L'ex presidente dell'Honduras Juan Orlando Hernandez condannato per traffico di droga

10 Marzo 2024 18:12 La Redazione de l'AntiDiplomatico

L'ex presidente dell’Honduras Juan Orlando Hernández, che ha governato il Paese tra il 2014 e il 2022, è stato riconosciuto colpevole negli Stati Uniti di aver importato 500 tonnellate di cocaina nel Paese che ora lo sta processando. Già il 15 febbraio 2022, 19 giorni dopo aver lasciato l'incarico, Hernández era stato arrestato nella sua residenza e il 21 aprile è stato estradato negli Stati Uniti.

La giustizia non ha ancora stabilito quanti anni passerà in carcere, ma c'è il precedente di suo fratello, l'ex deputato Juan Antonio "Tony" Hernández, condannato tre anni fa all'ergastolo più trent'anni, la stessa pena ricevuta da Joaquín "El Chapo" Guzmán, il leader messicano del cartello di Sinaloa, che si era recato personalmente in Honduras per contribuire con un milione di dollari alla campagna elettorale che avrebbe portato Hernández a "vincere" la sua prima presidenza, come segnala il quotidiano argentino Pagina|12.

È sempre più evidente come, dopo il colpo di Stato per rovesciare Manuel Zelaya Rosales nel 2009, le bande di narcotrafficanti in Honduras siano penetrate nell'amministrazione pubblica e ne abbiano cooptato i vertici per portare avanti ogni tipo di attività illecita, non solo l'importazione, la produzione e l'esportazione di cocaina, ma anche un metodico saccheggio delle casse dello Stato, portando i tassi di povertà a quasi il 70% e spingendo la popolazione a fuggire verso nord in carovane di migranti. Hernández aveva ottenuto la rielezione dopo che le autorità giudiziarie lo avevano autorizzato illegalmente alla rielezione nel 2017 e aveva vinto grazie a evidenti brogli.

Uno dei testimoni più rilevanti nel processo all'ex presidente è stato Fabio Lobo - figlio di Porfirio "Pepe" Lobo, che ha presieduto l'Honduras tra il 2010 e il 2014 - arrestato nel 2015 dalla DEA ad Haiti e condannato per aver cospirato per aver importato e distribuito cocaina negli Stati Uniti. Lobo ha ammesso di aver finanziato la campagna elettorale di Hernández del 2013 con quasi mezzo milione di dollari, in cambio di protezione per i suoi soci della droga. Ha anche accusato il padre di aver ricevuto contributi, probabilmente cercando di ridurre la sua condanna in cambio di collaborazione.

L’ex presidente dell’Honduras è stato anche accusato di aver monopolizzato il business del narcotraffico attaccando i suoi concorrenti, portando persino l'ex leader dei "Los Cachiros" a consegnarsi alla DEA come informatore per paura di essere ucciso dai nuovi capi. Rivera Maradiaga ha testimoniato contro l'ex presidente e ha rivelato i suoi legami con il narcotraffico, incluso il presunto coinvolgimento della sorella del presidente. Il suo video con Juan Antonio Hernández è stato utilizzato come prova chiave per condannare quest'ultimo. Durante il processo a New York sono state presentate prove significative, come le "narcolibretas", che contenevano dettagli sul narcotraffico e menzioni di "Tony" e Juan Orlando Hernández. Tuttavia, alcuni testimoni chiave sono stati uccisi, inclusi Magdaleno Meza, il presunto proprietario delle libretas, e la sua famiglia, poco dopo la condanna di "Tony".

Uno dei personaggi chiave nel processo è stato Alexander Ardón Soriano, ex sindaco di El Paraíso, Copán, una città situata al confine con il Guatemala, considerata una tappa cruciale per il traffico di droga diretto verso il nordamerica.

Durante il suo interrogatorio, Ardón ha rivelato di aver orchestrato ben 56 omicidi e di aver agito come intermediario tra il famigerato capo del cartello "El Chapo" Guzmán e Hernandez stesso. Ha ammesso di aver corrotto membri del congresso locale per favorire la candidatura di Hernandez, gettando luce sulle pratiche dubbie utilizzate per consolidare il potere politico.

Nonostante le raccomandazioni legali, Hernandez ha deciso di testimoniare nel proprio processo. Ha ammesso di aver chiesto ad Ardón di ritirarsi dalla politica locale a causa delle voci riguardanti le sue attività sospette. Tuttavia, ha anche rivelato di non aver mai avviato indagini su di lui né sul suo fratello, un silenzio che desta sospetti e solleva domande sulla reale volontà di contrastare il crimine.

Il processo ha inoltre messo in luce la mancanza di alcuni testimoni chiave, tra cui Juan Carlos "El Tigre" Bonilla, ex capo della polizia nazionale e fedele sostenitore di Hernandez. Bonilla, che si è dichiarato colpevole prima del processo, avrebbe potuto fornire ulteriori informazioni sul coinvolgimento di Hernandez nelle attività illecite.

La procura ha accusato Hernandez di essere un "narcotrafficante su larga scala", utilizzando il suo potere per facilitare il traffico di droga negli Stati Uniti. Si sostiene che Hernandez abbia estradato alcuni narcotrafficanti per proteggere se stesso, inviando un chiaro messaggio che coloro che rimanevano fedeli a lui avrebbero goduto di impunità.

Il processo continua a gettare luce sui loschi legami tra il potere politico e il mondo criminale, rivelando un quadro inquietante della corruzione e del degrado morale all'interno delle istituzioni dell’Honduras.

Durante il processo, l'ex presidente e i suoi avvocati hanno sostenuto la teoria secondo cui coloro che hanno testimoniato contro di lui erano in realtà criminali danneggiati dalle sue politiche efficaci nel combattere il narcotraffico e cercavano solo vendetta. Tuttavia, per la giuria composta da civili statunitensi, è stata più rilevante la sua apparente mancanza di volontà nel investigare ciò che accadeva intorno a lui, considerando la sua posizione di presidente. È stato riconosciuto colpevole di varie accuse, tra cui l'importazione di cocaina negli Stati Uniti e la cospirazione per l'uso di armi da fuoco e esplosivi per esportare droga.

Ora si attende che il giudice Kevin Castel - che ha anche presieduto il caso di "Tony" - emetta la sentenza. Nel frattempo, in tutto il territorio honduregno si festeggia l'esito del "processo del secolo" contro l'ex presidente Juan Orlando Hernández, che, credendo nell'impunità, non ha esitato a reprimere e assassinare la popolazione che per anni ha protestato nelle strade chiedendo giustizia e il ritorno della democrazia.

Nel frattempo, il governo dell'attuale presidente Xiomara Castro - compagna di Manuel Zelaya - ha raggiunto metà del suo mandato, cercando di risollevare il paese dalla tragedia ereditata dai narcotrafficanti. Contrastare anni di corruzione e impunità non sarà facile, ma il novo governo è al lavoro per trasformare il Potere Giudiziario con il cambio della Corte Suprema e del nuovo Procuratore Generale, che sta già riesaminando accuse che non sono mai state portate avanti.

Forse in futuro non sarà più necessario attendere che gli Stati Uniti estradino i narcotrafficanti che loro stessi hanno contribuito a far crescere. Forse potranno essere processati in Honduras, non solo per l'export di cocaina, ma anche per i crimini commessi nella loro stessa terra.

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