Censura "Referendum". Un grazie al Fatto Quotidiano che rompe il muro dell'omertà



Il muro di omertà sulla incredibile censura di Youtube del film "Referendum" di Michelangelo Severgnini prodotto da l'AntiDiplomatico viene rotto oggi dal Fatto Quotidiano con un articolo di Lorenzo Giarelli che rilanciamo in calce.

Grazie a lui e grazie al direttore Marco Travaglio per il coraggio dimostrato

La Redazione de l'AD


P.S. IL FILM RESTA VISIBILE SU VIMEO:




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di Lorenzo Giarelli - Fatto Quotidiano (26 maggio 2023)

È rimasto in Rete poche ore, dal sabato sera alle 9 e mezzo circa fino all’alba di domenica. Poi è sparito, con tanto di sanzione da parte di Youtube: account sospeso per una settimana. Non certo l’esordio che la testata L’AntiDiplomatico immaginava per il documentario Referendum, ideato e girato da Michelangelo Severgnini. Circa 40 minuti per raccontare il lavoro dei due Comitati promotori dei referendum che puntano a fermare l’invio di armi italiane in Ucraina, rappresentati dal giurista Ugo Mattei e dal saggista Enzo Pennetta.

Il documentario è ancora visibile (a pagamento) sulla piattaforma Vimeo, mentre non ce n’è più traccia su Youtube, dove l’AntiDiplomatico lo aveva messo a disposizione degli abbonati al proprio canale. Gli interessati non esitano a definire “una censura surreale” quanto successo: “Ci contestano l’aver diffuso un contenuto di disinformazione – racconta Alessandro Bianchi, l’editore della testata – accusando il documentario di non aver contestualizzato alcune immagini di bombardamenti. Ma basta guardare il film per accorgersi che non è così”. In effetti, le scarne informazioni fornite dall’algoritmo di Youtube fanno riferimento a “contenuti presentati erroneamente come prova di abusi dei diritti umani commessi in una località specifica, ma che riguardano in realtà un’altra località o un evento diverso”; nonché a “contenuti che mostrano la repressione militare di una protesta dichiarando impropriamente che i contenuti riguardano un evento attuale, quando in realtà il filmato risale a diversi anni prima”.

Nessuna indicazione precisa sulle scene che sono costate lo stop, che pure sarebbero facilmente individuabili comunicando al canale il minuto esatto del video relativo alla presunta violazione. E così non restano che le ipotesi: “Ci sono dei filmati relativi a bombardamenti di Baghdad da parte degli Stati Uniti, ma compare una didascalia che specifica luogo e anno – si giustifica Severgnini – Non capisco a cosa possano riferirsi”.

Più volte, nel documentario, vengono mostrate fasi di guerra anche in territorio ucraino, con filmati a partire dal 2014, ma le immagini non sembrano mai fuori contesto. Per questo l’AntiDiplomatico ha presentato ricorso contro lo stop e attende una risposta entro domani dal colosso di proprietà di Google. Al di là dell’esito, la delusione resta: “Questo episodio – è l’amarezza di Severgnini – matura all’interno di un contesto non facile. C’è una censura assoluta dell’informazione mainstream rispetto al referendum”. Il regista ha lavorato parecchio all’estero e non si aspettava di ritrovare tante difficoltà in Italia: “Sono tornato da pochi anni e non capisco più cosa sta succedendo in questo Paese. Viviamo in una atmosfera asfissiante”. Lo stop di Youtube è infatti coerente col contesto informativo: “Già lo scorso anno ho avuto enormi difficoltà a presentare L’Urlo, un documentario che indagava sull’immigrazione dalla Libia e contestava alcune pratiche delle Ong. Adesso le stesse difficoltà le ha chi prova a parlare di questi referendum sulle armi”. Stesso concetto espresso da Bianchi: “Mi colpisce come su questi referendum si voglia a ogni costo evitare di creare dibattito, non c’è possibilità di rompere questo muro”.

È quel che denuncia pure Mattei, che dei quesiti per dire stop alle armi è ideatore insieme a Pennetta: “È una censura incredibile. Mi viene da pensare che l’algoritmo si rifiuti di far passare un contenuto che a priori parli di referendum, come fosse bandita anche solo la parola. È impressionante”. Anche per questo la raccolta firme per i quesiti non è semplice. Serve arrivare a 500mila adesioni entro fine luglio, quando saranno passati tre mesi dal lancio della raccolta, ma la scarsa “pubblicità” mediatica ai referendum rende la strada parecchio in salita.

Il documentario sarebbe servito anche a compensare il silenzio delle tv e della gran parte dei giornali, portando le testimonianze dei pacifisti che si sono mobilitati contro il coinvolgimento dell’Italia negli aiuti militari a Kiev, in nome dell’articolo 11 della Costituzione (quello per cui “l’Italia ripudia la guerra”). Non a caso Pennetta, in una intervista all’AntiDiplomatico, ha denunciato lo strano clima in cui i promotori raccolgono le firme: “I banchetti aumentano di giorno in giorno ma cresce ogni giorno anche il silenzio mediatico, della politica, dei giornalisti, degli artisti, degli influencer”. Gli stessi che nulla hanno da dire neanche rispetto alla sanzione di Youtube contro il documentario, come nei giorni scorsi Bianchi ha notato in uno degli articoli online sulla vicenda: “Quello che è successo non riguarda solo l’AntiDiplomatico, ma tutti voi, qualunque sia la vostra posizione politica. Ci rivolgiamo in particolare agli elettori del Pd, il partito più atlantista d’Italia: fino a quando potrete accettare di vivere in un sistema che silenzia in questo modo le voci dissenzienti? Prestate molta attenzione, cari elettori del Pd, perché quello che state avallando è un pericoloso metodo anticostituzionale. E come tutti i metodi, un giorno potrà essere utilizzato contro di voi”. Senza dimenticare che, oltre al danno “informativo” provocato dalla rimozione del documentario, la decisione di Youtube causa anche un danno economico alla testata, che per una settimana non può pubblicare contenuti e deve rinunciare ai potenziali introiti generati dal film. Non solo: nell’avviso di domenica scorsa, Youtube informava anche che, in caso di nuova violazione delle regole, il canale dell’AntiDiplomatico sarebbe andato incontro a uno stop di due settimane, preludio al blocco definitivo.

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