di Paolo Desogus
In un suo post Enrico Letta afferma che Donald Trump starebbe progettando un colpo di stato negli Stati uniti. Ci vuole naturalmente molta fantasia e una capacità di mistificazione molto grande per poter solo immaginare una simile sciocchezza. Però il pubblico italico è molto credulone e poi per il progressista rispettabile dire male di Trump è doveroso, anzi necessario.
Sembra infatti che non sia sufficiente formulare un giudizio critico su Trump. Non basta metterne in luce le contraddizioni, la sua appartenenza a un orizzonte politico che unisce nazionalismo e neoliberismo.
No, occorre definirlo fascista e se non basta nazista o addirittura golpista.
Mi sbaglierò, ma a me pare che le reazioni generate in Italia dal trumpismo siano la spia di qualche cosa che si vuole occultare, qualcosa di molto europeo da nascondere. Ripeto, posso certamente sbagliarmi, le mie considerazioni possono essere troppo affrettate, ma la sensazione è che la condotta politica di Trump metta in bell'evidenza la coscienza sporca del neoliberismo, anche di quello nostrano. Toglie il velo di ipocrisia a qualcosa che esisteva prima di Trump e che si vuole che continui in modo mascherato, ovvero la mercificazione dei rapporti umani, l'uso della forza dello stato per la cura degli interessi economici di piccole ma potentissime élite, il razzismo e le diseguaglianze di genere che i neoliberali moderati, europei e americani, pensano di nascondere con gli asterischi, con le "a" al posto delle "o" oppure con proclami pro immigrazione che trasformano i nuovi arrivati in schiavi per i campi.
Non ho dubbi su quanto Trump sia politicamente negativo, ma l'antitrumpismo non riscatta l'establishment europeo e italiano. La sua sconfitta politica non purga il neoliberismo moderato - apparentemente moderato - dei suoi mali.
*Professore alla Sorbona di Parigi
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