MCCAIN SPINGE TRUMP ALLA GUERRA CONTRO LA RUSSIA: ARMI ALL’UCRAINA PER COMBATTERE IN DONBASS


di Eugenio Cipolla - Vostokfocus


Il fine settimana che è appena passato, è stato molto intenso sotto tutti i punti di vista per l’est Ucraina.

Nei giorni scorsi abbiamo raccontato l’escalation militare delle ultime settimane in Donbass, spiegando che la situazione umanitaria è piuttosto complicata, soprattutto nei pressi di Avdeevka. Per quanto riguarda gli scontri militari tra l’esercito governativo e i miliziani filorussi delle autoproclamate Repubbliche di Donetsk e Luhansk, nel week end si sono notevolmente attenuati. Non ci sono stati grandi avanzamenti, ne’ da una parte ne’ dall’altra. E questi due elementi, assieme al fatto che le due parti sembrano essersi più che altre “studiate” da lontano con l’uso di missili a corto-medio raggio, fanno crescere il sospetto che si tratti di una escalation pilotata per attirare l’attenzione dell’occidente e del nuovo presidente Usa, Donald Trump.

Proprio il tycoon newyorkese è stato il vero protagonista dell’intenso fine settimana diplomatico. Nella notte tra il 4 e il 5, il presidente americano ha avuto la sua prima conversazione telefonica con l’omologo ucraino, Petro Poroshenko. I due hanno parlato a lungo di dialogo, collaborazione e guerra in Donbass. E agli addetti ai lavori non sono sfuggiti alcuni particolari nei comunicati successivi al colloquio telefonico.


Ecco il comunicato della parte ucraina:

“Il presidente Petro Poroshenko ha avuto una conversazione con il presidente Donald Trump. Poroshenko si è congratulato con Trump sul suo insediamento come presidente degli Stati Uniti e ha chiesto un rafforzamento del dialogo con gli Stati Uniti e la sua nuova amministrazione a tutti i livelli. Entrambi i leaders hanno espresso la disponibilità a esplorare nuove opportunità per rafforzare la partership strategica tra Ucraina e Stati Uniti. Una attenzione particolare è stata data all’attuale situazione in Donbass e per raggiungere la pace attraverso strumenti politici e diplomatici. I due leaders hanno espresso profonda preoccupazione per il deterioramento della situazione umanitaria, specialmente nell’area di Avdeevka. Essi hanno concordato sulla necessità di stabilire un immediato cessate il fuoco. Il presidente ucraino ha espresso gratitudine al capo della Casa Bianca per il fermo sostegno alla sovranità dell’Ucraina e alla sua integrità territoriale. Poroshenko ha evidenziato la necessità di intensificare i legami economici e commerciale, al fine di contribuire a creare nuove opportunità occupazioni e incrementare il benessere di entrambi i paesi. Essi hanno anche parlato dell’imminente visita di Poroshenko a Washington, la cui preparazione sarà focalizzata da un viaggio del ministro per gli Affari esteri ucraino in Usa”.


“Noi lavoreremo con Russia e Ucraina, così come le altri parti coinvolte per aiutare a ripristinare la pace lungo il confine“, ha detto invece Donald Trump, in una dichiarazione rilasciata ai media qualche ora dopo la telefonata.

Ci sono due aspetti di non poco conto che si possono desumere dai comunicati inviata ai media. Il primo è che nessuno dei due cita le sanzioni alla Russia come argomento di discussione, segno che o l’argomento è stato affrontato con molta freddezza da Trump o che non è stato affrontato per nulla, e quella di Poroshenko è stata esclusivamente una chiamata per sondare il terreno. Il secondo va ricercato nelle parole utilizzate dalla Casa Bianca nel trattare il tema della guerra in Donbass. Lo staff di Trump ha utilizzato l’espressione “ripristinare la pace lungo il confine”, ignorando, forse consapevolmente, che in realtà la guerra si combatte in una striscia di territorio di 250 km interno all’Ucraina (o almeno a interno a quella parte che tutta la comunità internazionale riconosce sotto la giurisdizione di Kiev). Che sia un chiaro segnale alla Russia e ai quei paesi che non vogliono riconoscere i separatisti? Il dubbio viene.

Ieri, invece, ad affrontare il tema è stato il vice di Trump, Mike Pence, il quale intervistato dalla ABC ha detto che gli Usa stanno guardando a questa escalation con molta preoccupazione. Relativamente alla conversazione tra Trump e Putin della scorsa settimana, Pence ha detto che i due hanno discusso di Ucraina, anche se nel comunicato ufficiale post-colloquio non era stata menzionata. Egli ha lasciato aperta la strada all’abolizione delle sanzioni alla Russia, affermando che alla questione “sarà data una risposta nei prossimi mesi. […] Questo dipenderà dai comportamenti della Russia e dall’opportunità o meno di lavorare su interessi comuni”.

Su questo nei prossimi mesi è prevista una battaglia interna molto cruenta all’interno del partito Repubblicano, perché sono in tanti a non voler una collaborazione con Putin. Tra questi sicuramente c’è John McCain. Il senatore dell’Arizona l’altro giorno si è appellato a Trump, affinché invii armi letali all’Ucraina per sconfiggere i ribelli filorussi.

“Nel primo di quello che sarà uno dei molti test per la nuova amministrazione – ha scritto McCain in una lettera inviata a Trump – la Russia e le sue forze hanno lanciato attacchi contro le forze ucraine questa settimana, uccidendo almeno sette soldati ucraini e ferendone decine di altri. […] Questi attacchi sono iniziati il giorno dopo che lui ha parlato al telefono con Putin e sono una chiara indicazione che il presidente russo sta testando Trump come comandante americano. La risposta degli Stati Uniti avrà conseguenze durature”.

McCain, il più antirusso tra i falchi del Congresso, ha esortato Trump a utilizzare l’autorità datagli dal Parlamento. “La violenta campagna di Putin per destabilizzare e smembrare la nazione ucraina non si fermerà a meno che non incontrerà una risposta decisa”. E la risposta starebbe proprio nella fornitura di armi all’Ucraina. “Gli ucraini non stanno chiedendo agli americani di fare loro la lotta. Quasi 10.000 ucraini sono morti per proteggere la loro terra d’origine e molti altri sono al servizio del paese e combattono ogni giorno per la causa di un’Ucraina libera e unita. Gli Usa hanno una storia orgogliosa nell’aiutare le persone libere a difendersi”.

Le più recenti da L'Analisi

On Fire

Il "piano Draghi": ora sappiamo in cosa evolverà l'UE

di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico Io credo che le prossime elezioni europee andrebbero inquadrate nel modo più corretto possibile. Provo a dare la mia interpretazione. 1 Si dà troppo...

Andrea Zhok - Il momento esatto in cui si è deciso il suicidio di Ucraina e Europa

di Andrea Zhok* Tre giorni fa, il 16 aprile, l'autorevolissima rivista di provata fede atlantista "Foreign Affairs" ha pubblicato un articolo che mette la parola fine a tutte le chiacchiere intorno...

Alessandro Orsini - Le democrazie occidentali, le dittature e l'antropologia culturale

  di Alessandro Orsini*   C’è questa idea senza alcun fondamento empirico secondo cui le democrazie occidentali sono sempre migliori delle dittature. Lo studio della storia smentisce...

L'avviso (finale) del Fondo Monetario Internazionale all'Impero Americano

di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico   Abbiamo sempre sottolineato che questa enorme crisi geopolitica in corso abbia una origine di tipo economico e monetario. Del resto solo le persone ingenue...

Copyright L'Antiplomatico 2013 all rights reserved
L'AntiDiplomatico è una testata registrata in data 08/09/2015 presso il Tribunale civile di Roma al n° 162/2015 del registro di stampa