A chi parla di "guerra" in Palestina

11 Gennaio 2024 19:00 Paolo Desogus


di Paolo Desogus

Non mi è chiaro a quale mediocre film hollywoodiano facciano riferimento quelli che parlano di "guerra" in Palestina. Certo, si può sempre usare questo termine in modo generico, ma sono parecchio fuori luogo i confronti con i conflitti veri e propri tra eserciti. Lo stesso paragone con la disastrosa guerra al terrore di Bush è piuttosto fragile, dal momento che Israele non ha colpito le sedi in Qatar dove risiedono i capi di Hamas.

Quella in Palestina è di fatto un'operazione di pulizia etnica da parte di un esercito regolare contro un popolo senza stato e senza esercito, da anni assoggettato in modo barbaro e omicida e più e più volte obbligato ad abbandonare le proprie terre. Solo parzialmente si tratta di un'operazione di polizia condotta contro alcune organizzazioni terroristiche e in particolare contro Hamas, i cui gruppi armati non possono in ogni caso essere paragonati a quelli di un vero e proprio esercito. Gli attacchi contro Hamas sono del resto secondari e spesso pretestuosi per giustificare agli atti di sterminio e di distruzione generalizzata di tutto ciò che è palestinese.

Oggi comincia il processo all'Aja per genocidio contro Israele chiesto dallo stato del Sud Africa. Trovo vergognoso e ignobile che l'Unione Europea non si sia affiancata a questa richiesta di condanna. I paesi del nostro continente mostrano infatti di essere in preda una deriva di pensiero, a un ripiegamento nichilistico che conduce ad agire opportunisticamente nello scacchiere internazionale e che si propone di salvare le apparenze con una retorica ipocrita e non di rado miserabile.

Questa china è il segno del declino europeo. I nostri paesi contano sempre meno. Il loro peso culturale ed economico è sempre meno decisivo rispetto alle realtà emergenti. Naturalmente gli Stati Uniti, nostri alleati, restano una superpotenza capace di difendere i propri interessi e di esercitare su di noi un potere di controllo ancora formidabile. Anche loro devono però fare i conti con la vivacità intellettuale, economica e sociale di altre realtà in Asia e in Africa. Forse è giusto così, ci meritiamo tutto questo disonore.

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