Colao e i limiti dell'inquinamento elettromagnetico

12 Aprile 2021 15:00 Agata Iacono

Tutto in nome del Leitmotiv "Salute", prima dell'economia, prima della scuola, prima del lavoro, prima della socialità, prima del disagio psichico soprattutto dei giovani adolescenti che sempre più riempiono i reparti di psichiatria infantile per tentato suicidio.

Ma se è la salute il vero obiettivo del governo Draghi, con il placet di una maggioranza bulgara, perché i provvedimenti vanno in direzione opposta?

È la tutela della salute a dare il via alle concessioni per l'estrazione di gas e greggio in tutta Italia?

È lla tutela della salute, e quindi dell'ambiente, ad innalzare i limiti dell'inquinamento elettromagnetico?

La proposta di alzare i limiti era già stata presentata lo scorso anno da Vittorio Colao, che allora presiedeva la task force governativa (nel Comitato tecnico-scientifico), e poi ritirata dal Governo Conte.

Ma adesso Colao - ex amministratore delegato dal 2008 al 2018 di Vodafone - è ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale nel Governo Draghi.

E in barba al paradigma salute-ambiente, l'Italia preferisce non adottare il principio di precauzione secondo l’art. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) per innalzare l’elettrosmog fino a 61 V/m, cioè al massimo finora consentito nel mondo senza uno straccio di prova scientifica sugli effetti sanitari.

Quindi, mentre con un decreto datato 25 marzo 2021 Draghi stoppa il mercato cinese, esercitando i poteri speciali su un contratto di fornitura 5G alla società Linkem da parte di Huawei e Zte, (cioè le aziende cinesi accusate dall’intelligence statunitense di spionaggio per conto del governo di Pechino, messe al bando dalla Federal communication commission e definite una “minaccia” dal Copasir nell’ormai celebre rapporto sul 5G di fine 2019), il business si apre alle Big Data occidentali.

Netta la condanna del medico Agostino Di Ciaula, guida del comitato scientifico dei medici ambientali di ISDE Italia e autore di una ricerca sui pericoli socio-sanitari delle radiofrequenze non ionizzanti del 5G.: “da tempo gli operatori hanno definito apertamente la normativa italiana un “limite” all’avanzamento del 5G. Ora, come previsto, arriva la proposta di “adeguamento” dei limiti italiani (6 V/m) “a quelli europei” (61 V/m). Questo consentirebbe di rimuovere ogni ostacolo residuo, anche grazie all’ulteriore “semplificazione” delle già ridicole procedure autorizzatorie.

Vengono ancora una volta ignorati i rischi sanitari dell’esposizione, i richiami internazionali alla prudenza, i vuoti della normativa che dovrebbe regolamentare il 5G e le difficoltà ad eseguire monitoraggi utili a verificare le reali esposizioni individuali in presenza del nuovo network. Ancora una volta si sta decidendo di far pendere pesantemente la bilancia delle necessità di tutela dalla parte dell’industria e non da quella dell’ambiente e della salute pubblica“.

È il nuovo corso del Capitalismo digitale, della proprietà dei dati e non più della forza lavoro, della sorveglianza digitale, del controllo assoluto, a favore delle grandi multinazionali che già il lockdown ha permesso di arricchirsi oltre ogni vergogna.

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