Timori crescenti di controlli di capitali in Russia per il crollo del rublo


Da quando l'Arabia Saudita e gli stati del Golfo parti dell'Opec hanno posto il veto ad un taglio di produzione di petrolio, il rublo russo sta registrando il maggior crollo dal default del 1998 – meno 9% in poche ore lunedì - con una fuga crescente dei capitali dal paese che aumenta il rischio di controlli di emergenza su di essi e sulle aziende con oltre 680 milioni di dollari di debiti esteri. Con questa premessa Ambrose Evans Pritchard sul Telegraph sottolinea come i prezzi del Brent sono al minimo da cinque anni a 67 dollari al barile lunedì e questo ha determinato una situazione pronta all'esplosione a Mosca. “E' una situazione caotica. Non ci sono veri compratori per il rublo. Sappiamo che persone vicino al presidente Vladimir Putin vogliono controlli di capitale e non possiamo escluderlo”, ha dichiarato Lars Christensen di Danske Bank. "I problemi di finanziamento stanno crescendo in modo drammatico. Pensiamo che la Russia stia flirtando con rischi sistemici”, ha proseguito. Alcune banche russe hanno già iniziato a limitare i ritiri di dollari ed euro a 10 mila dollari, una chiusura implicita per grandi depositori.
Il premier russo Dmitry Medvedev ha dichiarato 10 giorni fa che i controlli di capitale sono esclusi. “Il governo stesso, i miei colleghi e la Banca centrale hanno ripetutamente affermato che non imporranno nessuna restrizione speciale sui flussi di capitale”, ha dichiarato. Ksenia Yudaeva, il vice Governatore della Banca centrale, ha però ammesse che le autorità stanno ragionando su uno “scenario da 60 dollari a barile di petrolio”, ma le previsioni per il prossimo anno parlano di un ulteriore calo.

In questo contesto, prosegue Ambrose Evans-Pritchard, la Russia ha perso il suo ranking di ottava economia mondiale, crollando in soli nove mesi da 2,1 trilioni di dollari da gigante petrolifero fino ad una situazione comparabile con quella di Corea del sud e Spagna. A dimostrazione di un ulteriore passo indietro, Putin ha stoppato il progetto del gasdotto South Stream per le reticenze dei paesi europei. Il petrolio e il gas equivalgono ai due terzi delle esportazioni della Russia e a circa la metà delle sue rendite fiscali: il paese si sta chiaramente avvicinando ad un caso classico di “Dutch Disease”, sottolinea il Columnist del Telgraph, che lascia il paese altamente esposto agli alti e bassi del ciclo delle commodity.

“Il rublo non si stabilizzerà fino a quando non lo farà il petrolio”, ha dichiarato Kingsmill Bond a Sberbank. Mosca può vantare circa 420 milioni di dollari di riserve estere. Ma questa protezione non è grande come sembra per un paese con problemi cronici di deflussi di capitale e che confida pesantemente sui fondi esteri. Lubomir Mitov, dell'Institute of International Finance, ha dichiarato che gli investitori porebbero iniziare a preoccuparsi delle coperture di riserve se i dati dovessero scendere al di sotto dei 330 miliardi di dollari.

La Banca centrale si è rifiutata di intervenire in modo massiccio per difendere il rublo nelle ultime settimane, lasciando libero di fluttare il tasso di cambio piuttosto di intervenire con le riserve per rimandare l'inevitabile, come stanno facendo Nigeria e Kazhakistan. La caduta del rublo ha per questo generato una grave discussione nella Duma, il Parlamento russo, con il populista Evgeny Fedorov che ha chiesto un'investigazione criminale della Banca centrale. I critici hanno dichiarato che l'istituzione è stata destabilizzata da “femmine liberali” ed è ora uno strumento del Fondo Monetario Internazionale. L'ufficio del procuratore generale della Russia ha dichiarato lunedì che aprirà un'indagine.

Lasciando cadere il rublo, il bilancio fiscale è divenuto negativo. Ma la svalutazione sta causando una spirale sui prezzi che potrebbe a breve evocare una crisi autoalimentata. Il ministro delle finanze ha dichiarato, ad esempio, di attendersi che l'inflazione raggiungerà il 10% nel primo quarto del 2015. La caduta del rublo sta mettendo sempre più pressione sulle aziende russe che devono restituire, solo per il mese di dicembre, 35 miliardi di dollari di debito contratto con l'estero, la maggior parte in dollari. Il tasso sulle azioni di Lukoil a 10 anni sono aumentate di 250 punti basi, arrivando al 7,5%. Molte aziende russe hanno già pesantemente sofferto sui mercati dei capitali globali per l'escalation delle sanzioni occidentali in seguito all'abbattimento del volo malese del 17 luglio scorso. Sono state costrette a ripagare il debito cercando l'aiuto dello stato o rischiavano il default. Il gigante petrolifero Rosneft, ad esempio, ha richiesto 49 miliardi di aiuti di stato.

Sberbank ha dichiarato che le aziende devono ripagare 75 miliardi di dollari il prossimo anno e non possono sperare di abbonarlo se non in una piccola parte. Ne' possono attendersi oltre i 10 miliardi di introiti di nuovo capitale dalla Cina. La Banca ha dichiarato che ci sono aziende che stanno approfittando dalla svalutazione, dato che vendono all'estero ma i loro costi restano locali. Questo rigaurda, in particolare, i metalli base di gruppi come Norilsk e Rusal; oltre ai produttori d'acciaio e gruppi di fertilizzanti come Uralkali e PhosAgro. "Alcuni di questi gruppi stanno facendo un sacco di soldi e le loro azioni stanno volando”, ha dichiarato un trader.
Il Russian equity index sta commerciando allo 0.5% del valore contabile. Raramente, conclude Evans-Pritchard, un mercato è stato più conveniente.

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