Il numero di civili palestinesi uccisi da Israele il giorno dopo la risoluzione vincolante dell'ONU

26 Marzo 2024 15:00 Clara Statello


di Clara Statello per l'AntiDiplomatico


Si è consumato al Consiglio di Sicurezza lo strappo tra Joe Biden e Benjamin Netanyahu. Sotto pressione dell’elettorato dem e della comunità internazionale, per la prima volta gli Stati Uniti non hanno utilizzato il potere di veto su una risoluzione vincolante per il cessate il fuoco a Gaza, privando Israele dello scudo all’ONU.

Come ha fatto notare in un’intervista al Corriere il diplomatico israeliano Alon Pinkas, già consigliere dei governi Peres e Barak, l’astensione di Washington è un avviso di sfratto per il premier israeliano:

“Credo che più ancora del cessate il fuoco, alla Casa Bianca interessino elezioni anticipate in Israele e la fine di Netanyahu”.

Dopo mesi di tensioni e di fallimentari tour in Medio Oriente del segretario di stato Anthony Blinken, gli Stati Uniti deducono che il problema sia Netanyahu in persona. Il leader della maggioranza al Senato, Carl Schumer, nei giorni scorsi gli aveva apertamente chiesto di farsi da parte, incassando il sostegno dell’ex premier israeliano Olmert. Lo ha definito il “un ostacolo per la pace” che ha “smarrito la strada” per anteporre la propria sopravvivenza politica agli interessi dello stato ebraico.

Il problema della Casa Bianca, non è tanto ( o non solo) la “sproporzionata risposta” di Israele all’attacco del 7 ottobre, ovvero il genocidio in corso a Gaza, ma riportare nei ranghi un capo di governo che si comporta come un cavallo pazzo, per realizzare i suoi piani per il dopoguerra: una soluzione a due stati con un ruolo dell’Anp nell’enclave. Le altre questioni su cui Washington intende imporre la sua linea sono la consegna degli aiuti umanitari e il no all’offensiva su Rafah.

In questo senso Biden ha assicurato che il voto di ieri non cambia la posizione degli Stati Uniti nei confronti di Israele. La strategia sembra essere quella di mettere all’angolo Netanyahu e liberare forze più leali alla Casa Bianca.

La reazione di Israele

Mentre i più stretti alleati degli USA – UE e Gran Bretagna – applaudivano l’esito della votazione di ieri chiedendo l’attuazione immediata della risoluzione, l’estrema destra israeliana recalcitrava. Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich chiedeva di ignorare la decisione dell’ONU.

“Il nostro rapporto con gli Stati Uniti è sempre stato quello di un partner, ma non di uno stato protettore. Questa non è la prima volta che un governo israeliano è stato costretto a prendere decisioni contrarie alla posizione del governo degli Stati Uniti", ha puntualizzato.

Netanyahu per ritorsione ha annullato la visita alla Casa Bianca di una delegazione di governo, composta tra gli altri dal ministro degli affari strategici Ron Dermer e il consigliere per la sicurezza nazionale Tzachi Hanegbi. Resta in agenda il bilaterale tra il capo del Pentagono Lloyd Austin e il ministro israeliano della Difesa Yoav Gallant, anche lui in visita negli USA.

E’ nella morsa del braccio di ferro tra Biden e Netanyahu che deve intendersi la mossa degli USA all’ONU, che resta comunque una presa di posizione storica.

Le conseguenze della risoluzione

La risoluzione dell’ONU è vincolante, ma poiché le decisioni di diritto internazionale mancano dei meccanismi di enforcement, c’è da aspettarsi che non porterà ad un cessate il fuoco immediato.

Per di più, il giorno dopo il voto, il governo israeliano ha ritirato la delegazione negoziale a Doha, accusando l’ONU di aver dato ad Hamas la forza necessaria per rifiutare l’offerta su accordi e tregua. Il Qatar tuttavia garantisce che i colloqui sono ancora in corso, con la presenza di una piccola squadra del Mossad.

La risoluzione potrà servire all’ingresso di un maggior flusso di aiuti umanitari a Gaza. Inoltre è un primo passo verso le sanzioni e lo stop ad armi e munizioni ad Israele. Per il momento, però, gli Stati Uniti continuano e continueranno le forniture belliche (finché non decideranno che Israele sta infrangendo le leggi di guerra).

Le conseguenze immediate vanno dunque individuate sul campo politico, e precisamente nel rapporto di Israele con Washington, come si è detto precedentemente, e con la comunità internazionale. Tel Aviv rischia l’isolamento finché il governo sarà nelle mani di Netanyahu. Su ciò fanno leva gli esigui gruppi della sinistra israeliana.

L’opposizione a Netanyahu

L’esito del voto al Consiglio di Sicurezza dà respiro ai settori progressisti della politica israeliana. Il gruppo israeliano Peace Now, che monitora gli insediamenti, dopo il voto ha dichiarato che solo una soluzione politica porterà alla pace.

“Netanyahu sta guidando Israele verso l’isolamento internazionale. Ma ci troviamo di fronte a una decisione cruciale: è una scelta tra la sicurezza, l’allineamento con gli Stati Uniti e la comunità internazionale, o lo schieramento con i sogni messianici di Ben Gvir e Smotrich. Scegliere“.

Sarebbe ingenuo, tuttavia, ritenere che questi gruppi possano avere un peso politico all’interno di una società sempre più radicalizzata e militarizzata come quella israeliana. Piuttosto il consenso di Netanyahu potrebbe erodersi dall’interno. Lunedì pomeriggio, poco dopo la seduta del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, è giunta l’annuncio delle dimissioni di un ministro del governo di unità d’emergenza Gideon Saar, in seguito alla sua esclusione dal gabinetto di guerra di più alto livello. Inoltre l’opposizione di Yair Lapid incalza sull’esenzione degli Haredi, vera minaccia per il governo.

Guerra senza tregua

Il via libera storico al CdS dell’ONU non ferma il massacro. In queste ore Israele ha continuato a martellare con la sua artiglieria e raid aerei la Striscia di Gaza. Almeno 18 civili, tra cui nove bambini, sono stati uccisi per il bombardamento sulle case di Rafah, un uomo è morto in un villaggio a Nord di Hebron per l’aggressione di coloni. Assaltate anche Qalquilya, Nablus e Al Khader, a sud di Betlemme.

Continua l’assedio dell’Ospedale Al Shifa, mentre l’IDF bombarda l’area attigua al complesso. Solo oggi un raid contro le case nei paraggi, ha ucciso 30 persone. In totale il bilancio delle vittime palestinesi a Gaza è di 32.414 morti e 74.787 feriti. Sono oltre 13mila i bambini uccisi dall’esercito israeliano, senza contare i morti per denutrizione e malattie, a fronte di un sistema ospedaliero al collasso e privato dei farmaci più basilari.

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