Andrea Zhok - Alcune considerazioni sulla manifestazione No GP di Roma

Le pagine dei giornali e le aperture dei telegiornali presentano la manifestazione di contestazione del certificato verde svoltasi ieri a Roma in maniera – non inaspettatamente – uniforme. La lettura complessiva è riassumibile nella frase: “I Novax-No Green Pass sono egemonizzati dalla destra neofascista”.

Ora, stendiamo un pietoso velo sulla perfetta malafede con cui si è applicato e si continua ad applicare il termine “No Vax” ai contestatori del Green Pass (gente di norma plurivaccinata, spesso anche con i prodotti anti-Covid). I giochini distorsivi della semantica sono più o meno l’ultima forma di autonomia creativa rimasta al giornalismo italiano, che per il resto esegue.

No, lasciamo da parte questo fatto e veniamo alla manifestazione, agli eventi che vi sono occorsi e all’interpretazione che se ne può dare.

Nella manifestazione di ieri la stragrande maggioranza delle persone (almeno 80.000, per la questura 36 e un Rottweiler) si sono attenute strettamente alle condizioni di manifestazione. Ci sono stati numerosi blocchi a monte da parte della polizia, che hanno reso arduo, e ad alcuni impossibile, l’accesso alla piazza, ma comunque la manifestazione stessa è stata imponente, in ulteriore crescita rispetto alle precedenti.

Due gruppi non si sono attenuti a quanto pattuito in termini di percorso. Un gruppo, abbastanza numeroso, si è diretto verso Montecitorio, l’altro, circa una ventina di energumeni neofascisti ha attaccato il pianterreno di una sede della CGIL.

Il primo gruppo, formato da manifestanti pacifici, con in testa un gruppo di madri, è stato bloccato con idranti, lacrimogeni e manganelli.

Non risultano agli atti simili esibizioni di fermezza nei confronti del gruppo neofascista, che ha potuto proseguire nella sua devastazione a beneficio delle telecamere.

I giornali odierni sono dedicati integralmente alle vicende del secondo gruppo, delle sorti del primo non è pervenuto nulla o quasi.

Bene.

Veniamo alla questione della “egemonizzazione del movimento da parte della destra neofascista.”

Da quando ho memoria politica, praticamente qualunque manifestazione di massa che non fosse organizzata da partiti o sindacati ha presentato qualche episodio di violenza. Anche in presenza di un servizio d’ordine organizzato è molto difficile tenere alla larga infiltrazioni di qualche soggetto violento; in manifestazioni spontanee auto-organizzate questo è semplicemente impossibile. D’altro canto, invero, a sorvegliare e reprimere atti di violenza dovrebbero essere le forze dell’ordine, che a ciò sono deputate, non servizi d’ordine indipendenti.

Che il “Movimento No Green Pass” sia egemonizzato dalla destra neofascista è un’asserzione ridicola a chiunque si sia preso la briga di vederne le ragioni e di andare al di là delle strumentalizzazioni giornalistiche.

Ciò che però non finisce di sorprendere è la facilità con cui questo gioco con l’opinione pubblica – sempre uguale, sempre monotonamente lo stesso – riesce sistematicamente. Non c’è episodio di protesta civile che non sia stato etichettato come o temibilmente anarchico o temibilmente neofascista, sulla scorta delle escandescenze dell’occasionale minoranza esagitata. Dipende poi dall’uniformità o meno dell’apparato mediatico se magnificare questa lettura o meno.

Questo gioco conduce tipicamente alla creazione di discredito prima, e alla legittimazione della repressione poi. Furono le scorrerie libere dei black bloc (anarchici) a giustificare la mattanza di Genova. Solo uno straordinario livello di ingenuità potrebbe far ritenere, o avrebbe potuto far ritenere al tempo, che il movimento No Global di quegli anni coincidesse con, o fosse egemonizzato da, gli anarcoinsurrezionalisti. Tuttavia di norma il gioco funziona quanto basta per spegnere gli entusiasmi e far capire che manifestando da una certa parte si rischia.

Di questa vicenda colpisce infine, e soprattutto, una cosa. Il suo formidabile tempismo.

La contestazione del certificato verde – certificato la cui natura sproporzionata e incongrua alle finalità dichiarate dovrebbe essere oramai chiara a tutti – è andata costantemente crescendo nelle ultime settimane.

Questa era l’ultima manifestazione nazionale prima dello sciopero dichiarato a partire dal 15 ottobre, in occasione dell’estensione del GP all’intero mondo del lavoro. Settori lavorativi strategici del paese hanno annunciato l’adesione allo sciopero.

Già molti presidenti di regione hanno fatto presente al presidente del consiglio come ci si trovi di fronte ad un possibile blocco delle attività che risulterebbe insostenibile.

Nei giorni scorsi autorevoli audizioni al Senato presso la commissione Affari Costituzionali hanno piallato senza remissione le motivazioni scientifiche sbandierate a supporto del GP.

Per il presidente Draghi l’incubo di una capitolazione, che incenerirebbe le proprie ambizioni alla presidenza della Repubblica, si profilava all’orizzonte.

Ed ecco che in questo contesto preoccupante, dove il rischio di un’unificazione trasversale del mondo del lavoro è dietro l’angolo, scende luminosa in scena la Provvidenza.

La Provvidenza prende qui la forma di una ventina di ultras neofascisti che vanno ad attaccare proprio la sede del maggior sindacato italiano.

A questo punto l’identificazione, reiteratamente tentata in precedenza, della contestazione al GP con la minaccia fascista è servita su un piatto d’argento.

A questo punto i lavoratori che prossimamente potrebbero aderire allo sciopero, spesso in settori sindacalizzati fieramente antifascisti, possono essere additati come fiancheggiatori del fascismo.

Un colpo durissimo alla vigilia del momento decisivo di questa vicenda.

Non c’è che dire, la Provvidenza in Italia funziona sempre benissimo.

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