La strategia di Putin contro la dollarizzazione del mondo


di Simone Nastasi

Ma perchè l'Occidente ce l'ha tanto con Vladimir Putin? La risposta immediata a questa domanda, se il punto di riferimento fossero i media occidentali, sarebbe una soltanto: perchè Putin è un dittatore senza scrupoli che non rispetta i diritti dei popoli. Tiranneggia sul popolo russo e adesso ha invaso pure la Crimea. Non importa se il “tiranno” Putin abbia preso e mantenuto il suo potere vincendo le regolari elezioni politiche. Non importa se la Crimea, che l'Unione Sovietica aveva “regalato” all'Ucraina nel 1954, come la parabola del figliol prodigo, sia voluta ritornare a casa perchè questo hanno deciso i suoi abitanti che sono e va detto, di maggioranza russofona (il 58% del totale della popolazione) e che si pronunciati attraverso un referendum che infatti sia a Bruxelles che a Washington hanno subito bollato come “illegale”. Non importa insomma se la storia del tiranno rischia di sbattere contro una realtà che è quella della democrazia e che prevede che un popolo decida autonomamente attraverso il suo voto, da chi farsi governare.

Il punto nella “nuova guerra fredda” che è scoppiata tra la Russia e l'Occidente, potrebbe essere un altro. E soprattutto, potrebbe riguardare ben altri aspetti, che non il tanto sbandierato rispetto dei diritti umani che pure è sacrosanto e dovrebbe valere per tutti gli Stati. Dietro la forte pressione che gli Stati occidentali hanno avviato e stanno intensificando contro il governo russo e la sua economia potrebbe esserci dell'altro. Non lo si può capire sfogliando uno dei tanti giornali occidentali che parlano di Putin come di un uomo disperato, fiaccato dalle sanzioni e impoverito dal contemporaneo crollo di rublo e petrolio, giunto ormai al capolinea della sua avventura politica. E' stato lo stesso Vladimir Putin nell'ultimo importante discorso pronunciato alla nazione, ripreso questo si da molti tra i media occidentali come anche da siti di informazione specializzati come The Bricspost, a dire che “il momento attuale è difficile e intenso”. Ma quello che Putin non dice, e non può farlo perchè sarebbe assolutamente controproducente per lui, è che la Russia mentre l'Occidente prosegue la sua campagna di indebolimento attraverso le sanzioni, avrebbe iniziato un progressivo arricchimento delle sue riserve auree contro il contemporaneo alleggerimento dei Treasuries detenuti in portafoglio. Tradotto significa che sta comprando oro, vendendo titoli di Stato americani.

Dati del FMI (Fondo Monetario Internazionale), ripresi da Forex.info, raccontano che a partire dal 2005 la Russia avrebbe triplicato le sue riserve aurifere arrivando a rappresentare da sola il 10% delle riserve aurifere complessive. Secondo un'analisi di Dmitry Kalinichencko, ripresa prima dal sito Megachip e poi da Libreidee.it nel terzo trimestre del 2014 “gli acquisti da parte della Russia di oro fisico sono i più alti di tutti i tempi. Su 93 tonnellate di oro acquistate dalle banche centrali, 55 sono state acquistate dalla BCR (banca centrale russa)”. E mentre anche in Cina, come riporta il sito The Wallstreetitalia.com, sembrano preoccupati dalla persistente svalutazione del rublo che fonti dell'Amministrazione Statale sui Tassi (SAFE) fanno sapere starebbe avendo un “impatto sulle attività cinesi ancora da quantificare”, dalla Russia sembrano ostentare quella tranquillità di chi sa perfettamente quello che vuole. E soprattutto quello che ha in testa.

A dire la verità la notizia che la Russia avrebbe comprato tanto oro da attirare inevitabilmente l'attenzione di coloro che operano sui mercati finanziari non è affatto nuova dato che qualche giornale italiano, come ad esempio il Fatto Quotidiano, se ne sarebbe accorto scrivendo già alla fine dell'estate che la Russia di Putin stesse comprando troppo oro per passare inosservata. Una strategia, questa del “compro oro” messa in atto dal presidente russo Vladimir Putin, che non sembra affatto l'ultima ripicca di un presidente “monello” che disobbedisce agli ordini dei “maestrini” occidentali. Secondo Kalinichencko quella di Putin sarebbe al contrario una strategia ben pensata, che avrebbe come premessa quella per cui “l'Europa non può sopravvivere senza l'offerta energetica russa”, cioè rinunciando a comprare petrolio e gas russi, proprio come vorrebbero a Washington dato che nel frattempo gli Stati Uniti si stanno preparando a diventare esportatori di energia, grazie alla produzione di petrolio e gas in versione shale. E dato che l'Europa è parte di quel mondo occidentale costruito sull'egemonia dei petrodollari, sempre secondo il ragionamento di Kalinichencko la situazione che si profila sarebbe “catastrofica” per l'Occidente in quanto la Russia sarebbe pronta a vendere petrolio e gas all'Occidente ma solo in cambio di oro fisico. E se tutto questo non fosse possibile per il dissenso degli Stati occidentali a comprare l'energia russa in cambio di oro fisico, quella che Kalinicencko chiama “la svolta” nella strategia di Putin, sarebbe invece possibile grazie ad un'operazione di immediata conversione dei dollari americani, che la Russia ricava dalla vendita di risorse energetiche, e utilizza per comprare oro ai prezzi attuali. Che sono tenuti “artificialmente bassi” dagli operatori occidentali per favorire una rivalutazione del dollaro. Infatti come è noto se il valore tra le due grandezze, tra l'oro e il dollaro, è inversamente proporzionale, e non a caso infatti l'oro sarebbe da considerarsi quello che Kalinicencko definisce “un fattore antidollaro” allora, tenere basso il suo valore, significa facilitare la rivalutazione della moneta statunitense. L'obiettivo della strategia di Putin, che compra oro e vende dollari, sarebbe invece ottenere l'esatto contrario: la svalutazione del dollaro e la rivalutazione dell'oro che la Russia oggi, starebbe comprando a prezzi fortemente ribassati, con la prospettiva di ottenere domani un duplice vantaggio: in termini politici, l'indebolimento del potere del dollaro americano come valuta di riferimento; in termini finanziari, con l'ingente plusvalenza che una possibile rivalutazione del metallo giallo porterebbe nelle casse del Cremlino. Ma il vantaggio ottenuto da Putin sarebbe anche un altro. Così facendo infatti il presidente russo avrebbe messo non solo l'Europa ma tutto l'Occidente in una situazione di “stallo”: se infatti la svalutazione dell'oro proseguisse ancora, creerebbe un danno alle riserve che le banche centrali degli Stati occidentali detengono e che non sono infinite. E a quel punto porterebbe inevitabilmente gli operatori occidentali ad invertire la rotta, iniziando a ricomprare l'oro per far salire le sue quotazioni.
In questa ambiziosa operazione di de-dollarizzazione del sistema monetario internazionale la Russia non sarebbe da sola ma avrebbe trovato un valido appoggio nei governi dei Paesi Brics e in particolare nella Cina che come più volte riportato anche da L'Antidiplomatico, negli ultimi mesi, e proprio con l'intensificarsi del clima di tensione tra l'Occidente e la Russia, avrebbe rafforzato con quest'ultima la cooperazione in ambito commerciale e monetario. Comune obiettivo, una ristrutturazione “dal basso” del sistema monetario internazionale. Senza la possibilità, almeno nel breve periodo, di raggiungere un accordo con gli Stati Uniti, per stabilire “una nuova Bretton Woods” che tenga conto dei mutamenti avvenuti nel sistema economico internazionale, e riveda i rapporti di forza tra le diverse valute, i Paesi Brics avrebbero avviato una strategia di cambiamento nel sistema finalizzata a rivedere lo status di posizione dominante del dollaro che da accumulatore finale di ricchezza verrebbe considerato soltanto come un semplice mezzo di pagamento.
Stando così le cose, il dubbio che sorge ruota tutto intorno ad una precisa domanda: gli Stati Uniti potranno mai consentire tutto questo? La risposta potrebbe essere utile per capire quelli che saranno gli scenari di questa “nuova guerra fredda”.

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