L'8 marzo ai tempi del Covid: una donna uccisa ogni 3 giorni

08 Marzo 2021 09:00 Agata Iacono

La festa della donna con il boom di femminicidi e violenze domestiche durante il lockdown.

La condizione della donna in solo un anno è tornata a quella precedente alle prime conquiste sul divorzio e, nel lavoro, sul riconoscimento del diritto alla maternità e a poter accedere alla carriera con pari opportunità.

Siamo tornate indietro al 1974.

Chiuse in smartworking con i figli a casa (in didattica a distanza) costrette ad una coabitazione forzata e prive di sostegno socio-psico-pedagogico, assistenziale, economico, le donne sono le vittime.

E non serve la solita sceneggiata annuale per capire e denunciare che il problema è drammatico: né il governo Conte né il governo Draghi hanno affrontato il gravissimo fenomeno.

Durante il lockdown le donne che avevano già denunciato il partner per violenze sono state costrette a convivere con l'aguzzino senza che fosse nemmeno offerta un'alternativa.

La forzata coabitazione nelle case ha così allungato ancora di più la pagina nera dei femminicidi nel nostro Paese.

Il dato trova conferma nel report dell'Istat dedicato agli omicidi: nei primi 6 mesi 2020 i femminicidi sono stati pari al 45% del totale degli omicidi, contro il 35% dei primi sei mesi del 2019.

La percentuale è significativamente pari al 50% durante il lockdown nei mesi di marzo e aprile 2020 di lockdown totale.

Secondo l'Istituto di statistica le donne sono state uccise all'interno delle mura domestiche - quindi in un ambito affettivo/familiare - nel 90% dei casi nel primo semestre 2020 per mano del partner o di un ex partner (61%).

L’isolamento e l’impossibilità di sottrarsi materialmente alle violenze uscendo di casa, in un clima esacerbato dal terrorismo del contagio e dall'incertezza alimentati dai media, alimentato dall'ansia della situazione economica e lavorativa sempre più precarie, hanno reso le donne e i loro figli ancora più esposti alla violenza domestica.

Anche secondo il VII Rapporto Eures sul “Femminicidio in Italia” uno degli aspetti più rilevanti nell’analisi del fenomeno nei primi 10 mesi del 2020 riguarda proprio la “correlazione tra convivenza e rischio omicidiario”.

Si tratta di una donna uccisa ogni tre giorni.

Il dato sulle uccisioni delle donne ha trovato conferma pochi giorni fa anche nel rapporto del Servizio analisi criminale della Polizia. Dallo studio è emerso un incremento delle donne uccise in ambito familiare, soprattutto nei mesi febbraio, maggio e ottobre 2020 quando il 100% delle donne vittime di omicidio hanno perso la vita in un ambito familiare-affettivo.

Secondo il IV Rapporto sull’Imprenditorialità Femminile di Unioncamere negli ultimi 5 anni le imprese femminili sono aumentate a ritmi molto più sostenuti rispetto alle imprese aperte da uomini: +38.080 contro +12.704. Il lockdown ha però frenato la crescita: confrontando il periodo tra aprile e giugno 2019 con lo stesso trimestre del 2020, infatti, il numero di nuove aziende iscritte al Registro delle Imprese è calato del -42,3% per quelle femminili rispetto al -35,2% registrato per quelle maschili.

Non si possono declassificare queste violenze nell'ambito del solito discorsetto sul sessismo trasversale, che prescinde dalla classe sociale, dallo stato economico e culturale.

No.

Sono omicidi di classe.

Perché ancora più oggi la Pandemia sanitaria e la sua scellerata gestione ha messo in luce la differenza tra classi sociali, ha evidenziato come le leggi e le norme che riconoscono i diritti civili e le pari opportunità non bastano da sole a incidere sulla condizione femminile: la donna, in una catena di sfruttamento e profitto, è solo l'ultimo anello, la prima vittima sacrificale.

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