di Giulio Di Donato
Riformate il reddito di cittadinanza, aprite le porte ai lavoratori stranieri: urge manodopera a basso costo!
In poche righe un compendio della destra economica: il divario tra offerta e domanda di lavoro non è mai, a prescindere, un problema di salari bassi o di tutele insufficienti. Che la soluzione sia quella di superare il reddito di cittadinanza o quella di attingere a un nuovo bacino di manodopera straniera a basso costo, ciò che importa è contenere salari e diritti in basso a tutto vantaggio del profitto e delle logiche di mercato.
Peccato che a sinistra spesso si denunci giustamente il primo punto, ma si taccia sul secondo, attraverso il solito gioco delle rimozioni e delle visioni monodimensionali. Il tutto ignorando, come è proprio di una visione economicista, la dipendenza e le implicazioni multifattoriali di fenomeni storici di portata epocale quali l’impatto dei nuovi flussi migratori: ovvero la dimensione politica e prepolitica, quella geopolitica, l’analisi specifica della situazione concreta ecc. Tutto questo viene ovviamente rimosso: valgono solo le logiche eterne e sempre uguali a se stesse della Cosa economica. Peccato poi che la realtà, questa sconosciuta, smentisca continuamente l’utilità di tali schemi, Barba-Pivetti docet.
Eppure l’evidenza ci ricorda questo: in un contesto come quella attuale, di rapporti di forza fortemente sbilanciati in senso contrario agli interessi del mondo del lavoro, la pressione migratoria rappresenta una spinta difficilmente arrestabile verso il basso e una garanzia di conservazione degli equilibri attuali. Diverso il caso di una situazione vicina ad uno stato di piena e buona occupazione, con rapporti di forza favorevoli sia a livello interno che esterno: in quel caso politiche di maggiore apertura non producono autenticamente quella pressione al ribasso quanto a potere politico e sociale delle forze del lavoro di cui sopra.
Tutto questo significa restare indifferenti rispetto ai grandi mali del mondo? Tutt’altro. Il punto di partenza è nazionale, ma la prospettiva è internazionale e non può essere che tale, scriveva Antonio Gramsci.
Il primo passo è allora la conquista delle leve di comando nei singoli Paesi attraverso una proposta politica in grado di generare consenso oltre l’ambito dei ceti medio-alti riflessivi (difficilmente l’utopia ultra liberal delle frontiere aperte può riuscire in questo intento). Il passo successivo è adoperarsi a livello di cooperazione internazionale tra Stati per rimuovere le cause profonde delle migrazioni forzate (su tutte la povertà estrema e le politiche di guerra dell’Occidente).
Fuori da questo disegno ci sono solo la chiacchiera moralistica, la fuga impolitica nell’astratto e i gesti, comunque preziosi, di solidarietà concreta dei singoli.
di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico Io credo che le prossime elezioni europee andrebbero inquadrate nel modo più corretto possibile. Provo a dare la mia interpretazione. 1 Si dà troppo...
di Andrea Zhok* Tre giorni fa, il 16 aprile, l'autorevolissima rivista di provata fede atlantista "Foreign Affairs" ha pubblicato un articolo che mette la parola fine a tutte le chiacchiere intorno...
di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico Abbiamo sempre sottolineato che questa enorme crisi geopolitica in corso abbia una origine di tipo economico e monetario. Del resto solo le persone ingenue...
di Alessandro Orsini* C’è questa idea senza alcun fondamento empirico secondo cui le democrazie occidentali sono sempre migliori delle dittature. Lo studio della storia smentisce...
Copyright L'Antiplomatico 2013 all rights reserved
L'AntiDiplomatico è una testata registrata in data 08/09/2015 presso il Tribunale civile di Roma al n° 162/2015 del registro di stampa