Che cos’è la “sindrome di Tsipras” e perché Trump ne è stato colpito


di Eugenio Cipolla


Il bombardamento di questa notte della base aerea siriana di Shayrat è solo l’ultimo degli errori che hanno contraddistinto l’azione dell’amministrazione Trump nelle ultime settimane. Dall’Iran alla Russia, passando per le tensioni con Bruxelles sui dazi per i prodotti provenienti dall’Unione Europea, il fallimento sull’Obamacare, il tanto criticato e disprezzato muslim ban e l’esautoramento di Steve Bannon, il tycoon è stato costretto a virare rispetto alle decine di promesse fatte in campagna elettorale e al suo stile anti-convenzionale, lontano anni luce rispetto alla solita arroganza del vero potere americano.



Il riavvicinamento con lo stato maggiore dei repubblicani, senza il cui appoggio Trump non andrebbe molto lontano, visto che il sistema americano è un intricato puzzle di pesi e contrappesi, ha ridimensionato in maniera importante la figura del politico-imprenditore che doveva segnare una netta discontinuità non solo rispetto ai democratici, ma anche agli stessi repubblicani, accusati a lungo tempo dallo stesso presidente di essere ipocriti e arroganti, e a un sistema finanziario-istituzionale reputato dalla maggior parte degli americani il vero responsabile di una crisi economica senza fine.

Il risultato di questo processo politico è un Trump costretto ad allinearsi ai gruppi di potere statunitensi, quelli veri, quelli che non si vedono, quelli che agiscono attraverso la clava di media poco parziali e molto inclini a modificare la realtà a seconda delle convenienze di turno.

Ed è davvero difficile non pensare ad Alexis Tsipras, guardando Donald Trump. Il presidente americano sembra essere affetto da quella che possiamo definire con certezza “la sindrome di Tsipras”. Il premier greco e leader di Siryza era salito al potere attraverso una campagna elettorale pirotecnica, fatta di promesse e messaggi di netta discontinuità rispetto ai tradizionali partiti greci e alla loro sudditanza nei confronti della Troika.

Doveva rivoltare l’Europa come un calzino Alexis, doveva dire basta alle assurde richieste del Fondo Monetario Internazionale, doveva riportare la Grecia all’altezza della propria storia, cancellando le umiliazioni subite negli ultimi dieci anni. E invece una volta arrivato al potere, Tsipras, dapprima accostato come nemico dell’Unione Europea e amico della Russia, ha fatto tutto il contrario di quanto ci si aspettava, entrando di buon grado nel club della repressione finanziaria europea, mettendo da parte le relazioni con Mosca, che inizialmente aveva sperato in un allontanamento greco da Bruxelles, e allineandosi ai voleri della Merkel, di Juncker e dei vari burocrati europei.

Sostanzialmente è lo stesso percorso che sta seguendo Trump. Solo che al posto della cancelliera tedesco e del sobrio presidente della Commissione europea ci sono le correnti interne al partito Repubblicano, i gruppi di Wall Street, i petrodollari dell’Arabia Saudita e persino Israele. Doveva essere un uomo di pace Donald, doveva cambiare la situazione siriana, pensare meno ai conflitti nel mondo, rasserenare i rapporti con Mosca, non ripetere gli errori del passato. E invece, come ben vediamo, sta facendo tutto il contrario.

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