo a cui devono obbedire i subalterni, ovvero quella filosofia che si insinua nel senso comune e che si manifesta anche nei luoghi apparentemente opposti al potere.

La volgare e disgustosa antipolitica dei 5 stelle e di buona parte del PD è esattamente il frutto di una lunga elaborazione politica e filosofica costruita da quei centri di potere che intendono limitare la democrazia in Italia attaccando il parlamentarismo. Proprio per questo, bisogna essere davvero imbecilli per non capire che una Repubblica parlamentare, come quella italiana, senza un parlamento forte mette in discussione non solo il proprio statuto democratico, ma la sua stessa idea di comunità che pensa sé stessa e che cerca di guidare i processi storici cercando di non farsi travolgere.

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